Il grosso grasso divorzio greco della Merkel

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-06-19

L’Economist torna a spiegare che la Grexit non conviene a nessuno. Ma l’accordo sembra sempre più lontano. Lunedì un summit d’emergenza. Mentre Varoufakis avverte contro il rischio d’incidente. E Renzi e Padoan si preoccupano

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L’Economist pubblica la copertina dell’anno e torna ad avvertire l’Europa dei pericoli per l’uscita della Grecia dall’euro, inaugurando così un altro week end “caldo” nella trattativa infinita tra Atene e le istituzioni. E il fotomontaggio pubblicato in copertina significativamente ritrae non solo Alexis Tsipras, ma anche Angela Merkel sull’orlo del baratro. In Grecia intanto è corsa agli sportelli. Il governo sospende tutti i pagamenti tranne stipendi e pensioni. Lunedì un nuovo Eurogruppo proverà a cercare un accordo. Ma Varoufakis ha avvertito ieri sera che ormai «siamo pericolosamente vicini all’idea di accettare un incidente». Intanto la maggioranza dei tedeschi non sembra preoccupata dell’uscita della Grecia dall’eurozona. Il 77% di un campione intervistato per conto del canale televisivo Ard ha affermato che i propri risparmi non saranno a rischio di fronte a un parere opposto espresso dal 22%. E inutile dire che Schaeuble sembra essere completamente d’accordo con loro.
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IL GROSSO GRASSO DIVORZIO GRECO DELLA MERKEL
L’Economist torna sul tema Grecia ribadendo quanto scritto nei mesi precedenti. Accusa il governo Tsipras di essere stato capace di invertire la rotta dell’austerity nonostante i conti non lo permettessero, e di essere ancora più incompetente e clientelare dei suoi predecessori. Ha portato avanti il negoziato usando ogni riforma come merce di scambio, prima ancora di pensare se sarebbe stata utile o meno all’economia di Atene. Sostiene anche che, visto che il costo della Grexit è così alto, la tattica di Syriza potrebbe essere proprio quella di aspettare fino all’ultimo per spuntare termini migliori di un accordo che andrà comunque fatto. Ma questa è una china pericolosa, avverte il settimanale, perché stavolta non andrà così. C’è un limite di tolleranza alla violazione delle regole dell’eurozona, anche se nessuno sa dove si trova, e oltrepassarlo potrebbe portare al disastro dell’uscita dall’euro per Atene. E conclude così: «La maggioranza dei greci vuole restare nell’euro. Ma i loro politici guardano ancora a Berlino per la salvezza, piuttosto che alle riforme da fare in casa. La Grecia deve capire che, se non cambia, i creditori perderanno la pazienza. Evitare il divorzio sarebbe stato meglio per tutti. Ma questo matrimonio non vale la pena di salvarlo a tutti i costi». Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha convocato per lunedì alle 19 un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dei Paesi dell’area euro sull’irrisolto caso Grecia. “Ho deciso di convocare un vertice dell’euro lunedì. E’ giunto il momento di discutere la situazione in Grecia al più alto livello politico”, ha detto Tusk con un messaggio su Twitter, poco dopo la fine inconcludente dell’Eurogruppo dei ministri delle Finanze. – “Siamo pericolosamente vicini ad un pensiero che accetta l’ipotesi di un incidente. Dico ai miei colleghi di non accettare questo modo di pesnare”, gli risponde il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, dopo i colloqui con i colleghi dell’eurozona. Alla domanda se i ministri dell’eurozona abbiano discusso le proposte greche, Varoufakis ha risposto: “Non c’è stato un solo commento”. “Abbiamo bisogno di riforme – ha concluso il ministro ellenico – non di ulteriori tagli”. Varoufakis ha proposto un piano all’Eurogruppo per un accordo, sollecitandone l’approvazione in tempi brevi. Secondo Bruxelles però quelle presentate oggi dal ministro Yanis Varoufakis non sono nemmeno idee, sono troppo vaghe e troppo generali, e non affrontano le questioni di bilancio, fanno sapere i tecnici Ue. Invece servono proposte “misurabili, attuabili e credibili”, ha detto il direttore del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde che, irritata dalle recenti accuse di Tsipras che ha definito “criminale” il Fmi, ha sottolineato l’esigenza di ristabilire un dialogo. “Ci può essere soluzione solo con dialogo, e ora l’emergenza è ristabilire il dialogo con gli adulti nella stanza”, ha detto. Il problema più grande resta la questione del debito, da cui non si può prescindere secondo il Governo greco. Varoufakis ha riproposto ai colleghi la soluzione che prevede uno swap di titoli tra Bce ed Esm, ma è un’idea che possono valutare soltanto i capi di Stato, gli unici in grado di rinegoziare il debito di Atene.

