La polemica sul ministero della Cultura alla ricerca di 1000 volontari

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-01-16

Il MiBACT cerca mille giovani volontari del Servizio Civile da destinare a progetti attivati all’interno di musei, biblioteche e pinacoteche. Per i lavoratori del mondo dei Beni Culturali si tratta di un modo per evitare di assumere personale preparato che costerebbe di più

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Il Ministero dei Beni e delle attività Culturali e del Turismo retto da Dario Franceschini ha iniziato l’anno nuovo regalandosi un bando per 1000 volontari del Servizio Civile da impiegare in 116 progetti finanziati dal Ministero. I 116 progetti, autofinanziati dal Ministero, potranno anche essere finanziati da parte del fondo Garanzia giovani che in teoria dovrebbe essere un portale dove vengono pubblicate le iniziative e i tirocini formativi che servono a ridurre la disoccupazione giovanile. I mille del MiBACT non hanno niente a che fare con il concorso per la selezione dei 500 dirigenti per il Ministero, si tratta invece di trovare dei volontari che, denunciano alcuni lavoratori del settore dei Beni Culturali, serviranno invece a sopperire alle ben note carenze d’organico.

I lavoratori della cultura lanciano l’hashtag #1000schiavi

Da un lato il Ministero infatti offre la possibilità ad un migliaio di giovani al di sotto dei 29 anni di fare un’esperienza formativa pagata (poco, ma del resto sono le regole del Servizio Civile) dall’altra secondo alcuni con un bando dai termini e dai numeri così ampi si evita di assumere personale part time per coprire gli stessi posti cui verranno destinati i giovani volontari in formazione. Andiamo con ordine: dal momento che il bando di selezione è del Servizio Civile Nazionale i volontari verranno pagati come tutti quelli che fanno servizio civile: 433,80 euro al mese per un totale di 5.200 euro all’anno. Non è proprio una novità perché anche quando c’era la leva gli obiettori di coscienza venivano utilizzati per tenere aperti chiese o musei. Una pratica consolidata quindi ma non è questo il punto, quanto il compenso: è tanto? Poco? Senza dubbio per chi è senza lavoro si tratta in ogni caso di una piccola fonte di reddito garantita per un anno, insomma dal punto di vista di chi partecipa non c’è niente di male e ci sono almeno quattrocento buone ragione per fare i volontari per il MiBACT (fermo restando appunto che il Servizio Civile non è un lavoro in senso stretto). Per il Ministero invece probabilmente è un risparmio visto che assumere con un contratto part time lo stesso numero di dipendenti costerebbe sicuramente di più. Per di più i giovani volontari al termine del loro anno di servizio non vedranno riconosciuta alcuna qualifica per il lavoro svolto, che quindi sarà formativo sì, ma non dal punto di vista “ufficiale”. A denunciare l’utilizzo massiccio di volontari che fanno quello che potrebbero fare i lavoratori assunti sono gli attivisti di Miriconosci, un collettivo di lavoratori del settore dei Beni Culturali che dopo la pubblicazione del bando ha lanciato l’allarme:

Il bando, con una cifra molto elevata rispetto agli anni passati, arriva in un momento particolare, nel quale il Ministero si trova sotto organico di almeno 3000 unità. Si usa lo strumento del Servizio Civile per risparmiare e coprire buchi di personale, evitando il collasso. Non sappiamo cosa andranno a fare questi volontari, perché i progetti MiBACT, e relativi requisiti richiesti, saranno resi disponibili solo a febbraio. Ci sembra, però, importante denunciare sin da subito il rischio (palesato dal fatto che il MiBACT pagherà tali volontari investendo fondi propri) che ancora una volta il Ministero intenda ricorrere a lavoro sottopagato e all’utilizzo improprio di volontari e dello strumento del Servizio Civile per risparmiare e coprire buchi di personale, evitando il collasso

Come detto alcuni dei progetti cui i volontari possono chiedere di partecipare possono essere all’interno del programma Garanzia Giovani che è finanziato dai fondi dell’Unione Europea “Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani” varato dal Governo per combattere il fenomeno della disoccupazione giovanile e c’è più di qualche dubbio che utilizzarli per finanziare il Servizio Civile serva allo scopo. Per chi critica l’iniziativa del Ministero il problema non è tanto la paga percepita dai volontari quanto il fatto che sia un bando aperto a mille persone. Il Servizio Civile è importante, certo, ma forse si sarebbe potuta trovare una formula che prevedeva un numero minore di volontari e un maggior numero di assunzioni di personale qualificato. In realtà questo non è del tutto vero perché già l’anno scorso il Ministero aveva annunciato un bando per la ricerca di mille volontari così come previsto dall’accordo di programma firmato il 27 novembre 2014 tra il MiBACT, il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Cosa andranno a fare questi mille volontari? Spulciando l’elenco dei progetti attivati si parla di digitalizzazione delle schede dei beni dei vari enti (musei, pinacoteche, biblioteche), ampliamento e gestione degli orari di apertura al pubblico, movimentazione del materiale e così via. I lavoratori di Miriconosci denunciano anche come i criteri di selezione dei volontari siano concepiti in modo da scartare “i meno titolati e competenti”, ma è davvero un male che per un bando al Ministero dei Beni Culturali si cerchino soprattutto quei giovani che hanno lauree specifiche o esperienza professionale pregressa? Forse no. D’altra parte il Ministero cerca persone “competenti e preparate” però preferisce rivolgersi a volontari, investe sulla formazione di chi partecipa al Servizio Civile ma non su chi invece potrebbe lavorare sul serio. È vero però che alla fine dell’anno di Servizio Civile i volontari rimarranno a casa, perché le competenze maturate all’interno di strutture come quelle che hanno presentato i progetti difficilmente potranno essere spese altrove (se non all’interno del Ministero stesso che però non assume). Ed è forse questo l’aspetto paradossale della vicenda: spendere un anno a formarsi a formare volontari competenti per poi non assumere quelli che forse lo meriterebbero. Forse chi partecipa al bando non ha l’illusione di vedersi confermare o chiamare nuovamente una volta terminato l’anno di servizio. Senza dubbio è una speranza che invece covano i molti professionisti che già hanno maturato  quelle competenze ma che sanno fare troppe cose e costano troppo.

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