Guido Bertolaso scopre Roma Est

di Tommaso Giancarli

Pubblicato il 2016-04-14

Guido Bertolaso, l’hanno riportato ieri tutti i mezzi di informazione, è partito per un giro di tre giorni a Roma Est; ma noi di Next siamo gli unici ad aver seguito passo passo il periglioso viaggio del candidato sindaco di Forza Italia alla scoperta del lato oscuro della capitale. *** Nei pressi della stazione Termini, …

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Guido Bertolaso, l’hanno riportato ieri tutti i mezzi di informazione, è partito per un giro di tre giorni a Roma Est; ma noi di Next siamo gli unici ad aver seguito passo passo il periglioso viaggio del candidato sindaco di Forza Italia alla scoperta del lato oscuro della capitale.
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Nei pressi della stazione Termini, ore 9.15 del mattino. Bertolaso si aggira furtivo attorno a un tram, trascinando il magro bagaglio (un trolley, una collana di preservativi, una mappa di Roma stampata dal Piranesi con in grande evidenza le pievi e i tratturi). È abbastanza palese che stia cercando la leva del baule posteriore, per potervi riporre i ciaffi che ha addosso e in mano, quando irrompe sulla scena un assistente che segue la campagna elettorale del candidato.
Assistente – È un tram.
Bertolaso – Zaltràm anche a te, amico subordinato! Che le divinità che vegliano sugli inferi proteggano la tua baracca al Portonaccio!
A – I tram non hanno portabagagli, dottore.
B – I vitelli dei romani sono belli, Massimilià. Ho fatto er Classico anch’io, nun te crede! A Cagliari*! E dovevo andarci col motorino.
A – Dottore, questo mezzo di trasporto su rotaia si chiama “tram”. È adibito al trasporto pubblico e, di conseguenza, non possiede portabagagli.
I due salgono sul tram, non ancora pieno; si notano diversi immigrati, un paio di vecchi, due ragazzine che ciancicano e scrivono messaggini su whatsapp, un fuorisede calabrese che sta giocando a subbuteo per telefono con gli amici al paese, dettando ogni schicchera, infine una vecchia copia del Corriere dello Sport che, per antica abitudine, fluttua da sé a mezz’aria, girando periodicamente pagina e soffermandosi in particolare sugli spazi dedicati all’As Roma e alle aste fallimentari.
Bertolaso si siede, poi ha un’idea, e si rialza per proclamarla alla folla.
B – Quando sarò sindaco, ogni tram portapersone sarà seguito da un tram portabagagli. I primi saranno gialli, i secondi blu; per simpatia, questi ultimi verranno guidati da bambini con berretti buffi.
Folla – …
B (a mezza bocca) – E allora godetevi il comunismo.
Il tram finalmente, in un urlìo di ferraglia, si muove. Bertolaso afferra delle girelle e comincia a nutrirsene a quattro palmenti.
A – Dottore?
B – Mio caro amico, bahwhhha, non sappiamo quando potremo mangiare di nuovo o quando raggiungeremo, bwbwwawaawwa, un luogo civilizzato…
A – Se guarda fuori dal finestrino, ecco che stiamo per arrivare da Fassi.
B – Er gelataio?
A – Sì. Uno dei più apprezzati di Roma.
B (ride) – Mio caro banano, non sa che in queste terre vige la maskirovka sovietica? La taqiyya degli sciiti duodecimali? Dietro quella facciata e quella scritta “Fassi” può celarsi, chi lo sa, uno studio dentistico kosovaro, una rivendita di organi umani… Comunque il cortiletto interno è carino. ‘Na vorta co’ una de Formia… Vuole una girella?
A – Non crede che dovrebbe approfittare, adesso che il tram si va riempiendo, per attirare l’attenzione degli elettori?
Bertolaso si alza, trae un piccolo ukulele dal trolley e attacca “Chitarra romana” nella versione di Gabriella Ferri, concludendo con un breve balletto in cui si schiaffeggia le cosce.
Folla – …
B (all’assistente) – E anche questa è fatta, credo che ce li abbiamo in saccoccia. Oh, ma che cos’è questo degrado? E perché altri lumaconi verdi…
A – …tram…
B – Sì vabbè stamme sur pezzo… Perché altri tram si incrociano, ci giungono incontro, si incolonnano? Abbiamo forse raggiunto il mitico cimitero dei tram?
A – È Porta Maggiore, dottore. Si tratta di un nodo tranviario di prima importanza e, a suo modo, di grande fascino…
