Grexit: come la Grecia può uscire dall'euro

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-02-08

In caso di accordo impossibile con la Troika il piano B tornerebbe d’attualità ad Atene come a Berlino. Ma ciò costituirebbe un pericoloso precedente per Italia e Spagna. Mentre l’economia ellenica potrebbe anche rischiare di più.

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Il Grexit non è più un’ipotesi irreale. Uscire dall’euro per la Grecia potrebbe invece essere il piano B, specialmente se i colloqui tra i paesi membri non dovessero andare a buon fine e la ridiscussione del debito da parte del governo Tsipras diventasse irreale. Atene non vuole prorogare l’attuale piano di aiuti della troika Ue-Bce-Fmi, che scade a fine febbraio, ma chiede un prestito ponte da 4-5 miliardi per arrivare a giugno e intanto negoziare un nuovo accordo, meno severo. Berlino chiede a Syriza di rinunciare al suo programma contro l’austerity e spiegare a Piazza Syntagma che quelle elettorali erano soltanto illusioni. E allora comincia a farsi strada l’ipotesi alternativa, quella di lasciare la moneta unica per ricominciare da zero con una valuta svalutata per far ripartire l’economia. Dall’altra parte i tedeschi che si convincono di poter affrontare Grexit. Dall’altra i greci attratti dall’idea di una rinascita economica propiziata dal ritorno alla dracma. In mezzo, però, ci sarebbero anche le promesse elettorali tradite, visto che Syriza aveva assicurato di voler rimanere nell’euro e con questo programma ha vinto le elezioni. Mentre è evidente che se la Grecia può uscire dall’euro, i mercati comprenderanno che l’euro “irreversibile” era soltanto nei sogni di Mario Draghi. E a quel punto anche altri paesi in difficoltà e con i conti in disordine (Portogallo, Spagna, Italia) potrebbero seguire. Causando la distruzione dell’eurozona.

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L’infografica del Sole 24 Ore che riepiloga gli ultimi problemi finanziari della Grecia (30 dicembre 2014)

GREXIT: COME LA GRECIA PUÒ USCIRE DALL’EURO
Come può la Grecia uscire dall’euro? Su Repubblica di oggi Federico Fubini ci racconta che l’Istituto economico IFO, centro studi tedesco, sostiene che alla Germania conviene lasciar andare Tsipras e compagni: Berlino ci rimetterebbe 75 miliardi di prestiti, ma salvare di nuovo Atene ne costerebbe altri 77. La Fondazione Bruegel e la Ieseg School of Management invece dicono che il Grexit sarebbe un disastro per tutti, anche per l’Italia come abbiamo detto qui. In caso di uscita, ecco come funzionerebbe:

Vediamo la “sequenza Grexit”. Primo, constatata l’impossibilità di trovare un nuovo accordo fra Tsipras e la Troika europea, Atene annuncia la sua secessione. Secondo, tutti i contratti locali — stipendi e pensioni, debiti e crediti, depositi bancari— vengono convertiti dallo Stato greco in dracma, d’autorità. Questo apre un enorme contenzioso, nei casi in cui vi siano controparti estere che pretendono la restituzione in euro e fanno ricorsi in tribunali stranieri: complicazione grave e potenzialmente costosa, ma soprattutto foriera d’incertezza; nella transizione possono verificarsi fenomeni di panico, corsa agli sportelli, a cui il governo reagisce con blocco dei conti correnti e divieto di esportare capitali (i ricchi e i politici li hanno già esportati…). La dracma viene poi svalutata in modo poderoso, per esempio del 50%.
Fenomenale aiuto per l’industria greca che deve esportare all’estero, e che ora offre uno sconto automatico, meno 50% sui prezzi. Idem per il turismo, le coste greche diventano molto più a buon mercato di quelle italiane o spagnole. Ma altri ci rimettono all’interno della Grecia: i risparmi sono svalutati, petrolio e materie prime costano molto di più, si scatena una forte inflazione che diminuisce il potere d’acquisto delle famiglie. Infine la Grecia è tagliata fuori — almeno per qualche anno — dai prestiti internazionali, come accadde all’Argentina dopo il default. Le banche greche isolate dal mondo rischiano di fallire: un’opzione è nazionalizzarle a spese del contribuente.

