La fregnaccia dell'Europa che vuole fregarci le spiagge

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-07-14

Ogni volta che l’UE ci ricorda che sarebbe giusto che i comuni avessero i giusti compensi per lo sfruttamento delle loro spiagge riparte la barzelletta dell’Europa che vuole fregarci il mare. Il tutto al solo scopo di chiedere tutela per gli interessi di una lobby. E i cittadini di quei comuni (e del resto d’Italia) chi li tutela?

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Gira una fregnaccia dal tempo della direttiva Bolkestein in Italia. Ed è la fregnaccia dell’Europa che vuole fregarci le spiagge. La storiella riciccia ogni volta che l’Unione Europea ci condanna perché da secoli non abbiamo alcuna intenzione di rispettare una norma e una regola che converrebbero a tutti tranne che ai balneari. Oggi ad esempio la Corte di Giustizia dell’Unione Europea è tornata a spiegare all’Italia (che se ne sbatterà altamente, come da tradizione e vedremo poi perché) che il diritto dell’Unione Europea non consente che le concessioni per l’esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico e in assenza di qualsiasi procedura di selezione dei potenziali candidati.

La fregnaccia dell’Europa che vuole fregarci le spiagge

Cosa sta succedendo? Sta succedendo che i balneari italiani non vogliono che le concessioni che hanno ricevuto negli anni (e lasciamo stare il modo in cui sono state ottenute…) vengano di nuovo messe a gara perché questo potrebbe costituire una possibilità di aumento per i canoni, in alcuni casi molto bassi, che pagano agli enti per lo sfruttamento. Ecco che già da questo si capisce bene che l’Europa le spiagge non le vuole certo fregare ai cittadini italiani, ma semmai a chi oggi le sfrutta. L’articolo 12 della direttiva servizi disciplina l’ipotesi specifica in cui, tenuto conto della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato. In questo contesto, prevede che gli Stati membri possano subordinare un’attività di sfruttamento economico a un regime di autorizzazione.In Italia – spiega la Corte Ue – la normativa nazionale ha disposto una proroga automatica e generalizzata della data di scadenza delle concessioni rilasciate, anche senza previa procedura di selezione, per lo sfruttamento turistico di beni demaniali marittimi e lacustri (spiagge in particolare). La scadenza è stata da ultimo rinviata al 31 dicembre 2020“. Nonostante questa legge, ad alcuni operatori privati del settore turistico è stata negata da parte delle autorità italiane la proroga delle concessioni, e loro hanno quindi presentato ricorso contro tali provvedimenti. I giudici italiani si sono rivolti alla Corte di giustizia per ricevere chiarimenti in merito alla compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’Unione. Con la sentenza di oggi la Corte sottolinea che “spetta al giudice nazionale verificare, ai fini dell’applicazione della direttiva, se le concessioni italiane debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via della scarsità delle risorse naturali. Nel caso in cui la direttiva sia applicabile, la Corte precisa, poi, che il rilascio di autorizzazioni relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo e lacustre deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i potenziali candidati, che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza (in particolare un’adeguata pubblicità). La proroga automatica delle autorizzazioni non consente di organizzare una siffatta procedura di selezione”. Ecco quindi cosa significa che “le concessioni sulle spiagge vanno messe all’asta”. Vuol dire che deve concludersi definitivamente l’andazzo per il quale le concessioni venivano tramandate per diritto di nascita invece che date al miglior offerente, determinando un maggior introito per i Comuni che a loro volta avrebbero così più soldi da spendere per (o meno da chiederne a) i cittadini
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Cosa ne pensano i balneari

