Il grosso guaio in cui si è cacciato Alfano

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-06-10

Un sottosegretario indagato, un senatore su cui pende una richiesta di arresto e un C.A.R.A. usato come un feudo. Sull’NCD si addensano nuvole sempre più nere. Mentre la maggioranza a cui è appeso Renzi in Senato si fa sempre più risicata

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L’ultimo in ordine di tempo è il senatore Antonio Azzollini. Presidente della Commissione bilancio a Palazzo Madama, giàindagato assieme ad altri 60 tra funzionari comunali, ex amministratori e politici, in una maxi truffa da 150 milioni di euro legata al porto di Molfetta, è di nuovo nei guai con la legge a causa dell’indagine sul crac della casa di cura Divina Provvidenza: i magistrati hanno chiesto per lui gli arresti domiciliari, la richiesta è già arrivata al Senato e tra poco si deciderà.
 
IL GROSSO GUAIO IN CUI SI È CACCIATO ALFANO
“Non faccio commenti su procedimenti che mi riguardano, mi difenderò dinanzi al giudice e nelle aule parlamentari per la parte che compete ad esse”, dice oggi Azzollini a caldo. C’è anche il deputato Raffaele Di Gioia (Psi-Gruppo misto) tra gli indagati. Il gruppo parlamentare del senatore gli esprime solidarietà. Le indagini dei finanzieri sono partite parallelamente alla richiesta di fallimento avanzata dalla stessa Procura di Trani nel giugno 2012, a fronte di debiti per 500 milioni di euro accumulati dall’ente nei confronti di vari creditori tra cui l’Inps e l’Agenzia delle Entrate. Il Don Uva di Bisceglie che gestisce anche ospedali a Foggia e Potenza è stato ammesso all’amministrazione straordinaria a fine 2013. Nell’ottobre 2013 pero’ le autorita’ ecclesiastiche avevano gia’ commissariato la congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza che gestiva gli ospedali e nominato alla guida monsignor Luigi Martella, vescovo di Molfetta. Diversi i sequestri eseguiti negli ultimi su conti riconducibili alla Divina Provvidenza. Tra questi anche i 27 milioni di euro della Casa di procura, intestato a suor Assunta Puzzello e ritenuti oggetto di distrazione. Altri conti sono stati sequestrati per complessivi 2 milioni di euro. Singolare è il caso del conto Postulatore beatificazione Don Uva, gestito dalle stesse suore non per spese necessarie alla pratica di beatificazione per la quale esisteva già un postulatore ufficiale nominato dal Vaticano con un proprio conto allo Ior. Si trattava di un conto segreto, che veniva alimentato dalle donazioni di fedeli e dal pagamento delle copie della cartelle cliniche di pazienti della Cdp.
 
CASTIGLIONE E IL CARA DI MINEO TARGATO NCD
Più complicata la situazione del sottosegretario Giuseppe Castiglione e del C.A.R.A. di Mineo, l’unico paese in cui il partito di Alfano raggiunge il 40%. Nel decreto di sette pagine, che vale anche come informazione di garanzia, ci sono i nomi dei sei indagati: Giuseppe Castiglione, che è anche deputato nazionale e coordinatore del Ncd in Sicilia, “nella qualità di soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo”; Giovanni Ferrera, “nella qualità di direttore generale del Consorzio tra Comuni, Calatino Terra di Accoglienza”; Paolo Ragusa, “nella qualità di presidente della Cooperativa Sol. Calatino”; Luca Odevaine “nella qualità di consulente del presidente del Consorzio dei Comuni”, e i sindaci di Mineo e Vizzini, Anna Aloisi e Marco Aurelio Sinatra. Nel decreto la Procura ipotizza che gli indagati “tubavano le gare di appalto per l’affidamento della gestione del Cara di Mineo del 2011, prorogavano reiteratamente l’affidamento e prevedevano gara idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014″. La Procura di Catania mantiene il massimo riserbo sull’inchiesta, limitandosi a richiamare quanto aveva scritto ieri durante le perquisizioni di carabinieri del Ros di Catania “finalizzate a verificare se gli appalti per la gestione del Cara siano stati strutturati dal soggetto attuatore al fine di favorire l’Ati condotta dalla cooperativa catanese Sisifo, così come emerso anche nelle indagini della Procura di Roma, con la quale è costante il coordinamento delle indagini”. Nell’ordine: Castiglione è accusato di turbativa d’asta e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. In sostanza, secondo gli inquirenti, tra il 2011 e il 2014, da presidente della Provincia di Catania e soggetto attuatore della gestione del Cara, avrebbe favorito il Consorzio Calatino – che comprendeva, tra le altre, la coop La Cascina, coinvolta nell’inchiesta romana, e la Croce Rossa -, concedendo numerose proroghe per il centro più grande d’Europa. E costruendo, secondo l’accusa, un bando su misura per l’appalto da 100 milioni del 2014. Odevaine – membro del Tavolo nazionale immigrazione e per i pm di Roma al soldo di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi – in Sicilia faceva il consulente del consorzio, poi presidente della commissione aggiudicatrice. Nella seconda ordinanza di Mafia Capitale a proposito di Castiglione e Alfano ad esempio si legge:
giuseppe castiglione cara mineo
Il 21 marzo 2014 intercettato dal Ros carabinieri Odevaine parla con il suo commercialista. Il capo della Protezione civile Franco Gabrielli lo ha inviato in Sicilia per fare il bando di gara su Mineo, centro che sembra decisamente troppo costoso. “Praticamente venne nominato sub-commissario … eh del commissario Gabrielli – dice Odevaine – … il Presidente della Provincia di Catania … che era anche Presidente dell’UPI … Giuseppe Castiglione … il quale … quando io ero andato giù … mi è venuto a prendere lui all’aeroporto … mi ha portato a pranzo … arriviamo al tavolo … c’era pure un’altra sedia vuota … dico eh “chi?” … e praticamente arrivai a capì che quello che veniva a pranzo con noi era quello che avrebbe dovuto vincere la gara”.
 
LE INCHIESTE E LA POLITICA
Renzi ha già fatto sapere di non avere intenzione di chiedere le dimissioni di Castiglione. Ma di certo i continui scandali in cui sono nominati gli esponenti del partito di Alfano non aiutano né la popolarità dell’NCD e le sue ambizioni di leadership nel centrodestra, né la credibilità del governo Renzi che vede la fiducia nell’esecutivo continuare a scendere. In più il ministero dell’Interno è già nelle mire dei leghisti per la questione dei profughi, su cui Alfano si difende con le unghie e con i denti ma con scarse possibilità di successo nei confronti del suo elettorato. E dentro il partito c’è chi scalpita per una svolta politica. Angelino Alfano è in un grosso guaio. E sarà difficile uscirne politicamente vivo.
 

Leggi sull’argomento: Mineo: storia di un C.A.R.A. targato NCD

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