La bufala dei terroristi che pianificano gli attentati di Parigi con la chat della Playstation

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-11-17

Secondo quanto scritto da molti giornali i jihadisti dell’ISIS avrebbero usato la Play Station per comunicare tra loro senza essere intercettati. Ma non ci sono prove che sia andata davvero così. Anzi…

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Ieri un pezzo di Forbes ci spiegava che i jihadisti belgi che hanno attaccato Parigi venerdì sera avessero usato una console per videogames, la PS4, e il network per giocare online (il Play Station Network) per comunicare tra loro e pianificare gli attacchi nella capitale francese. Questo non significa che i terroristi dell’ISIS si siano addestrati giocando alla Play Station ma che hanno usato la chat per comunicare tra loro senza essere intercettati. Ebbene, anche questa storia è falsa.

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Il Fatto Quotidiano spaccia la bufala della Play Station

Il ministro belga e quell’intervista tre giorni prima della strage

Come hanno spiegato Kotaku e The Verge infatti la notizia è nata dopo una dichiarazione fatta dal Ministro dell’Interno belga Jan Jambon, che riferiva delle difficoltà di intercettare le comunicazioni dei terroristi che utilizzavano la PS4 per comunicare tra loro. Il problema è che quest’intervista è stata fatta il 10 novembre, tre giorni prima della strage di Parigi. Quindi non esiste alcuna correlazione diretta con gli attentati parigini, né tantomeno sembra essere stata trovata una PS4 a Molenbeek nell’abitazione di uno dei componenti del commando che ha portato il terrore nella capitale francese.

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Libero era troppo impegnato a dare dei bastardi a tutti i musulmani

La PS4 che non c’è

Insomma il Ministro parlava di un’ipotesi investigativa, relativa alle azioni di contrasto al terrorismo in Belgio e alla difficoltà di intercettare le comunicazioni dei jihadisti dell’ISIS. Ma oltre a questo non ci sono prove che quella particolare cellula jihadista abbia effettivamente usato la PS4 e il PSN per comunicare con i centri di comando in Siria o per coordinare l’attacco. C’è da dire, ricorda The Verge, che esiste un precedente che fa in ogni caso pensare che l’ipotesi di Jambon non sia del tutto campata in aria: l’anno scorso in Austria un ragazzo di 14 anni è stato arrestato e condannato a due anni di carcere per aver tentato di mettersi in contatto con un esponente dell’ISIS per scaricare le istruzioni su come fabbricare una bomba tramite. Secondo gli inquirenti il contatto era avvenuto proprio tramite il servizio di comunicazioni online della console Sony. Nonostante le precauzioni però il ragazzo è stato lo stesso individuato e fermato, quindi non è del tutto vero che non sia possibile monitorare quello che avviene all’interno del network della Sony. In fondo due anni fa era venuta alla luce la notizia che la NSA era in grado di osservare quello che avveniva sui server di WOW.

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Il Giornale fa di meglio e imbastisce un pezzo in cui spiega che la nostra quotidianità è sotto attacco

Il migliore degli articoli usciti in Italia è l’inchiesta direttamente dal mondo dei videogiochi di Emanuela Fontana per Il Giornale che conclude la sua panoramica del terrore che si muove nel mondo videoludico con un ammonimento ed con l’immancabile riferimento a Papa Francesco:

Le azioni e il comportamento dei militanti dell’Isis, la facilità con cui sparano, si fanno esplodere, somigliano alla rapidità dei world games, al di là che li usino solo per comunicare. Un colpetto di polpastrello e muore un nemico. Ma i personaggi dell’intrattenimento in console non hanno cuore di uomini, come direbbe Papa Francesco. Sono omini divertenti ma finti, freddi, fatti di pixel, inerti quadratini colorati. Chi li emula non ha niente a che vedere con l’umanità.

Dai terroristi che usano la PS4 al dire che i videogames fanno diventare violenti, anzi addirittura jihadisti, il passo è davvero troppo breve per non essere fatto.

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