La flat tax della Lega e di Salvini

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-06-23

Analizzata oggi da Dario Di Vico sul Corriere della Sera

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Dario Di Vico sul Corriere della Sera analizza oggi la proposta di flat tax al 15% della Lega Nord. Nei giorni scorsi il capogruppo leghista a Montecitorio Massimiliano Fedriga ha depositato come primo firmatario un testo di legge messo giù dal responsabile economico di «Noi per Salvini», Armando Siri. Racconta il Corriere:

La tassa piatta ad aliquota unica esiste in circa 40 Paesi,per lo più dell’Europa dell’Est ma anche Paraguay e Seychelles. Il caso più significativo riguarda la Russia che dal 2001 ha un’aliquota del 13%, in Bulgaria è ancora più bassa (10%) mentre in Polonia è del 19%. Nei Paesi baltici la flat tax va dal 24% dell’Estonia al 33% della Lituania. Repubblica ceca e Slovacchia prima l’hanno adottata e poi cambiata per effetto di mutamenti politici alla guida del Paese. Il papà della flat tax è considerato Milton Friedman che ha cominciato a parlarne nel 1956 ma il guru del momento è un professore di Stanford, Alvin Rabushka. In Italia Silvio Berlusconi ne aveva parlato già nel ‘94 e ha ripreso il tema a fine 2014, grazie alla spinta di Renato Brunetta, proponendo una tassa piatta al 20%. Salvini è ripartito dalle idee di Rabushka, propone un’aliquota unica del 15% e per aggirare il vincolo costituzionale che chiede la progressività delle imposte suddivide la platea dei contribuenti in tre fasce.

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La flat tax in Europa (infografica del Corriere della Sera, 23 giugno 2015)

La prima fascia arriva fino ai 35mila euro di reddito, e godrebbe di una riduzione pari a 3mila euro più i figli a carico; la seconda va da 35 a 50mila e la riduzione scatta solo per i familiari; sopra i 50mila euro invece non ci sono riduzioni. I 40 miliardi di minori introiti dell’erario, secondo la Lega, sarebbero compensati dall’emersione dell’evasione fiscale e da una sanatoria sui crediti inesigibili. Di Vico poi fa un giro di opinioni sulla proposta:

L’economista Nicola Rossi dell’Istituto Bruno Leoni è favorevole alla tassa piatta tanto da aver formulato una proposta simile 15 anni fa ma elenca due punti deboli della proposta leghista. Le deduzioni non dovrebbero essere individuali ma calcolate per nucleo familiare per coprire gli incapienti, ma soprattutto «c’è il rischio di un buco di gettito». Con conti pubblici così fragili «non si può pensare a un’aliquota del 15%, penso che la si possa disegnare al 22-25%». Se le misure pro-emersione dessero gettito aggiuntivo, «nulla vieta di abbassare le tasse dopo, a patto però di fare pulizia sulle varie forme di trasferimenti».
Decisamente contrario al progetto Siri è invece Enrico Zanetti, sottosegretario al Tesoro e leader di Scelta Civica,secondo cui la previsione di minori entrate non sta in piedi. «Oltre la metà del gettito è dato in Italia dal 20% dei contribuenti a reddito più alto che pagano anche il 40%. Portandoli al 15% le entrate crollerebbero». Secondo una stima che lo stesso Zanetti ha chiesto al dipartimento delle Finanze la flat tax leghista costerebbe non 40 ma circa 90 miliardi. «Bisogna poi tener presente che la Lega prevede una clausola di salvaguardia per i bassi redditi: nel caso dovessero pagare di più con l’aliquota del 15% potrebbero optare per il vecchio regime. Questo significa pure doppi conteggi».

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