Cosa è successo negli anni precedenti e come si è arrivati a questa sentenzaÈ successo che «con una serie di decreti tra il 2009 e il 2012, il governo ha deciso di prorogare prima fino al 2012, poi addirittura fino al 2020, le concessioni balneari esistenti. Non che i politici non fossero al corrente del parere dell’Ue e della necessità di rimettere a gara le spiagge interessate dal provvedimento: nel 2012 l’Italia era appena uscita dalla procedura d’infrazione per una questione simile. Ma un articolo inserito all’ultimo momento nel dl “Crescita 2.0”, varato dal governo Monti e votato più o meno da tutti i partiti, sancì la proroga per altri 8 anni. Tutt’altro che una formalità burocratica: parliamo di circa 30mila imprese concessionarie che si dividono gli ottomila chilometri di litorale italiano. Di questi solo il 53% è balneabile, e ogni 350 metri circa c’è uno stabilimento privato. Un business da decine di milioni di euro l’anno, che però ai Comuni a volte frutta solo pochi spiccioli, per il prolungamento delle licenze già in essere, senza alcun bando concorrenziale». Ma qualcuno non ha accettato la furbata: un comune in Sardegna nel Golfo Aranci e uno in Lombardia sul lago di Garda hanno pubblicato avvisi di nuova assegnazione e le società che avevano le concessioni le hanno portate davanti al Tribunale Amministrativo Regionale, il quale ha interessato della questione la Corte Europea che oggi è arrivata a sentenza. E la sentenza può costituire un pericoloso precedente per i balneari degli altri comuni che si trovano in condizioni simili. Ora, è assolutamente comprensibile che le associazioni di balneari siano arrabbiate perché nonostante la loro azione di lobby la Corte sia tornata a ribadire che il governo italiano è in torto. Il responsabile di CNA Balneatori Cristiano Tomei infatti chiede al Governo Renzi di «trovare gli strumenti che consentano alle 30mila imprese balneari italiane di proseguire la propria attività, garantendo loro gli investimenti realizzati, i livelli di occupazione e il lavoro di una vita».  Per i balneatori Cna, che annunciano lo stato di mobilitazione della categoria, il Governo “deve ora predisporre attraverso lo strumento tipico dell’urgenza, ovvero il decreto-legge, le misure che permettano ai nostri imprenditori di poter esercitare, in piena legittimità, la propria attività nelle attuali concessioni”. Così come è assolutamente comprensibile che la CNA Balneatori voglia che invece questo regime sia preservato:

“Alla politica -conclude Tomei- chiediamo infine di aprire davvero un negoziato con gli organismi comunitari, sin qui troppo timido e inefficace rispetto ai diktat di Bruxelles, che permetta a migliaia di imprese di contare su un lungo periodo di certezza nell’esercizio della propria attività”. “Un obiettivo che l’Italia potrà raggiungere solo facendo fronte comune con altri Paesi dal turismo costiero simile al nostro, come Spagna, Portogallo, Grecia, Crozia, interessati quanto noi alla revisione della ‘direttiva Bolkestein’ in materia di servizi e favorevoli all’attività delle attuali imprese turistiche della balneazione”.

D’altro canto, stanno difendendo i loro interessi ed è normale che lo facciano con tutti gli strumenti possibili.

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Il Golfo Aranci in Sardegna (foto da: Wikipedia)

…E cosa ne pensa la politica

Quello che non è normale è che la politica invece inventi che l’Europa cattiva vuole fregare le spiagge agli italiani (magari per darle agli immigrati). E invece siccome il tema balneari è sensibile e vale voti, la politica italiana (il suo intero emiciclo) parte all’attacco raccontando proprio questa bugia. Il capogruppo dei senatori leghisti Gian Marco Centinaio scrive:

“Come annunciato, la peggiore burocrazia europea ha decretato la morte dei balneari con la bocciatura delle proroghe delle concessioni demaniali marittime e lacustri. Eccola qui l’Europa criminale, quella che non vogliamo, ecco una delle mille ragioni per le quali dovremmo scappare di corsa dall’unione per ritornare padroni del destino dei nostri territori, delle nostre risorse, delle norme che regolano le nostre imprese. L’Europa e’ distante anni luce dai problemi delle piccole e medie imprese italiane e la Bolkestein e’ devastante. Questo, sommato alla totale incapacita’ del governo di difendere le nostre peculiarita’ territoriali, a differenza dei governi spagnolo e portoghese che hanno ottenuto la proroga, significa che 30.000 imprese e 700.000 addetti, non sanno come andare avanti. Renzi prenda coraggio e glielo spieghi”.

Il senatore Maurizio Gasparri, con un linguaggio più attento e che segnala correttamente altre “ingiustizie europee” che non vengono sanate, alla fin fine dice la stessa cosa:

