Le espulsioni straordinarie per gli immigrati irregolari

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-12-31

Nuove misure per la sicurezza annunciate dal ministero dell’Interno attraverso una circolare urgente per effettuare «attività di controllo straordinaria». Pronti anche nuovi CIE in ogni regione per velocizzare le espulsioni

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Pattugliamenti per rintracciare ed espellere gli stranieri irregolari. Queste le nuove misure per la sicurezza annunciate dal ministero dell’Interno attraverso una circolare urgente per effettuare «attività di controllo straordinaria». Subito dopo  l’individuazione della «rete» disponibile a favorire la fuga dell’attentatore di Berlino Anis Amri, il capo della polizia Franco Gabrielli ha diramato una circolare urgente per effettuare «attività di controllo straordinaria per un’azione di prevenzione e contrasto a fronte di una crescente pressione migratoria e di uno scenario internazionale connotato da instabilità e minacce».

Le espulsioni straordinarie per gli immigrati irregolari

Nel frattempo il ministero dell’Interno annuncia che verranno creati nuovi Centri di Identificazione ed Espulsione in ogni regione italiana, dove chi non ha i requisiti per ottenere l’asilo dovrà rimanere in attesa di essere riportato nel Paese d’origine. Il Cie è una struttura dove vengono trattenuti gli stranieri giunti in modo irregolare in Italia e che non fanno richiesta di protezione internazionale o non hanno i requisiti per ottenerla. I Cie furono istituiti per evitare la dispersione di persone in via di espulsione e «consentire l’esecuzione del relativo provvedimento». Il tempo di permanenza è variato nel corso degli anni: all’inizio era di 30 giorni, poi è stato allungato a 18 mesi, poi ridotto a 90 giorni, ora è di 12 mesi: è funzionale alle procedure di identificazione e a quelle successive di espulsione e rimpatrio.

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L’espulsione per gli immigrati irregolari (Corriere della Sera, 31 dicembre 2016)

Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera racconta come funzionerà l’attività di rintracciamento ed espulsione secondo i desiderata del ministero dell’Interno:

Un’attività che dovrà essere «pianificata al fine di ottimizzare le risorse disponibili» coinvolgendo tutte le forze di polizia, compresa quella locale e non escludendo di poter ottenere «rinforzi di unità specialistiche». Per questo dovranno essere i prefetti, in sede di comitato provinciale ad «attivare piani straordinari di controllo del territorio volti non solo al contrasto dell’immigrazione irregolare, ma anche allo sfruttamento della manodopera e alle varie forme di criminalità che attingono dal circuito della clandestinità».
Attualmente è previsto che i Cie possano ospitare 1.600 persone ma in realtà la capienza è molto ridotta, i posti disponibili sono appena 360. Quali siano i problemi è ben chiaro nella circolare di Gabrielli quando specifica che dovrà essere la Direzione Centrale per l’Immigrazione a occuparsi del coordinamento con le questure «per l’assegnazione dei posti nei Cie» tenendo conto «della complessità e articolazione del dispositivo che, anche in ragione dell’eventuale numero di stranieri irregolari rintracciati, può rivelarsi complesso e delicato sotto il profilo organizzativo e per i conseguenti riflessi sul piano dell’ordine e della sicurezza pubblica».

Perché riportare gli irregolari nei paesi d’origine non è semplice

Di per sé l’attività di espulsione non è semplice: nel 2016 40mila stranieri senza permesso sono stati rintracciati in Italia, e di questi soltanto 5mila sono rientrati nel loro paese di origine anche se per 30mila è stato firmato il decreto di espulsione. Questo perché per i rimpatri ci sono costi ma anche e soprattutto resistenze da parte degli Stati d’origine: ad oggi solo Egitto, Tunisia e Nigeria accettano di riprendere i propri connazionali; con gli altri paesi bisogna firmare accordi bilaterali che prevedano anche l’avvio di progetti di sviluppo e la concessione di aiuti per scoraggiare le partenze.

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I numeri degli sbarchi e delle entrate irregolari nel 2016 (La Repubblica, 31 dicembre 2016)

«Per il nostro Paese — spiega a Repubblica una qualificata fonte del Dipartimento della Pubblica Sicurezza — significherebbe far salire il numero delle espulsioni su base annua a 10 mila unità, contro le 5 mila attuali. Con l’obiettivo ambizioso, ma non irrealistico di arrivare a 20 mila».

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