B – Ma lascia stare il laicismo, a qualcosa bisogna credere nella vita e in politica. Chi ha portato qui tutti questi cosi?
A – Il Comune di Roma, dottore.
B – Chi?
A – …e qui entriamo propriamente a Roma Est.
B – bwbwbbbwa. Girella?
A – No, grazie. Come vede, qui iniziano anche i problemi dovuti alla tangenziale e alla necessità conseguente di una riqualificazione dello spazio urbano…
B – Sì boh sti cazzi, che sta a fa’ la Lodigiani?
A – È mercoledì mattina, dottore, e la Lodigiani non esiste più dal 2005.
B – Quando arriviamo a Gubbio? Io devo fare tanta pipì.
A – Alla nostra destra intravediamo il Pigneto; qui, in qualche modo, certamente insufficiente, si è tentato di rispondere con una sorta di imborghesimento cultural-divagatorio (che altri definiscono gentrificazione) alla domanda di recupero degli spazi e della dignità abitativa del quartiere…
B (sussurra) – È pieno de froci ar Pigneto.
A – …
B – Dai, nun te ‘ncazza’, nun sarà mica che anche tu, eh eh [gli tira un’orecchia]? Piuttosto, devo cominciare a tirar fuori gli specchietti e le perline per gli indigeni? Ormai saremo quasi a Civitella Alfedena, credo.
Alla fermata di Villa Gordiani sale una signora di mezza età con delle sporte in mano e un largo sorriso; quando vede Bertolaso gli si avvicina con passo spedito.
Signora – Dottor Bertolaso! Mi fa piacere, seriamente, al di là delle opinioni politiche, che un candidato si sia preso la briga di venire davvero a conoscere il territorio. Vede, questa è una zona un po’, come dire, negletta di Roma… Siamo gente onesta, lavoriamo, ma a volte ci sentiamo abbandonati e dimenticati, quasi rimossi. Eppure ci sarebbero non solo tanti problemi (ma i problemi sono dappertutto! E di ben altra gravità, se pensiamo a quanto succede nel mondo…) ma anche tanti spunti per progetti e approcci nuovi, diversi, mi spingo a dire belli, dottore, mi perdoni. Per esempio mia nuora – beh, non proprio lei: la famiglia – ha un appartamentino qui verso Piazzale Prenestino, ci stanno dentro tre ragazze che fanno la Sapienza, tre brave ragazze…
B (a mezza bocca) – E sai che puzza de fregna!
Signora – Come? Ha detto qualcosa? Comunque, pensavo che come queste tre ci sono tanti ragazzi qui in zona, che usano il nostro quartiere come un dormitorio. E non sarebbe magari il caso, le faccio un esempio tra i tanti che noi che amiamo Roma abbiamo in mente, di costruire qualcosa attorno a questa presenza quasi invisibile? Che il comune crei iniziative, convenzioni, modi di far incontrare veramente il territorio e chi lo abita? Mi rincuora vederla qui, dottor Bertolaso, lei non sa quanto… Che ne pensa di noi? Qual è il suo progetto per rilanciare Roma Est e tutta la nostra bella Roma?
B – Nu înțeleg, am venit din România.
Signora – … [se ne va]
B (all’assistente) – Secondo te voleva er cazzo? No perché ‘na vorta co’ una de Vitorchiano…
A – Dottore, siamo quasi al capolinea. Abbiamo svoltato sulla Togliatti.
B – Chi so’ quelle?
A – Sex workers, dottore. Un’altra presenza lamentata dai residenti, ma di cui certamente non è lecito dimenticare il significato umano, sociale, politico in senso ampio. Non sono né la repressione né la rimozione le armi con cui comprendere e, lato sensu, risolvere una questione del genere.
B – [scrive su un foglio: “Le donne a Gubbio hanno il cazzo”]. E ora perché siamo fermi?
A – È il capolinea.
B [si alza e grida] – Quando sarò sindaco i tram non staranno fermi al capolinea girati dalla parte sbagliata come degli stronzi! Grazie alla collaborazione con l’Agusta, immani elicotteri pesanti ruoteranno i tram e li rimetteranno dal lato corretto!
Folla – [È già scesa].
B – Il solito pressappochismo romano. E allora continuate a costruire opifici di stampo sovietico nei pressi dei capolinea per rimpiazzare un convoglio a viaggio.
A – Ma veramente, dottore, i capolinea sono fatti in modo che i tram possano girare e…
B – Sì, lo so, con chi credi di parlare? Ma la politica è così: opifici, opifici, opifici, e nessuno che pensa mai al lato umano. E nun scenne, ch’annamo ar Qube. ‘Na vorta co’ una de Fondi…
 
 
*nozione del tutto corretta e rispondente al vero.

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