I videogiochi ci fanno diventare violenti e stupratori!

di Chiara Lalli

Pubblicato il 2014-12-24

Torna la polemica su Grand Theft Auto, stavolta in salsa italiana e perbenista. La verità? I videogiochi logorano chi non ci ha mai giocato: quando i falsi allarmi e gli isterismi agitano genitori ansiosi e pediatri «ignoranti»

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«Come parlamentare e vicepresidente della Commissione Cultura ho subito avviato un’azione per coinvolgere i colleghi perché tutti insieme si riesca a dare il là ad un’opera di sensibilizzazione del Governo (a partire dal Presidente del Consiglio, padre di 3 figli), rivolta ai genitori, per informarli che esistono giochi di questo genere che, benché destinati ad utenti adulti, circolano più o meno liberamente fra i ragazzini delle scuole medie. Donne, Ragazze, Mamme, Papà, Nonni ma se i pre-adolescenti si intrattengono con questi giochi come facciamo poi a meravigliarci della violenza di genere e dei femminicidi che costellano le nostre cronache? Aiutiamoci ad aumentare la consapevolezza!». Comincia così un commento allarmato di Ilaria CapuaVideogiochi E Ignoranza Dei Genitori (sic). Di quali «giochi» starà parlando? Di quale allarme vorrà renderci consapevoli? E, soprattutto, come abbiamo fatto a non capire che c’è il loro zampino nella «violenza di genere e [n]ei femminicidi»?
 
GTA V
Torniamo all’inizio del commento, ove Capua ci spiega di che gioco si tratta. «Chi di noi non ha mai visto un bambino o un adolescente alle prese con un videogioco? Un rapporto quasi ossessivo-compulsivo, con una coazione a ripetere lo stesso game per salire di livello, superare se stessi o un avversario virtuale. Ma qui si va ben oltre… Siamo davvero in presenza di videogiochi (ma si può ancora chiamarli così?) che istigano a delinquereQuesta storia me lo ha raccontata una mia amica, pediatra, cui il figlio aveva chiesto il videogioco GTA V (peraltro scaricabile dal Web) spacciandoglielo (magari in buona fede) per una competizione di auto veloci» (i corsivi sono miei). Ecco la versione dell’amica pediatra (Sabrina Salvadori, Videogiochi che «allenano» alla violenza. E io li stavo per regalare a mio figlio, «la 27esima Ora», 22 dicembre 2014): «Io faccio la pediatra e mi sono sentita inadeguata come mamma e come professionista, mi sono chiesta cosa potevo fare e così una sera a cena, parlando dei nostri figli, ho manifestato questa preoccupazione alla mia carissima amica Ilaria Capua, Deputato alla Camera. Come sempre, da persona intelligente e concreta quale è, ha capito al volo la gravità del problema e non ha perso tempo nel cercare di provare a cambiare le cose. Posso solo dirle grazie per quanto riuscirà a fare e ringrazio anche il Prof. Galimberti [è Gallimberti] per avermi aperto gli occhi prima che fosse troppo tardi.»


E qui un commento riga per riga (Mio figlio poteva prendersi l’AIDS con GTA V e nessuno mi aveva avvertita) che comincia così: «Di solito non lo faccio, perché prendere in giro chi parla male dei videogiochi senza conoscerli è un po’ come ridere di un aborigeno che ha paura di farsi rubare l’anima con una foto o di una persona anziana che scambia telefono e telecomando» (è sulla pediatra ma può essere esteso). Su Multiplayer.it c’è un altro intervento con, al momento, 405 commenti. Sempre su «la 27esima Ora» Stefano Silvestri ieri ha scritto Videogiochi Signora, non chiami il deputato legga il PEGI.

 
«ALTRO CHE ELECTRONIC CAR RACING!»
Torniamo a Capua: «Altro che electronic car racing! Il videogioco in questione non solo fa diventare gli utenti ladri di macchine e spacciatori ma permette anche di caricare a bordo prostitute, consumare atti sessuali con le stesse e ucciderle in maniera cruenta per riprendersi i soldi della prestazione. Poi, se ho capito bene, meglio la si “uccide” – investendola e finendola con mitragliatrice – più punti si fanno e fino a quotarsi in borsa». Capite? Fa diventare gli utenti ladri e spacciatori, e addirittura permette loro di «caricare a bordo prostitute» e «consumare atti sessuali con le stesse» (questo deve essere il più atroce dei mali, avere rapporti sessuali con prostitute caricate in macchina). E infine li rende assassini. Deve essere una versione horror de La rosa purpurea del Cairo

«Eccolo, guardatelo fino in fondo. Non nascondo di essere rimasta sconcertata ma ho pensato che questa esperienza dovesse essere approfondita e messa a fattor comune per contenere, auspicabilmente, il dilagare del gioco stesso. Con la piena consapevolezza che sono le famiglie a dover essere sensibilizzate e a vigilare responsabilmente. Ne ho parlato con Luigi Gallimberti, fondatore e presidente dell’Associazione Genitori Attenti, che si occupa, nell’ambito del Progetto Pinocchio, dei comportamenti e delle dipendenze dei ragazzini. Mi ha detto che su 1400 intervistati tutti conoscevano il videogioco. Mica pochi…».

