La Grecia verso il default e l'uscita dall'euro

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-05-25

Atene verso l’uscita dall’euro e la corsa agli sportelli. I pericoli di un contagio che colpirebbe l’intera Europa. E lo spettro dell’euro come un club dalle porte girevoli. Con le conseguenze peggiori per l’Europa

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La Grecia va verso il default. Atene ha annunciato che il 5 giugno non pagherà la rata del prestito del Fondo Monetario Internazionale, preferendo liquidare stipendi e pensioni. E così la data che doveva essere l’ultima per trovare una soluzione alla crisi greca diventa quella dell’ultimatum: o le istituzioni trovano di concerto con il governo di Tsipras e Varoufakis una soluzione percorribile, oppure sarà default e Atene rischia di uscire dall’euro. Con tutte le conseguenze immaginabili nel paese e in Europa. Il 6 giugno la sequenza della Grecia che esce dall’euro comincia a diventare un cronoprogramma: la corsa agli sportelli, il blocco dei movimenti di capitali e di conti correnti, la conversione dall’euro a una nuova valuta di tutti i contanti e di tutti i debiti e la fine dell’accesso delle banche greche alla BCE rischiano di scatenare un cataclisma dalle conseguenze inimmaginabili anche per l’Unione Europea.

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Cosa succede se la Grecia esce dall’euro (Repubblica, 25 maggio 2015)

LA GRECIA VERSO IL DEFAULT
Abbandonati i toni pacati nella forma ma fermissimi nella sostanza del premier Alexis Tsipras, il ministro dell’Interno greco, Nikos Voutsis, ieri ha affermato che Atene non rimborserà nessuna delle quattro rate in scadenza a giugno per la restituzione del prestito al Fondo monetario internazionale. “Le quattro rate per l’Fmi valgono un miliardo e 600 milioni, questo denaro non sarà versato e non ce n’è da versare” ha dichiarato Voutsis alla tv greca Mega, salvo poi precisare che Atene potrà pagare solo se troverà un accordo con i creditori. E sottolineare, a proposito dell’eventuale mancato pagamento: ®Non vogliamo questo, non è la nostra strategia. Stiamo discutendo, sulla base del nostro limitato ottimismo, perché ci sia un accordo forte e il Paese possa respirare. Questa è la scommessa”. Atene è determinata a combattere contro la strategia del “soffocamento” dei creditori: “Questa politica di estrema austerità e disoccupazione in Grecia deve essere colpita. Non fuggiremo da questa battaglia”. Le parole utilizzate da Voutsis sono le più esplicite usate finora sull’ipotesi di default, se i colloqui falliranno. Dopo mesi di negoziati con i partner dell’Eurozona e il Fmi, il governo guidato dalla sinistra del premier Alexis Tsipras è ancora alle prese con un accordo per lo sblocco di sette miliardi e 200 milioni di euro: il 5 giugno Atene dovrebbe rimborsare la prima rata da 300 milioni all’Fmi e il pressing dalla Grecia coincide con il G7 che si riunirà dal 27 al 29 maggio a Dresda, dove il governo ellenico intende incassare il pressing internazionale sui vertici dell’Ue. Con toni forse meno perentori ma altrettanto netti, il ministro delle Finanze ellenico, Yanis Varoufakis, ha ribadito che il suo governo ha già fatto la sua parte e ha avvertito che un’uscita dall’euro sarebbe “catastrofica”, “l’inizio della fine per il processo della moneta unica”. In una intervista alla Bbc, Varoufakis ha detto che Atene ha fatto “passi enormi” per favorire un accordo con le istituzioni internazionali e ha aggiunto che “ora spetta a queste istituzioni fare la loro parte”. “Siamo andati loro incontro a tre quarti del percorso, ora loro devono venirci incontro facendo quell’ultimo quarto del cammino – ha aggiunto.
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Il debito di Atene e l’economia ellenica (Corriere della Sera, 25 maggio 2015)

 
L’EUROPA CI PENSA, E L’ITALIA HA PAURA

Ora anche l’Unione Europea si trova di fronte a un bivio. Per ora alla Grecia restano i fondi di emergenza della Bce, saliti fino a 80 miliardi. L’accesso al credito resterà aperto finché le banche resteranno solventi. Ma, spiega Giuliana Ferraino oggi sul Corriere della Sera, la partita europea si gioca su altri tavoli. Quelli della credibilità:

La via d’uscita? «Quando il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, dice che la soluzione alla crisi greca può essere solo politica», ammette una fonte influente dei creditori al Corriere, «intende dire che i partner europei devono decidere se possono accettare e permettersi l’uscita di Atene dall’euro. Politicamente possono farlo, anche se nessuno vuole fare la prima mossa. Sarebbe preferibile un incidente». La novità è che la «Grexit», l’uscita della Grecia dall’unione monetaria, «non è più un tabù », anche se per il mercato sarebbe la peggiore delle soluzioni possibili. Perché, per quanto oggi le economie dell’eurozona siano più solide rispetto al 2011 e al 2012, provocherebbe «un terremoto politico», visto che i governi dell’eurozona hanno in mano circa 200 miliardi del debito greco.
Sarebbe difficile, soprattutto per la cancelliera Angela Merkel, giustificarsi davanti al proprio partito, la Cdu, e agli elettori. Un tale evento scuoterebbe i mercati globali, perché farebbe venir meno la fiducia, che è alla base di ogni relazione politica e finanziaria. Perciò alla fine la convenienza politica potrebbe convincere Atene a cedere qualcosa di più, in cambio di un nuovo programma di aiuti su basi nuove, da cui potrebbe però sfilarsi il Fmi. Questo pensano i creditori. E questo sa anche il governo di Atene, persino quando per voce del ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, arriva ad azzardare la fine dell’euro in caso di Grexit.

E l’Italia? Luigi Zingales parla con Repubblica di quello che potrebbe succedere al nostro paese dopo l’addio della Grecia alla moneta unica: «A questo punto ritengo probabile un default della Grecia, anche se non tutto è perduto, esistono ancora margini di trattativa e le posizioni sono avvicinabili. Se però così fosse, con Atene fuori dall’euro, non solo l’Italia rischierebbe di perdere almeno 20 miliardi di prestiti diretti. Ma sarebbe la prossima in lista». Francesco Bei, sempre su Repubblica, descrive le diverse posizioni in seno al governo Renzi: «Tra la squadra di consiglieri di Renzi e il ministero dell’Economia, affiorano inoltre prospettive e valutazioni diverse. Più pessimiste quelle del ministro Padoan che, come ha detto a Repubblica venerdì scorso, teme un’unione monetaria senza Atene perché «il sistema diventerebbe in generale più fragile». Ma c’è anche la posizione di un duro come Yoram Gutgeld, che la pensa all’opposto. Ovvero che i pericoli per l’Italia ci sarebbero solo sul breve periodo, con qualche giorno di fiammate sui mercati dei titoli e un innalzamento dello spread. Per poi assestarsi nel giro di poche settimane,viste le dimensioni minime della Grecia rispetto all’economia continentale».

Leggi sull’argomento: Bonus Tsipras: «Il 5 giugno paghiamo le pensioni, non il FMI»

In copertina: fotomontaggio da qui

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