Il Canada verso la legalizzazione della marijuana

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-12-07

Il governo liberale sta pensando di legalizzare la cannabis per uso ricreativo: sarebbe il primo paese del G7 a farlo. Quasi il 25% dei canadesi tra i 15 e i 24 anni la usa, mentre il numero decresce al di sopra dei 25 anni, arrivando all’8%

article-post

Il Washington Post racconta che il Canada comincia a pensare alla legalizzazione della marijuana. Il nuovo governo liberale ha detto che vuole muoversi nella direzione già presa da alcuni stati degli USA, ovvero verso la legalizzazione dell’uso della marijuana per uso ricreativo: il Canada sarebbe il primo paese a farlo tra quelli del G7 a livello nazionale. E nel paese la decisione ha sostenitori insospettabili, come il presidente dell’associazione canadese dei capi di polizia, veterano delle incursioni agostane nei campi per abbattere le piante di marijuana nascoste tra i campi di grano e nelle valli: «Dovremmo imparare dall’esperienza del Colorado e di Washington DC», dice al WaPo.

Il Canada verso la legalizzazione della marijuana?

Il partito conservatore si oppone con forza alla legalizzazione, sostenendo che renderà la cannabis più facilmente disponibile per i giovani: ma i liberali, sostenuti dal Nuovo Partito Democratico canadese, avrebbero una forte maggioranza per far passare la proposta in parlamento. Anche se la war on drugs è stata meno combattiva in Canada rispetto a Messico, Colombia, Brasile e Stati Uniti, ci sono più di 600mila canadesi con precedenti penali per il semplice possesso di marijuana, e ogni anno il governo federale spende fino a 500 milioni di dollari canadesi per il rispetto delle leggi in materia di stupefacenti, e 50 milioni per distruggere le piantagioni illegali. Quasi il 25% dei canadesi tra i 15 e i 24 anni la usa, mentre il numero decresce al di sopra dei 25 anni, arrivando all’8%. Un organismo di ricerca come il Centro sull’Abuso delle sostanze si è schierato contro la legalizzazione: dopo un’inchiesta su Colorado e Washington ha esortato la politica a non affrettarsi sulla strada della legalizzazione: «Cosa vogliamo ottenere con la legalizzazione?», ha detto Rebecca Jessman del Centro. «Vogliamo promuovere la salute pubblica, distruggere il mercato nero, ridurre l’accesso dei giovani alle droghe? Qual è l’obiettivo primario del governo?». Secondo la Jessman bisognerebbe pensare prima di tutto alla salute pubblica, e non vede come questa possa essere migliorata dalla legalizzazione della marijuana. In Colorado è il profitto delle aziende a muovere le linee guida della legalizzazione, argomenta, e questo va a svantaggio della salute pubblica. Il Canada ha legalizzato la marijuana per uso medico quindici anni fa, 20 aziende oggi la producono e la distribuiscono ai malati: 450mila sono i potenziali clienti oggi, per un business che si aggira intorno al miliardo di dollari. Canopy, la più grande di queste aziende, ha oggi 7300 clienti registrati e le sue azioni sono salite dopo la vittoria di Justin Trudeau alle elezioni. Loro sarebbero ovviamente pronti ad allargare un mercato già florido (la società vale oggi 164 milioni di dollari), e l’amministratore delegato Bruce Linton ha detto che il modello di produzione di marijuana per uso medico potrebbe essere facilmente utilizzato anche per l’uso ricreativo: la produzione sarebbe completamente naturale, senza usare prodotti chimici. Le vendite potrebbero essere effettuate attraverso gli stessi punti vendita governativi che oggi vendono alcool in Canada. Insomma, si può fare.

E in Italia?

In Italia intanto Il cartello – composto da Antigone, Cgil, Cnca, Comunità di San Benedetto al Porto, Coordinamento dei garanti dei diritti dei detenuti, Coordinamento operatori bassa soglia Piemonte, Fondazione Giovanni Michelucci, Forum Droghe, Fp Cgil, Gruppo Abele, Isola di Arran, Itaca, Itardd, La Società della ragione, Legacoopsociali, Lila e Magistratura democratica – avanza una serie di proposte contenute nella “Carta di Milano 2015”. In primo luogo, si chiede “la completa revisione delle previsioni sanzionatorie, penali e amministrative stabilite dal Testo unico sulle sostanze stupefacenti, ormai vecchio di 25 anni”. Il primo passo è la depenalizzazione del possesso e della cessione gratuita di piccoli quantitativi di sostanze destinati all’uso personale, anche di gruppo e della coltivazione domestica di piante di marijuana destinate agli stessi fini. In secondo luogo, si propone l’avvio di un confronto verso una “regolamentazione legale della produzione e della circolazione dei derivati della cannabis”. In terzo luogo, si chiede “il rilancio e la riorganizzazione dei servizi per le dipendenze pubblici e del privato sociale, attualmente in forte sofferenza, anche con il coinvolgimento della società civile e delle amministrazioni locali e una stabilizzazione degli interventi della riduzione del danno”, comprendendo anche sperimentazioni ampiamente accettate in Europa come luoghi per la somministrazione controllata di eroina o di spazi tutelati per l’autoconsumo. Infine, si propone che “la morsa del patto di stabilità interno sia derogabile nel perseguimento di politiche finalizzate alla tutela dei diritti fondamentali della persona, come sono quelle destinate a sostenere i percorsi sociali di inclusione” delle persone che usano sostanze o i piani stabili di prevenzione, interventi ormai quasi spariti dalle progettazioni territoriali. Affinché questo cambiamento di verso nelle politiche sia attuabile, si chiede a governo e parlamento di attivarsi per ridefinire in modo radicale gli indirizzi delle politiche. Un primo passo in questa direzione dovrebbe essere l’organizzazione a breve di un momento nazionale di confronto sulla posizione dell’Italia, anche in vista della prossima sessione speciale sulle droghe dell’Assemblea generale dell’Onu, che si terrà a New York ad aprile 2016, per poi arrivare all’organizzazione da parte del governo della Conferenza nazionale sulle droghe, da realizzarsi “entro la fine del 2016”.
 
 
 
 
Foto copertina da USNews

Potrebbe interessarti anche