Country Report UE: l'Italia è un rischio per l'Eurozona

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-02-27

Nel giorno dell’incontro tra Renzi e Juncker un report dipinge Roma come un pericolo per la stabilità dell’UE. E critica il taglio dell’IMU del governo Renzi

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L’Italia è una delle fonti della potenziale ricaduta dell’Eurozona nella crisi. Insieme alla Germania, l’Italia può causare potenziali ricadute per gli stati membri. Questo il sunto del rapporto su 18 Stati dei servizi tecnici della Commissione europea, che spiega le difficoltà e i rischi a partire dal debito che “continua a essere una fonte di vulnerabilità dell’economia”, non a caso diffuso nel giorno dell’incontro tra Renzi e Juncker. Un tema, quello della riduzione del debito, che ritorna ancora una volta in testa alle raccomandazioni di Bruxelles: dopo aver toccato il punto massimo nel 2015, ora l’Europa si aspetta che l’impegno del governo italiano per porre un freno si concretizzi.

Country Report UE: l’Italia è un rischio per l’Eurozona

L’economia italiana è frenata soprattutto da un «elevato rapporto debito/Pil, unito al deterioramento della competitività e della crescita della produttività». Quella tedesca è squilibrata principalmente per «l’avanzo delle partite correnti» e «i deboli investimenti nazionali», come racconta oggi l’articolo di Ivo Caizzi sul Corriere:

Italia e Germania condividono rischi nel sistema bancario. Gli istituti di credito italiani restano «vulnerabili» per i «crediti deteriorati» e per «possibili cambiamenti rapidi di percezione del rischio sovrano sui mercati finanziari» a causa della forte esposizione sui «titoli di Stato». In Germania molti problemi riguardano le «Landesbanken», spesso controllate di fatto da poteri politici locali, che scontano «un risultato molto modesto nella concessione del credito e hanno subito perdite significative durante la crisi».
Più in generale sulle banche tedesche pesano i «bassi guadagni», che aprono rischi per i «prestiti all’economia reale anche per le recenti turbolenze sui mercati». La Commissione Juncker, confermando una maggiore prudenza con i governi, ha diffuso i rapporti precisando che sono «documenti tecnici» dei funzionari, «non realizzati, né adottati dal collegio» dei commissari Ue. Nella copertina dei dossier nazionali è evidenziato che «non costituiscono la posizione ufficiale della Commissione», né vanno considerati un «pregiudizio» per le valutazioni politiche (per l’Italia sono attese in maggio).

E ce n’è anche per l’IMU: la Commissione osserva che “l’abolizione dell’imposta sulla prima casa acuisce il problema. Attesa gia’ da tempo, la revisione delle agevolazioni fiscali e dei valori catastali ha subito un ulteriore rinvio, mentre i frequenti cambiamenti di rotta della politica fiscale – si legge nel documento – aumentano l’incertezza per gli operatori economici. Il sistema fiscale e’ complesso e la bassa percentuale di adempimento degli obblighi tributari aumenta ulteriormente l’onere gravante sulle imprese e le famiglie in regola”. La Commissione invece promuove il Jobs act: “Le istituzioni del mercato del lavoro italiano – si osserva – sono state riformate in profondità e i primi dati indicano un effetto positivo sull’economia che verrebbe amplificato da una riforma della contrattazione collettiva”. Continuano tuttavia “a preoccupare” la disoccupazione di lunga durata e il rischio di esclusione dal mercato del lavoro che pesa sui giovani, nonche’ la bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

commissione ue italia
Le valutazioni della Commissione UE sull’Italia (Il Sole 24 Ore, 27 febbraio 2016)

Gli squilibri del sistema

L’esecutivo comunitario prende anche atto della riforma del settore pubblico sempre in corso, ma notando la presenza di un sistema fiscale che «ostacola l’efficienza economica » e obiettivi di risparmio «ulteriormente ridimensionati». Rinnovate critiche vi sono sull’abolizione delle imposte sui beni immobili, piuttosto che sui fattori produttivi. Nello stesso modo, la Commissione è consapevole che l’Italia sta riformando la scuola, ma sottolinea come gli investimenti in R&S restino bassi. Per questo  “la ripresa modesta e le debolezze strutturali del paese influiscono negativamente sulla ripresa e sul potenziale di crescita dell’Europa. Le dimensioni e le fitte connessioni commerciali e finanziarie che caratterizzano l’economia italiana – rileva il documento – implicano che il suo stato puo’ avere conseguenze di rilievo per le altre economie dell’Ue. Allo stesso tempo la domanda esterna e l’andamento dell’inflazione sono di primaria importanza per la ripresa dell’economia italiana, per gli sforzi di riduzione del rapporto debito/Pil e per il ritorno alla competitivita'”.
 

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