Kim Jong Un e The Interview: storia di un epic win

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2014-12-22

Storia di un epic win che ha paralizzato la Sony e ha lasciato gli USA nella scomoda posizione di dover difendere un brutto film

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Era il 25 novembre quando degli hacker misteriosi sono penetrati all’interno del sistema informatico della Sony Pictures, paralizzandolo e riuscendo a rubare un’enorme mole di dati, pubblicandoli sull’Interweb. Degli hacker anche oggi che la vicenda è sostanzialmente conclusa si sa davvero poco, solo il nome con cui hanno firmato i loro comunicati e le richieste alla Sony: Guardians of Peace. Gli hacker di #GOP hanno prima minacciato prima la Sony di pubblicare tutti i dati riservati se la casa di produzione non avesse ottemperato alle loro richieste. Dopo averli resi accessibili sono passati a tutt’altro tipo di minacce: un nuovo 11 settembre se la Sony non avesse ritirato dalle sale l’ultima fatica di Seth Rogen e James Franco: The Interview.
 

La schermata apparsa sui computer dei dipendenti Sony Pictures (Fonte: Twitter.com)
La schermata apparsa sui computer dei dipendenti Sony Pictures (Fonte: Twitter.com)

 
COSA C’ERA NEI COMPUTER DI SONY
Stando a quanto si legge in giro nei computer hackerati dai GOP c’era un po’ di tutto: liste di password, prospetti finanziari e rendiconti contabili e anche gli pseudonimi usati dalle star di Hollywood quando devono prenotare un albergo. La cosa più interessante naturalmente sono le mail interne, ma anche lì c’è poca roba eccezion fatta per alcune comunicazioni interne tra produttori e registi la cui lettura ci ha reso possibile andare oltre lo schermo e vedere il funzionamento di alcuni meccanismo hollywoodiani. Un discreto scalpore è stato suscitato dalle mail di commenti su quale film (tra quelli sul tema “afro”) potrebbe piacere ad Obama. Insomma, ad Hollywood ci sono tanti attori neri, ma a comandare sono ancora i bianchi, e il razzismo nel mondo del cinema è tutt’altro che strisciante. Come ha twittato l’autrice di Scandal Shonda Rhimes, non ha molto senso cercare di limitare i danni evitando di chiamare le cose con il loro nome.
via Twitter.com
via Twitter.com

 
SONY RITIRA THE INTERVIEW DALLE SALE
Il 18 dicembre i Guardians of Peace tornano alla carica e pubblicano su un pastebin il seguente messaggio per la Sony Pictures:

Warning
We will clearly show it to you at the very time and places “The Interview” be shown, including the premiere, how bitter fate those who seek fun in terror should be doomed to.
Soon all the world will see what an awful movie Sony Pictures Entertainment has made.
The world will be full of fear.
Remember the 11th of September 2001.
We recommend you to keep yourself distant from the places at that time.
(If your house is nearby, you’d better leave.)
Whatever comes in the coming days is called by the greed of Sony Pictures Entertainment.
All the world will denounce the SONY.

The Interview è una commedia (che vuole però anche denunziare la dittatura), la trama è molto semplice due giornalisti (Rogen e Franco), dopo aver ottenuto la possibilità di intervistare il dittatore nordcoreano Kim Jong Un, vengono arruolati dalla CIA e viene loro affidato il compito di assassinare il leader della Repubblica Democratica Popolare di Corea. Spoiler: alla fine del film i due riescono a far fuori il dittatore più amato dell’Internets in una scena che non entrerà certo a far parte della storia del cinema. Una bella esplosione al ralenty dove il faccione di Kim viene investito dal vento incendiario dello scoppio e svanisce in un gigantesco fuoco d’artificio. A questo punto il pubblico si è diviso in due, tra i garantisti ad ogni costo, strenui difensori della libertà di espressione artistica anche quando è inopportuna e soprattutto è mediocre. Tra questi c’è Mitt Romney, repubblicano che in passato aspirava a guidare “il mondo libero” e che nei giorni scorsi ha ripiegato sulla difesa di un film:

Mitt Romney è famoso per avere le idee chiare (fonte: Twitter.com)
Mitt Romney è famoso per avere le idee chiare (fonte: Twitter.com)