“L’Ue continua a prescindere dalla realtà preparandosi la fossa nella quale rischia di precipitare in maniera irreversibile. È risibile e infondata la sentenza della Corte di giustizia europea che vorrebbe imporre le gare per le imprese balneari italiane in ossequio alla direttiva Bolkestein. La proroga delle concessioni era doverosa. Il governo Renzi – aggiunge – è rimasto impotente di fronte a questo tentativo di massacro delle imprese italiane. C’è stata la totale incapacità dei vari Baretta, Gozi e Costa nell’affrontare questa vicenda. Mentre tutti gli altri Stati chiedono e ottengono deroghe, il governo italiano non è riuscito a difendere le imprese balneari nelle sedi europee. In Spagna e Portogallo ci sono proroghe per questo tipo di attività ultra decennali. Dobbiamo chiedere per il settore balneare e del commercio ambulante la sospensione degli effetti della Bolkestein. Dobbiamo rifondare un’Europa che si occupi delle questioni della sicurezza, della libertà, della ricerca e del sapere. Un’Unione che continua a perseguitare i singoli non ha futuro. E lo dico mentre compagnie aeree low-cost ottengono contributi pubblici in Italia e pagano bassissime tasse in Irlanda, mentre i grandi operatori della rete praticano l’evasione fiscale su base internazionale tollerati dall’Ue. Ci opporremo di fronte a sciacalli che si inchinano davanti a colossi e perseguitano bagnini e ambulanti. Già sono pronti molti sindaci a dare concessioni a imprese familiari del territorio fregandosene dell’Ue. Renzi, Costa, Baretta e Padoan se ne fregano delle imprese italiane”.

L’onorevole Davide Zoggia del Partito Democratico non usa toni paraculi ma chiede che vengano tutelati i balneari (che in effetti sono tutelati dai governo da anni, in realtà, come abbiamo spiegato sopra), ma non chiede tutela per i bilanci dei comuni che soffrono dei mancati incassi che arriverebbero dalle gare:

“La direttiva europea certo, va rispettata, ma a questo punto – secondo il parlamentare – è necessario che il Governo trovi immediatamente gli strumenti che permettano alle imprese del nostro territorio di non vanificare gli investimenti realizzati, tutelando la propria attività. E’ necessario, in merito alle concessioni balneari, preservare chi ha gestito con grande impegno e passione le Spiagge. Una linea strategica e fondamentale per il nostro territorio che grazie a questa peculiare offerta turistica vanta un primato di presenze in arrivo da tutta Europa”. Tutelare gli investimenti fatti è fondamentale, rileva Zoggia, “altrimenti nessuno più investirebbe nelle strutture e l’incuria e l’abbandono causerebbero anche una rovina in termini ambientali per tutto l’ecosistema. Qui si parla di un patrimonio naturalistico che ha la stessa dignità del nostro patrimonio storico-artistico. Ci vogliono misure urgenti che tamponino una normativa che sul comparto turistico produce effetti negativi, mettendo a rischio l’elevato standard qualitativo dei servizi offerti dalle aziende turistico- balneari del Veneto”.

E così via. Nessuno sembra interessarsi al fatto che la controparte dei balneari sono i comuni e che quei comuni hanno un bilancio da far quadrare e dei servizi da erogare. E che quindi sono molto interessati a poter ricavare di più dallo sfruttamento di un bene pubblico. E invece no. Si torna a raccontare bufale sull’Europa cattiva che ci vuole fregare le spiagge o a chiedere tutela per una lobby. E i cittadini di quei comuni (e del resto d’Italia) chi li tutela?
Foto copertina da Wikipedia
EDIT: IL M5S sulla discussione dice qualcosa di molto sensato:

“La sentenza della Corte di giustizia europea ha anticipato quanto già detto dal Movimento 5 stelle nel corso della discussione in Senato delle mozioni sulle concessioni balneari. Abbiamo proposto che siano alzati i canoni delle concessioni; che si facciano le gare; che si eviti il rischio di concentrazioni nelle mani di poche società di capitale, per favorire le piccole imprese”. Lo affermano in una nota congiunta i senatori del M5s Manuela Serra e Andrea Cioffi. “Non dimentichiamo che il mare e le spiagge sono beni pubblici – proseguono i due parlamentari – e non è pensabile aumentare a dismisura le aree date in concessione a privati: si deve salvaguardare il diritto del cittadino di poter usufruire gratuitamente del suo mare. Bisogna creare delle aperture in quelle lunghissime barriere di stabilimenti balneari, che in molti casi separano le città dal mare”. “La vergogna delle proroghe automatiche, che va avanti da 23 anni, decade con questa sentenza. L’incapacità di tutti i governi di affrontare la questione ha prodotto una tale incertezza negli operatori che oggi si trovano, in alcuni casi, ad aver fatto investimenti non ancora ammortizzati. Di questi aspetti bisognerà tener debitamente conto nelle gare che bisognerà fare” concludono Cioffi e Serra.

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