Il tutto, ovviamente, costerebbe al contribuente greco più o meno come l’austerity, anche se le voci di bilancio con un governo di sinistra al potere sarebbero diversi. In più, i benefici della maxi-svalutazione potrebbero essere ridotti anche dal fatto che Atene non ha una manifattura esportatrice del calibro dell’Italia, che invece in caso di uscita dall’euro potrebbe godere di maggiori benefici.

Ma perché evocare l’uscita di Italia e Spagna? A parte il fatto che alcune forze politiche auspicano proprio questo, la vera risposta è che Grexit scatenerebbe questo gioco di aspettative.Una volta dimostrato che si può, perché fermarsi a una sola uscita dall’euro? I mercati comincerebbero a scommettere su chi sarà il prossimo. Gli investitori chiederebbero un risarcimento anticipato, per proteggersi, prima di comprare Btp italiani: con enorme aggravio del debito pubblico. L’austerity, in quel caso, non farebbe che cominciare. E la preoccupazione dell’America, che la Grecia finisca nell’orbita di Vladimir Putin, passa quasi in secondo piano…

Uscire dall’euro: i numeri della Grecia


IL PIANO A, IL PIANO B
Ma Tsipras e Varoufakis cosa ne pensano? La Grecia ha annunciato che porterà all’Eurogruppo straordinario dei ministri finanziari dell’11 febbraio una proposta per evitare l’insolvenza con il suo maxidebito al 170% del Pil. «Mercoledì presenteremo una proposta completa», ha dichiarato il ministro delle Finanze greco entrando in una riunione dell’esecutivo, che ha discusso le nuove politiche economiche e di bilancio in vista della presentazione del programma di governo oggi in Parlamento. Racconta il Corriere: «A Bruxelles ritengono che Tsipras abbia bisogno di 10-15 miliardi per evitare il tracollo già tra marzo e l’estate. Ma ad Atene sostengono di poter trattare con l’Eurogruppo senza la pressione di una crisi di liquidità. «Non ci sarà nessun problema durante il periodo di negoziazione», ha affermato il viceministro greco delle Finanze Dimitris Mardas. In ogni caso nelle istituzioni Ue viene considerato improbabile che 18 Paesi dell’eurozona rischino le conseguenze di un’uscita di Atene dalla moneta unica per non sborsare un importo limitato e dopo aver promosso prestiti per 240 miliardi».  Secondo Carlo Cottarelli, direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, le uscite pubbliche del ministro greco dell’Economia Yanis Varoufakis sono state «del tutto preliminari. Vediamo nella discussione diretta che cosa verrà proposto». Quanto all’ipotesi ventilata da Varoufakis di uno swap tra i titoli di debito greci esistenti con obbligazioni dal rendimento indicizzato alla crescita dell’economia ellenica, il dirigente del Fondo ha ribadito di non essere «a conoscenza di nessuna discussione su temi specifici». Circa il destino della Troika, Cottarelli ha rilevato che ormai ognuno usa il termine Troika come vuole.  Sembra tuttavia che ad Atene i funzionari dell’organismo non siano ben visti dal nuovo esecutivo. «Ora non so se loro hanno preso posizione rispetto a particolari individui. Tuttavia, il Fmi è un organismo che agisce sulla base di regole, regole che impongono che se c’è un finanziamento, ci dev’essere un programma di riforme. E’ tutto quello che c’è da dire», ha osservato Cottarelli. In ogni caso, ha aggiunto, ora «bisognerà vedere qual è il modo migliore per collaborare con il governo greco. Io ho incontrato il ministro a Roma: mi sono presentato, perché io rappresento anche il governo greco al Fondo Monetario. Gli ho fatto presente, cosa che ancora non conosceva, che io ho un vice, che è greco e che finora si è occupato della Grecia. Gli ho fornito il modo per mettersi in contatto con lui. Si sono messi in contatto. Ora il mio vice andrà nei prossimi giorni in Grecia, non so quando. Credo comunque – ha concluso Cottarelli – che sarà lui a occuparsi della Grecia. Se poi il governo greco vuole fare diversamente, me lo diranno. Io ho dato la disponibilità a collaborare nel modo che preferiscono, ma credo che continuera’ ad occuparsi della Grecia il mio vice».

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