Dall’altra parte della barricata ci sono quelli che dicono “questo film non s’ha da fare”, come Adrian Hong su The Atlantic. Per Hong Non c’era alcun bisogno di fare un film del genere e tentare di appiccicarci sopra l’etichetta del film che vuole fare satira e che prende coraggiosamente la parola per denunciare i crimini perpetrati in Corea del Nord. Perché il film non fa niente di tutto questo e per l’economia della sceneggiatura avrebbe potuto essere ambientato in un paese fittizio senza perdere nulla dal punto di vista dello spettacolo. Il problema è che la Corea del Nord, pur essendo una dittatura capace di parecchi orrori, si presta molto bene al gioco degli autori del film. Il personaggio di Kim Jong Un (come già suo padre Kim Jong Il) e le sue abitudini bizzare sono da anni dei memi dell’Interwebs. Se le image macro di Kim Jong Un, come quella sopra fanno ridere un intero film basato sui memi su Kim Jong Un deve fare sicuramente riderone. La Corea del Nord fa paura, ma non tanto quanto l’ISIS, Al Qaeda o al limite l’Iran. Un fattore rilevante è il fatto che i nordcoreani difficilmente avrebbero potuto vedere il film e ancor più difficilmente uscire dal paese e uccidere qualche occidentale per vendetta. La Corea del Nord è un nemico dell’Occidente libero ma non rappresenta una minaccia concreta e reale per noi come lo sono i terroristi dell’ISIS (che pure sono suscettibili). Dal momento che la dittatura nordcoreana è una minaccia più per i suoi cittadini che per noi abitanti del mondo libero è più facile riderne su.
paramount logo kim -1
 
FACILE DA DIETRO LA COREA DEL NORD
Riusciranno i nostri eroi a sfuggire alla giustizia americana? Per ora ci stanno riuscendo e due giorni fa hanno inviato questo messaggio a chi sta tentando di incastrarli:

By GOP
The result of investigation by FBI is so excellent that you might have seen what we were doing with your own eyes.
We congratulate you success.
FBI is the BEST in the world.
You will find the gift for FBI at the following address.
Enjoy!

Il “regalo” per l’FBI era questo video abbastanza eloquente:

La cosa però si ingarbuglia ancora di più perché a quanto pare ora un altro gruppo di hakctivisti, Anonymous, sembra voler andare nella direzione opposta. Almeno stando a quanto riporta The Inquistr, un account Twitter (ora sospeso) con il nome di @TheAnonMessage ha minacciato la Sony di “terribili conseguenze” in caso non tornasse immediatamente sui suoi passi mandando The Interview nelle sale a Natale. Come al solito in questi casi altri storici account “ufficiosi” di Anonymous hanno smentito alcun legame con loro:

Anon che sbagliano (fonte: Twitter.com)
Anon che sbagliano (fonte: Twitter.com)

 
THE PLOT THICKENS
Ma non sono solo gli hacker a farsi la guerra, ci sono anche poteri ben più reali come ad esempio il Presidente USA in persona, che durante una conferenza stampa ha detto che la Sony ha “fatto un errore” a cedere alle pressione dei Guardians of Peace ea ritirare il film dalle sale. Obama, però ha anche minimizzato la portata del cyberattacco dicendo che non si è trattato di un atto di guerra da parte del regime nordcoreano.
https://www.youtube.com/watch?v=8u8P0j3-OmE
Detto questo gli USA non andranno a fare la guerra a Kim Jong Un, ma risponderanno in modo adeguato, una volta che le indagini dell’FBI sul crimine compiuto dai GOP arriveranno ad una conclusione. Il concetto espresso da Obama è che non prenderanno la cosa sottogamba ma nemmeno si faranno trascinare dagli eventi reagendo in maniera spropositata. L’altra grande potenza regionale, la Cina, invece sembra prendere le parti della Corea del Nord. Un editoriale pubblicato sul Global Times, il quotidiano ufficiale del Partito Comunista cinese, pur criticando l’azione degli hacker aggiunge che il film “facendosi beffe del leader di un paese nemico degli USA, non è qualcosa di cui andare fieri né per Hollywood né per la società civile americana“. Nel prendere di mira la Corea del Nord la Cina vede il riproporsi un vecchio schema della produzione cinematografica della guerra fredda, quando i nemici erano tutti “comunisti” o sovietici. E non è questione di mancanza di sense of humor da parte dei paesi vittime della satira hollywoodiana quanto di mancanza di senso della misura da parte degli americani. L’editoriale si conclude con una minaccia in vecchio stile:

Appartentemente, è più facile mostrare agli americani le conseguenze economiche delle loro azioni che ragionare con loro.

Se invece che The Interview avessero fatto un film sulla storia di due giovani attori minacciati dagli hacker per aver girato un film in cui si inscena l’attentato al leader di una terribile potenza nemica che rischia di scatenare la guerra, ecco quel film sarebbe sicuramente meglio di The Interview.
MEANWHILE, ON THE INTERWEBS
Nel frattempo, l’Internets, tramite votazioni democratiche e certificate ha stabilito che The Interview è il film dell’anno. Almeno stando al punteggio ottenuto dal film sull’Internet Movie Database.

(fonte: imdb.com)
(fonte: imdb.com)

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