La povertà in Italia continua a crescere

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-07-14

E aumenta anche se c’è chi lavora in famiglia. Ma peggiorano anche la condizione di chi vive solo. Mentre i giovani in povertà sono triplicati. Le famiglie in condizione di povertà assoluta sono 1 milione e 582 mila e le persone a 4 milioni e 598 mila (il numero più alto dal 2005). L’incidenza della povertà assoluta si mantiene stabile negli ultimi tre anni per le famiglie; cresce invece per le persone

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La povertà assoluta in Italia continua a crescere. E aumenta anche se c’è chi lavora in famiglia. Ma peggiorano anche la condizione di chi vive solo. Mentre i giovani in povertà sono triplicati. Nel 2015 l’Istat stima che le famiglie in condizione di povertà assoluta siano pari a 1 milione e 582 mila e le persone a 4 milioni e 598 mila (il numero più alto dal 2005). L’incidenza della povertà assoluta si mantiene stabile negli ultimi tre anni per le famiglie; cresce invece se misurata in termini di persone (7,6% della popolazione residente nel 2015, 6,8% nel 2014 e 7,3% nel 2013). Questo perché riguarda le famiglie più numerose. In aumento al Nord, in particolare per gli stranieri, la povertà colpisce chi vive in città e i bassi redditi.

La povertà assoluta in Italia continua a crescere

La crescita si deve all’aumento della condizione di povertà assoluta per le famiglie di quattro componenti, che sono passate dal 6,4% del 2014 al 9,5% del 2015; a soffrire le difficoltà soprattutto le coppie con due figlie e le famiglie di soli stranieri, che in media sono più numerose. L’incidenza della povertà assoluta aumenta anche al nord, sia in termini di famiglie che di persone. Segnali di peggioramento si registrano anche tra le famiglie che risiedono nei comuni centro di area metropolitana (l’incidenza aumenta da 5,3 del 2014 a 7,2%) e tra quelle con persona di riferimento tra i 45 e i 54 anni di età (da 6,0 a 7,5%), mentre tende a diminuire all’aumentare dell’età della persona di riferimento, tra le famiglie con un ultrasessantaquattrenne come persona di famiglia (ovvero, tra le famiglie con un pensionato), e con un titolo di studio alto. Si amplia l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata (da 5,2 del 2014 a 6,1%), in particolare se operaio (da 9,7 a 11,7%). Rimane contenuta tra le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro e impiegato (1,9%) e ritirata dal lavoro (3,8%).

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La povertà assoluta per ripartizione geografica (fonte: ISTAT)

Anche la povertà relativa risulta stabile nel 2015 in termini di famiglie (2 milioni 678 mila, pari al 10,4% delle famiglie residenti dal 10,3% del 2014) mentre aumenta in termini di persone (8 milioni 307 mila, pari al 13,7% delle persone residenti dal 12,9% del 2014). Peggiorano anche le condizioni delle famiglie con membri aggregati (23,4% del 2015 da 19,2% del 2014) e di quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (29,0% da 23,9% del 2014), soprattutto nel Mezzogiorno (38,2% da 29,5% del 2014) dove risultano relativamente povere quasi quattro famiglie su dieci.
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Indicatori di povertà assoluta per ripartizione geografica (fonte: ISTAT)

Nel 2015, 1 milione 582 mila famiglie (il 6,1% delle famiglie residenti) risulta in condizione di povertà assoluta in Italia, per un totale di 4 milioni e 598 mila individui (7,6% dell’intera popolazione), il valore più alto dal 2005. Dopo essere salita al 5,6% nel 2012, l’incidenza di povertà assoluta è rimasta sostanzialmente stabile intorno al 6% negli ultimi tre anni per le famiglie, mentre è in crescita in termini di individui (7,6% nel 2015, 5,9% nel 2012)1. A livello territoriale è il Mezzogiorno a registrare i valori più elevati di povertà assoluta (9,1% di famiglie, 10,0% di persone) e il Centro quelli più bassi (4,2% di famiglie, 5,6% di persone). In leggero calo, dal 19,1% al 18,7%, l’intensità della povertà che, in termini percentuali, indica quanto la spesa mensile delle famiglie povere è mediamente sotto la linea di povertà, ovvero “quanto poveri sono i poveri”.

