Il disgusto che porta a non andare più a votare

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-06-03

L’astensionismo è il vero vincitore delle elezioni regionali. E colpisce anche le regioni rosse, ma sono sempre di più quelli che ritengono la politica italiana impotente e incapace di risolvere i problemi. Mentre i flussi elettorali spiegano che i travasi di voti tra i partiti sono limitati

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Il vero vincitore delle elezioni regionali è stata l’astensione. Su quasi 19 milioni di elettori chiamati alle urne, appena il 45%, 8 milioni e mezzo, ha espresso un voto valido ad una lista; oltre 9 milioni, il 48%, si sono astenuti. E la tendenza al non voto diventa sempre più impressionante nella crescita dei numeri, e comincia a colpire anche le aree più affezionate al rito elettorale. In queste tabelle pubblicate oggi da Repubblica l’Istituto Cattaneo analizza storicamente la crescita dell’astensione al voto dalle Regionali del 2010 fino a quelle del 2015 nelle regioni chiamate al voto.

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I numeri dell’astensione 1 (La Repubblica 3 giugno 2015)

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I numeri dell’astensione 2 (La Repubblica 3 giugno 2015)

IL DISGUSTO CHE PORTA A NON ANDARE PIÙ A VOTARE
I ricercatori dell’Istituto Cattaneo Dario Tuorti e Maria Regalia hanno messo insieme le serie storiche del voto regionale confrontandolo con quello per le politiche ed europee. E alla fine cifre e grafici rivelano che l’astensionismo alle Regionali è ormai di lunga durata. Ma soprattutto che domenica si è manifestato in maniera più forte nelle “regioni rosse”.

Il primato è della Toscana, dove rispetto alle politiche del 2013 c’è un calo dell’affluenza del 30,9%. Il raffronto con le Europee dell’anno scorso dice meno 18%. Anche nelle Marche manca all’appello il 30% per cento dei votanti delle politiche e il 15,8% delle Europee. E in Umbria le due percentuali dicono meno 24,1% e meno 15,1%. E anche in Liguria la disaffezione si è fatta sentire con un meno 10 per cento rispetto alle due precedenti tornate elettorali.
Tuorti spiega che «il fenomeno si spiega con il fatto che in queste regioni c’erano aspettative molto elevate che sono state tradite. Ovviamente incidono anchela crisi che va avanti dal 2008 e gli scandali che hanno colpito i consigli regionali, la delegittimazione complessiva dell’istituto regionale». E in effetti, dicono al Cattaneo, anche se potrebbe sembrare un paradosso, gli elettori oramai percepiscono più importanti le elezioni Europee che quelle regionali.

Interessante anche il ragioamento dei ricercatori dell’Istituto a proposito delle regioni del sud:

«Nel passato – spiega Tuorti . una certa astensione esprimeva una forma di protesta verso il partito di appartenenza, un messaggio di disapprovazione. C’era insomma una forma di partecipazione attiva anche nell’astensione e si poteva tranquillamente tornare a votare al turno successivo». Oggi, continua il ricercatore del Cattaneo «siamo di fronte ad una massa di elettori che scivolano dall’astensionismo “attivo” verso l’altra forma, quella dell’apatia che tende a tenerli costantemente lontano dai seggi. Icittadini cominciano ad essere sempre di più disillusi davanti alla mancanza dirisposte».La cosa grave di questo fenomeno -continua il ricercatore del Cattaneo, «è che l’astensionismo non è distribuito equamente fra le diverse fasce degli elettori,ma rappresenta solo certe fasce sociali che coinvolge disoccupati, marginali non garantiti».

LA MAGGIORANZA INVISIBILE
Ancora più interessante è l’analisi dell’istituto Demopolis presentata ieri a Otto e Mezzo nel Punto di Paolo Pagliaro. Nella prima tabella si nota che anche nel computo dei votanti c’è chi ha scelto di votare solo per il governatore o ha espresso un voto non valido. Si tratta del 7% del computo totale dei voti, e anche qui si tratta di persone che hanno scientemente deciso di non votare per un partito pur presentandosi alle urne.
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Ancora più interessante è la tabella delle motivazioni che fa parte dell’analisi dell’istituto. Il 40% ha deciso di non andare a votare perché, a suo parere, la politica in Italia non incide più sulla vita reale dei cittadini. E qui sarebbe interessante chiedere a chi ha risposto in questo modo se invece ritiene che la politica europea sia più incisiva di quella italiana nella vita dei cittadini: la sintesi del ragionamento sarebbe stata più interessante. Il 27% invece dice che non si sente rappresentato dai partiti votati in precedenza, mentre il 25% ha scarsa fiducia nei candidati a livello locale. Rimane un buon 8% che dice che l’esito delle elezioni appariva scontato, e quindi probabilmente si presenterà alle urne in occasioni in cui ci sarà un maggiore equilibrio alle urne o si voterà per le elezioni politiche.
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I FLUSSI ELETTORALI
Infine, l’istituto Demopolis analizza i flussi elettorali del Partito Democratico, del MoVimento 5 Stelle e della Lega di Salvini:

Quasi tutte le liste sono risultate fortemente penalizzate dall’astensione in termini di voti assoluti. Secondo l’analisi dei flussi elettorali e sugli spostamenti del consenso, realizzata dall’Istituto Demopolis, su 100 elettori che avevano scelto il PD alle Europee del maggio scorso, 62 hanno rivotato nelle 7 Regioni il partito di Renzi o le liste dei candidati Presidenti; 8 hanno preferito altre liste, 3 elettori su 10 hanno optato per l’astensione.
Quadro non dissimile quello del Movimento 5 Stelle: 6 su 10, tra quanti avevano votato Grillo alle Europee, hanno confermato il voto al Movimento alle Regionali, 11 su 100 hanno scelto altre opzioni; 29 su 100 sono rimasti a casa. L’Istituto diretto da Pietro Vento ha analizzato la composizione del consenso al partito di Salvini in base al voto espresso alle Europee: su 100 elettori odierni alle Regionali (quasi un milione e 300 mila incluse le liste Zaia), poco più di 500 mila avevano già scelto la Lega un anno fa. 8 su 100 avevano votato il M5S, 5 il PD, 14 altre liste o si erano astenuti. Secondo l’analisi post voto di Demopolis, 33 su 100 degli attuali elettori leghisti avevano scelto Forza Italia alle Europee. Un flusso che conferma, anche a livello regionale, i mutati equilibri nell’area di Centro Destra.

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