La legge per evitare il referendum sulle trivelle

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-01-18

Il Messaggero: Renzi studia una nuova norma per bloccarlo

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Lo scorso settembre dieci regioni italiane (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) hanno chiesto l’abrogazione di un articolo dello «Sblocca Italia» e di cinque del decreto Sviluppo (questi ultimi si riferiscono alle procedure per le trivellazioni). Le Regioni interessate hanno così presentato sei quesiti referendari per fermare la prima fase di questa modalità di estrazione. Le richieste delle Regioni e dei comitati riguardavano l’abrogazione dell’articolo 35 del decreto Sviluppo e di alcune parti dell’articolo 38 del decreto «Sblocca Italia». Il Governo però, tramite una norma inserita nella Legge di Stabilità, ha di fatto “disinnescato” cinque dei quesiti presentati dalle Regioni. A dirlo è la Corte di cassazione che ha stabilito che l’unico referendum a rimanere valido sarà quello riguardante le attività petrolifere entro le 12 miglia dalla costa, ovvero quelle all’interno delle acque territoriali italiane.

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La mappa delle trivellazioni al largo delle coste italiane (fonte: Sole 24 Ore)

Ma il Messaggero fa sapere oggi che il governo avrebbe allo studio un altro provvedimento per fermare anche il sesto referendum:

Raccontano che Renzi non l’abbia presa bene. Che ci siano stati attriti tra il premier, De Vincenti e la Manzione. Non solo perché, se passasse il referendum, dovrebbero essere chiusi i pozzi già operativi, «con danni enormi sotto il profilo economico e occupazionale», come sostengono al ministero dello Sviluppo. Ma anche e soprattutto perché Renzi, che teme danni elettorali per il Pd, vuole evitare di andare alle urne su questo tema ambientale insieme alle elezioni amministrative di giugno. Cosa invece molto probabile se la Consulta dovesse dare il via libera al referendum. Palazzo Chigi spera che l’Avvocatura convinca la Consulta a bocciarlo. Ma già studia una nuova norma per bloccare il referendum, nel caso fosse ammesso. Nel frattempo però cresce il fronte del no. Dopo Ermete Realacci, si fa sentire Dario Franceschini. Il ministro della Cultura rivendica un ruolo vincolante «nelle procedure autorizzative». «Doveva svegliarsi prima»,ribattono allo Sviluppo.

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