La richiesta della famiglia Regeni a Giuseppe Acconcia e al Manifesto

di dipocheparole

Pubblicato il 2016-03-11

La famiglia di Regeni invita Giuseppe Acconcia, giornalista, ricercatore e autore di studi sulla realtà geopolitica egiziana oltre che collaboratore del Manifesto a non prendere parte a iniziative pubbliche sulla morte di Giulio. La nota di Alessandra Ballerini, avvocata della famiglia, su Facebook è molto dura: La famiglia di Giulio Regeni, tramite i suoi legali, …

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La famiglia di Regeni invita Giuseppe Acconcia, giornalista, ricercatore e autore di studi sulla realtà geopolitica egiziana oltre che collaboratore del Manifesto a non prendere parte a iniziative pubbliche sulla morte di Giulio. La nota di Alessandra Ballerini, avvocata della famiglia, su Facebook è molto dura:

regeni acconcia
La nota su Facebook dell’avvocata della famiglia Regeni

La famiglia di Giulio Regeni, tramite i suoi legali, avendo appreso che Giuseppe Acconcia ha, anche recentemente, preso parte ad iniziative pubbliche sulla morte di Giulio, lo invita ad astenersi per il futuro dal partecipare ad iniziative siffatte. Come ormai acclarato Giulio non era un collaboratore del Manifesto -diversamente da quanto emerso dall’intervista rilasciata dallo stesso Acconcia a Radio Popolare il 4 febbraio scorso, e non aveva con il sig. Acconcia alcun rapporto di amicizia ne’ lavorativo. Continuare a parlare quale custode della sua memoria o come suo amico e collega non è rispettoso né della verità né della memoria di Giulio nè del dolore della famiglia .

La polemica tra la famiglia di Regeni e il Manifesto è scaturita dalla decisione del giornale di pubblicare l’articolo di cui era autore. All’epoca Giuseppe Acconcia in un altro pezzo di accompagnamento riferiva che in tutti questi mesi nelle comunicazioni tra Regeni e il Manifesto “trapelava però un certo timore di apparire in prima persona come firma di un articolo sui movimenti alternativi in un contesto di totale repressione che sta attraversando il paese“. Una decina di giorni dopo la pubblicazione il Manifesto ammise che quello era l’unico articolo inviato da Giulio Regeni:

1) Per prima cosa vogliamo subito dire che, dopo attenta valutazione, abbiamo finalmente accertato che Giulio Regeni aveva proposto al manifesto un solo articolo insieme a un altro collaboratore e con lo pseudonimo. Abbiamo equivocato che fossero suoi anche due contributi precedenti perché di eguale contenuto (i sindacati) e con pseudonimo. Cosa che sottolineava ai nostri occhi la cautela se non proprio la preoccupazione di Giulio Regeni.
Di questo equivoco ci scusiamo sia con i lettori che con la famiglia e con l’avvocata Alessandra Ballerini.
2) L’articolo al quale Regeni aveva collaborato era in attesa di pubblicazione, non era stato ancora pubblicato perché accade così nelle redazioni. Un contributo sul sindacato egiziano andava contestualizzato, soprattutto in vista dell’anniversario del 25 gennaio di Piazza Tahrir. Non riuscivamo a metterlo nel modo adeguato e allora Giulio e l’altro collaboratore lo proposero a Nena News dove è stato pubblicato.

E anche, quindi, che non era un collaboratore del giornale:

3) Da questo punto di vista, chiariamo la questione del «collaboratore». Giulio Regeni era entrato in contatto con il manifesto, non era un collaboratore come tradizionalmente s’intende. Diverso è il caso di sfruttare il lavoro gratuito, come recita una delle accuse circolate in Rete. Su questo il manifesto può ricordare le tante pagine dedicate all’analisi di come il lavoro gratuito è usato contro gli altri lavoratori

Giuseppe Acconcia su Facebook risponde così:
giuseppe acconcia

Giulio Regeni non era un collaboratore del manifesto e io non lo conoscevo di persona. A qualsiasi iniziativa io prenda parte riferisco della repressione e delle violazioni dei diritti umani in Egitto: tema di cui mi occupo quotidianamente dal 2013 in poi, e più in generale di Medio oriente da 12 anni. Ricevo quotidiane intimidazioni per non occuparmi del caso. Per me è un dovere ricercare la verità come ho sempre fatto in casi simili a partire dall’omicidio di Shaimaa el-Sabbagh.

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