1400 intervistati. Tutti conoscevano il gioco. E allora? Manco uno è in galera o almeno in riformatorio? Poi non ci si dovrebbe limitare a un allarme nazionale visto che a «ottobre 2014 Take-Two annuncia che GTA V ha venduto oltre 34 milioni di copie in tutto il mondo, diventando così il 6° videogioco più venduto di sempre». 34 milioni di copie, signori della corte. Considerando che ci giocheranno anche alcuni che il gioco non lo hanno comprato (amici, pirati, scrocconi, giocatori online), stiamo seduti su una emergenza mondiale.
 
MATURE 17+
La prima cosa che si dimentica di dire è che il gioco non è destinato a bambini (l’avvertimento si trova, per esempio, anche su Rockstar Games o Grand Theft Auto V).
GTA 17+
Mature 17+

Poi forse sarebbe il caso di non parlare come avrebbe fatto mia nonna, che era molto preoccupata quando io e mio cugino le dicevamo «andiamo in sala giochi» (al tempo in cui il gioco più minaccioso era forse Tetris). Le veniva sempre un colpo, non capiva perché non avessimo scelto la spiaggia con i secchielli e le palette ed era certa che saremmo impazziti finendo per aggredire e fare a pezzi qualcuno. Mia nonna non aveva alcuna idea di cosa stesse parlando, ma almeno si limitava a mettere in guardia solo me e mio cugino. Come rimediare? Per chi, inoltre, non ha mai giocato (pazienza) si potrebbero immaginare alcune letture. Potremmo cominciare con una ricerca (fino a Google ci arrivate?) «videogames and violence studies». Il primo risultato già sarebbe sufficiente per eliminare alcuni «signora mia»: Is there any evidence of a link between violent video games and murder? («The Guardian», 6 maggio 2014). Sottotitolo: Journalists need to stop repeating baseless claims and scientists need to stop bickering. Cioè: esistono evidenze tra videogiochi violenti e omicidio o parliamo tanto per parlare?
 
98 STUDI, 37.000 PARTECIPANTI
Leggere alcuni degli studi potrebbe davvero sorprendere… La meta-analisi pubblicata sul «Personality and Social Psychology Bulletin» (Video Games Do Affect Social Outcomes. A Meta-Analytic Review of the Effects of Violent and Prosocial Video Game Play) è molto tranquillizzante e, soprattutto, deriva dall’analisi di 98 studi e 37.000 partecipanti (chissà cosa direbbe di questi numeri Capua, visto che 1.400 l’avevano tanto impressionata). Si può leggere anche Video games are not making us more violent, study shows («The Guardian», 10 novembre 2014), sottotitolo: Long-term research into homicide rates and depictions of violence in video games and movies shows no significant relationship. Oppure Long-term US study finds no links between violent video games and youth violence, «The Independent», sempre 10 novembre 2014, sottotitolo: The researchers concluded that the current media narrative may “distract society from more pressing concerns such as poverty and education” (il rischio di una simile ossessione, insomma, potrebbe essere quello di distrarre da questioni importanti come educazione e povertà). Ci sono anche quelli che arrivano a conclusioni diverse (Little By Little, Violent Video Games Make Us More Aggressive, «Time», 24 marzo 2014), ma la discussione è quanto meno aperta – e non claustrofobica come pretenderebbero Capua e la sua amica pediatra. E dovrebbe comprendere anche altri media (Does Media Violence Predict Societal Violence? It Depends on What You Look at and When, «Journal of Communication», 5 novembre 2014).
Does Media Violence Predict SocietalViolence? It Depends on What You Look at and When
Does Media Violence Predict Societal Violence? It Depends on What You Look at and When

Per non parlare dei TG, di YouPorn, di Chat Roulette, delle serie tv, di Tinder, della realtà. Ogni volta che viene fuori l’effetto devastante dei (video)giochi moderni, poi, mi viene da pensare alle terrificanti fiabe irlandesi ma pure a Cappuccetto Rosso o al Re Leone (la morte della mamma di Bambi non riesco quasi nemmeno a nominarla). Sarebbe molto rassicurante pensare che i videogiochi siano i cattivoni, responsabili di tutte le atrocità che i genitori sgomenti immaginano assediare i propri figli (quasi per contagio: guardo x e allora sono x), eliminati i quali tutto tornerebbe alla inesistente arcadia del com’eravamo. Rassicurante e, a voler essere buoni, spaventosamente ingenuo. Dobbiamo solo sperare che la stupidità non sia altrettanto contagiosa. Ma anche questo, pare, è una vana illusione.

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