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Cosa succede se la Grecia esce dall’euro (Repubblica, 25 maggio 2015)

TRE SCENARI POSSIBILI
L’Ansa riepiloga in una scheda i tre scenari possibili per Atene:

SCENARIO 1, L’ACCORDO: Il governo Tsipras temporeggia ancora per un po’ per vedere cosa riesce ad ottenere, ma poi alla fine con l’avvicinarsi della scadenza del 30 giugno e con l’acqua alla gola alza bandiera bianca e accetta tutte le richieste dei creditori. Vengono immediatamente sbloccati gli aiuti e la Grecia evita il default, rimborsando sia il Fmi che la Bce. Il risvolto della medaglia è che Atene prosegue sulla strada dell’austerity con tagli a pensioni, stipendi e aumento dell’Iva. Esattamente il contrario delle promesse elettorali di Tsipras, che lo avevano catapultato alla guida del Paese.
SCENARIO 2, MURO CONTRO MURO: Atene non si arrende e continua il muro contro muro con i creditori. La prima conseguenza di una rottura definitiva rischia di passare in primo luogo per il sistema bancario greco, sostenuto al momento dalla Bce attraverso la liquidità di emergenza. La fuga dei correntisti dalle banche, in corso da mesi, accelererebbe a dismisura sul timore di un’uscita dall’euro e di una ridenominazione futura dei depositi in altra valuta. Per arginare la fuga dalle banche ed evitare il collasso Atene potrebbe imporre restrizioni ai movimenti di capitali, come avvenuto a Cipro due anni fa. Arriva quindi la scadenza del 30 giugno e la Grecia non rimborsa il Fondo: è un default parziale. Tecnicamente, secondo le norme del Fmi, Atene va in ‘arrears’ ossia in arretrati col pagamento, come già successo con Somalia, Zimbabwe e Cuba. La Bce comunque non chiude il rubinetto della liquidità di emergenza (Ela) ma, come ha detto il presidente Mario Draghi, il Paese precipita in “acque inesplorate” con un’economia strangolata dai controlli sui movimenti di capitali, un governo senza soldi e un sistema bancario appeso ad un filo per la sopravvivenza.
SCENARIO 3, GREXIT: Dopo il mancato rimborso al Fondo, Atene non riesce a rimborsare nemmeno i 3,5 miliardi di titoli in scadenza alla Bce: sarà praticamente default. Francoforte sarà costretta a chiudere il rubinetto dell’Ela, decretando il fallimento delle banche greche. L’uscita dall’euro a questo punto sarà inevitabile per un Paese costretto a stampare nuova moneta semplicemente per pagare le pensioni, far funzionare la macchina pubblica, acquistare petrolio o medicinali.

E l’Italia? Il premier Matteo Renzi ha avuto in serata contatti continui con le capitali europee in vista del vertice straordinario dell’Eurozona convocato per lunedì sulla Grecia. Sul tema domani il premier incontrerà il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Che continua a ribadire la tranquillità della situazione e dei conti italiani. Non rendendosi conto, probabilmente, che la partita della Grecia è decisiva anche per le promesse di battaglia contro l’austerity dell’Italia di settembre. Che avrebbero senso soltanto se Atene resta nell’euro. Lo spazio di manovra per gli altri paesi, in caso di espulsione dei cattivi della classe, sarebbero del tutto annullati. E con essi la possibilità di fare una politica economica nei paesi dell’Eurozona.

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