I superpoteri dei sopravvissuti di Ebola

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2014-11-03

Da Ebola si può guarire, ma il ritorno in società è spesso molto difficile per gli ex-pazienti che si trovano isolati dal resto della comunità. Alcuni però hanno scelto di tornare a combattere la malattia al fianco degli operatori sanitari.

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Da Ebola è possibile guarire. Anche se il numero dei morti causati dall’attuale epidemia di febbre emorragica è impressionante sono molti quelli che riescono a sconfiggere la malattia. E non solo nel cosiddetto “primo mondo” dove gli ospedali non sono al collasso e le tecniche di assistenza sono all’avanguardia.
 
I RACCONTI DEI SOPRAVVISSUTI
Qualche tempo fa Vox e la CNN hanno pubblicato due interviste a due pazienti che sono riusciti a guarire da Ebola. Come ci si può immaginare il processo di guarigione non è una passeggiata, Ebola è una malattia terribile che mette a dura prova chi ne viene contagiato: febbre alta, diarrea, vomito e perdita di peso sono il minimo sindacale che ci si può aspettare durante tutto il periodo di ricovero. Anche dopo le dimissioni però è difficile tornare alla normalità. La paziente intervistata da Vox è una dei sopravvissuti all’epidemia di Ebola del 2012 in Uganda. Contagiata dopo aver prestato assistenza ad una malata di Ebola ha detto di aver perso più di 12 kg e che una volta uscita dall’isolamento e tornata a casa ha impiegato più di due mesi a iniziare a sentirsi meglio: aveva perso i capelli e la pelle le si staccava di dosso. Quattro mesi dopo essere stata dichiarata fuori pericolo le cose hanno iniziato a tornare lentamente alla normalità.
 
IL RITORNO NEL MONDO
Uno degli ostacoli principali che i sopravvissuti devono affrontare è lo stigma sociale di parenti, amici e conoscenti. Il problema è dovuto soprattutto dalla scarsa conoscenza di cosa sia Ebola (succede pure da noi) e la mancanza di informazioni sul fatto che si possa guarire e una volta usciti dall’ospedale i pazienti non costituiscano un pericolo per la salute pubblica. Anche questa è uno degli effetti collaterali di Ebola che richiederà tempo per guarire. Come racconta Lisa O’Carrol in un articolo pubblicato ieri dal Guardian molti dei giovani sopravvissuti devono affrontare il fatto di aver perso tutto e di non avere più nessuno al mondo. I sopravvissuti non vengono trattati come vittime, ma come potenziali colpevoli e per questo vengono rifiutati da tutti i loro conoscenti per paura di essere contagiati. Nel caso dei bambini o dei minori la situazione è ancora più drammatica perché spesso Ebola ha ucciso i loro genitori e i loro fratelli o sorelle maggiori e non hanno più  nessuno in grado di prendersi cura di loro. Douda Fullah in questo video racconta di come ha perso tutta la sua famiglia durante l’epidemia di Ebola in Sierra Leone:

Per aiutare questi giovani sopravvissuti si è messa in moto anche la macchina della solidarietà internazionale, ad esempio l’associazione britannica Street Child che attualmente sta aiutando un migliaio di orfani di Ebola.
 
QUELLI CHE NON SI SONO ARRESI
Ce lo aveva raccontato già a luglio l’Organizzazione Mondiale della Sanità e di recente se ne sono occupati anche il Wall Street Journal  e Businessweek: i sopravvissuti che continuano la loro lotta contro Ebola aiutando i malati. Chi è riuscito a guarire da Ebola risulta immune al ceppo virale di Ebolavirus (anche se non è chiaro quanto dura l’immunizzazione) che lo ha contagiato, per questo molti dopo aver recuperato le forze tornano negli ospedali o nei centri di assistenza per aiutare i medici e gli infermieri nella lotta alla malattia. C’è chi partecipa alle campagne di informazione e visita i villaggi e le città per spiegare come prevenire Ebola e riconoscerne in tempo i segnali per evitare il diffondersi del contagio. È quello che stanno facendo da luglio Mohamed e Zena, due sopravvissuti all’epidemia in Guinea. Zena (che ha 24 anni e fa l’insegnante) ha perso il lavoro proprio a causa della sua malattia: dopo essere guarita un bel giorno ha ricevuto una telefonata dalla scuola che le comunicava che non avrebbe più potuto insegnare perché i genitori dei suoi alunni erano preoccupati per il fatto che i loro figli sarebbero stati infettati. Mohamed invece ha raccontato che per la società un malato di Ebola non può mai guarire, rimarrà sempre contagioso: una sorta di morte sociale. L’unico modo per loro per poter tornare alla normalità è aiutare la loro comunità a capire Ebola e sconfiggere l’epidemia. In Liberia invece alcuni ex-pazienti sono tornati negli ospedali dove sono stati curati per prendersi cura a loro volta di altri malati di Ebola. Naturalmente gli ex-pazienti seppur immuni al virus operano nelle stesse condizioni di sicurezza dei medici, questo a causa del fatto che il loro sistema immunitario è debilitato dalla convalescenza e potrebbero essere colpiti da altre malattie infettive. L’aspetto fondamentale, che come racconta Businessweek, ha colpito anche alcuni medici occidentali che sono in Africa come volontari è il fatto che questi ex-pazienti vogliano dare nuovamente senso alla propria vita non solo lavorando negli ospedali ma svolgendo anche un grande lavoro di supporto psicologico per i malati. La loro semplice presenza all’interno delle strutture sanitarie mostra a tutti come Ebola sia una malattia che è possibile sconfiggere e da cui è possibile guarire. Nel frattempo l’OMS sta organizzando in Sierra Leone dei gruppi di supporto per aiutare i sopravvissuti a “voltare pagina” e cercare di ricostruire le vite e le relazioni distrutte dall’epidemia.

30 infografiche su Ebola

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