Ignazio Marino e le spiegazioni che non spiegano

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-10-20

L’ex sindaco va in procura e scarica le responsabilità sui collaboratori. Non è un gran modo per cavarsela

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Ignazio Marino si è presentato ieri in Procura a Roma per dichiarazioni spontanee accompagnato dall’avvocato, il professor Enzo Musco. La sua intenzione era quella di fornire spiegazioni riguardo la vicenda dei giustificativi di spesa e degli scontrini che lo ha portato alle dimissioni. I risultati non sono stati esaltanti. Marino al momento non risulta indagato, anche se si è presentato con il difensore al colloquio con i magistrati. Il Messaggero, che parla oggi della storia, dice che nel caso finisse per arrivare l’avviso di garanzia, le ipotesi di reato sarebbero falso e peculato. Spiega il quotidiano romano:

Punto di partenza sono stati, ancora una volta, i sette scontrini sospetti per altrettante cene e un valore complessivo di quasi mille euro, tutti smentiti dalle “istituzioni” citate nei rispettivi giustificativi di spesa. Per ognuno il sindaco dimissionario dice di avere una giustificazione, anche se in qualche caso non tutte le tessere del mosaico sembrano andare completamente a posto. Il pranzo di Santo Stefano, ad esempio, del 26 dicembre 2013: «Non erano presenti i miei familiari, erano tutti in Sicilia e posso provarlo con i biglietti aerei» avrebbe detto il primo cittadino che era, ha ripetuto, «da solo a Roma».
Non c’erano neppure i «rappresentanti della stampa» citati nel giustificativo di spesa, ammette. Ma in ogni caso, «era sicuramente un pranzo istituzionale», aggiunge. Un errore di persona la famosa cena che, secondo la ricostruzione del proprietario del ristorante, l’avrebbe visto accompagnato dalla moglie: «C’era una collaboratrice del mio staff che le assomiglia molto», ha ripetuto. Impossibile, infine, che le cene registrate durante le trasferte, ad esempio a Cracovia, l’abbiano obbligato ad andare e venire dall’Italia in poche ore.

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La tabella riepilogativa del Corriere della Sera sugli scontrini contestati a Ignazio Marino (8 ottobre 2015)

Le spiegazioni di Marino qui non paiono sufficienti. Mancano infatti nomi, cognomi, date che possano permettere una verifica indipendente delle affermazioni dell’ex sindaco. Vero è che Marino dovrebbe fornirle ai magistrati (prima di tutto), ma se queste non sono trapelate è per scelta della difesa, e questo non è certo un atto di trasparenza. Chi poi fosse la persona a cena con Marino alla Taverna degli Amici è sinceramente meno rilevante del fatto che le cene che i cittadini devono pagare al sindaco sono quelle di natura istituzionale: un pasto con una collaboratrice che il sindaco poteva vedere in orario d’ufficio non sembra proprio esserlo. Ma soprattutto: perché Marino non ha fornito le adeguate spiegazioni quando la notizia è uscita, ma lo fa solo oggi che si sono calmate le acque? Poi la situazione, se possibile, peggiora. Perché il sindaco, per quanto riguarda i giustificativi, decide di scaricare le colpe sui collaboratori:

Su chi abbia effettivamente compilato i giustificativi, il sindaco conferma le indicazioni di questi giorni. Quelle firme non sono le sue e poco importa che questa affermazione potrebbe comportare l’accusa di falso ideologico o falso in scrittura privata: «Tutte le sottoscrizioni a suo nome in calce a tal i giustificativi non sono autentiche, come può facilmente rilevarsi ad occhio nudo e come è stato peraltro già comunicato da vari siti web romani».
Il collegamento tra lo scontrino e il giustificativo poi presentato sarebbe stato fatto totalmente all’insaputa di Marino e gli uffici del comune «non ricordando la vera finalità istituzionale della cena,ne hanno evidentemente indicata una compatibile con l’ultimo appuntamento in agenda».

Qui la situazione è grave, ma non seria. Perché il sindaco sa benissimo che la firma sui documenti è stata apposta dai suoi collaboratori, secondo una procedura scorretta ma semplificatoria. Se il collegamento tra lo scontrino e il giustificativo è stato fatto all’insaputa del chirurgo prestato alla politica, era invece responsabilità di quest’ultimo controllare che tutto fosse in regola. In base al cambio di politica sui giustificativi del Comune, che vedeva adesso il sindaco prendersi la responsabilità delle ricevute, Marino è doppiamente colpevole dal punto di vista politico: perché i suoi collaboratori li ha assunti lui, e perché doveva essere lui a vigilare. Le spiegazioni di Marino non spiegano molto. Sembrano una strategia non si sa quanto efficace per sfuggire alle accuse. E così l’ex sindaco non fa una gran figura. E non la fa fare nemmeno a chi, sbagliando, in questi anni ha creduto in lui.

La solidarietà a Ignazio Marino dopo le dimissioni

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