La povertà sul territorio

Sul territorio emergono profili del disagio differenziati. In media, l’incidenza della povertà assoluta è più alta nei comuni centro di area metropolitana, dove sale dal 5,3% al 7,2%. I valori più alti si registrano nel Mezzogiorno per i grandi comuni e le periferie di area metropolitana (9,8%) e per gli altri comuni fino a 50 mila abitanti (8,8%), nel Centro per i grandi comuni e le periferie di area metropolitana (6,4%), mentre nel Nord per i comuni centro di area metropolitana (9,8%) (Prospetto 6). La povertà assoluta risulta contenuta tra le famiglie di soli italiani (4,4%) mentre si attesta su valori molto più elevati tra quelle con componenti stranieri: 14,1% per le miste, 28,3% per le famiglie di soli stranieri; in quest’ultimo caso si passa dal 23,4% del 2014 al 28,3% del 2015, con margini più accentuati nel Nord (dal 24% al 32,1%).

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Istat: gli indicatori di povertà relativa per area geografica e l’incidenza tra gli individui per classi di età

Come detto, l’incidenza della povertà relativa è scesa tra le famiglie in cui c’è un anziano: si tratta di famiglie con persona di riferimento ultrasessantaquattrenne (da 9,3% a 8,0%), ritirata dal lavoro (da 9,2% a 7,7%), per lo più in coppia (da 9,1% a 7,4%), ma il miglioramento riguarda solo il Mezzogiorno; se l’anziano vive solo si passa da 19,8% a 13,9%, se in coppia da 21,5% a 17,6%. Migliora anche la condizione delle famiglie che risiedono nei piccoli comuni del Mezzogiorno (da 23,7% a 21,6%), anche se i valori della povertà restano più elevati che nelle altre tipologie comunali. Al miglioramento osservato in questa area del Paese tra le famiglie con anziani si affianca però l’aumento delle difficoltà economiche tra quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione che, nel 2015, risultano in povertà relativa in quasi quattro casi su dieci (da 29,5% a 38,2%). Così come per la povertà assoluta, l’incidenza di povertà relativa aumenta sull’anno precedente tra le famiglie con persona di riferimento operaio (da 15,5% a 18,1%) o di età compresa fra i 45 e i 54 anni (da 10,2% a 11,9%), tra le famiglie con membri aggregati (da 19,2% a 23,4%) e ancora di più tra quelle in cui la persona di riferimento è in cerca di occupazione (da 23,9 a 29,0%). Nel Nord del Paese emergono segnali negativi soprattutto tra le famiglie con almeno 5 componenti (da 19,8% a 27,7%) e con membri aggregati (da 11,6% a 22,2%); peggiora anche la condizione delle persone che vivono sole, anche se in quest’ultimo caso i livelli di povertà sono decisamente contenuti (da 1,8% a 2,9%). Nel Centro la povertà relativa si aggrava tra le famiglie di quattro componenti (da 9,4% a 13,7%), per lo più coppie con due figli (da 7,8% a 14,0%), e tra quelle famiglie con persona di riferimento 35-44enne (da 8,4% a 12,5%).
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Indice di povertà assoluta regione per regione (Fonte: Istat)

I giovani in povertà triplicati

 
Non solo: il prezzo della recessione che ha colpito l’Italia l’hanno pagato quasi interamente sui giovani. Gli individui tra i 18 e 34 anni che vivono in condizioni di povertà assoluta hanno superato la soglia del milione l’anno scorso sulla base del rapporto Istat sulla povertà. Uno su 10 è in povertà assoluta mentre nel 2005 l’incidenza era appena del 3,9%. I giovani in condizioni di povertà assoluta sono ormai il doppio degli anziani che sono stabili a poco oltre 500mila individui con una incidenza del 4,1%, sostanzialmente invariata nell’ultimo decennio (4,5% nel 2005). I contorni della fotografia non cambiano in termini di povertà relativa. I giovani tra 18 e 34 in questa categoria sono il 16,6% nel 2015, in consistente aumento rispetto al 14,7% dell’anno precedente. Tra gli over 65 invece l’incidenza della povertà relativa migliora e si attesta all’8,65 rispetto al 9,8% del 2014.

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