Bestemmiatori di tutto il mondo, unitevi!

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-02-06

Dopo la strage di Parigi del mese scorso tornano alla ribalta i movimenti che chiedono l’abolizione delle leggi che puniscono chi bestemmia e critica la religione in nome della libertà d’espressione

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Lasciate da parte il referendum per l’indipendenza del Veneto. Ecco una battaglia per la quale il popolo veneto potrebbe e dovrebbe doverosamente impegnarsi in nome della libertà d’espressione: il referendum per la rimozione dell’art. 724 del codice penale che prevede una sanzione amministrativa per coloro che “pubblicamente bestemmiano, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità”. La proposta è seria, e non riguarda solo l’Italia ma anche tutti quei paesi che prevedono sanzioni (dalla semplice multa alla pena di morte) nei confronti di chi bestemmia. Se non bestemmio guarda..

via http://end-blasphemy-laws.org/
via End blasphemy laws

 
NESSUN LIMITE ALLA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE 
A guidare il movimento per l’abolizione delle leggi e dei codici che puniscono chi bestemmia ci sono l’International Humanist and Ethical Union (IHEU) e European Humanist Federation (EHF) e tra i partner internazionali figura anche l’italiana Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR). La campagna è partita dopo l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo del 7 gennaio, e secondo le intenzioni dei promotori l’esistenza di leggi che vietano la blasfemia e la bestemmia sono contrarie al principio universale della libertà di espressione e di parola. Non è un problema che riguarda solo i paesi di religione musulmana ma anche diversi paesi a maggioranza cristiana. La richiesta è semplice: la completa abolizione delle leggi che criminalizzano la blasfemia, gli insulti alla religione e ai sentimenti religiosi dei credenti e più in generale tutti quei provvedimenti che hanno lo scopo di limitare il processo di critica (ma anche di messa in ridicolo) della religione e dei concetti religiosi. Come spiega Sonja Eggerickx, Presidente dell’IHEU:

In seguito al massacro di Charlie Hebdo ci sono stati diversi appelli per l’abolizione delle leggi sulla blasfemia in quasi tutti i paesi dove ancora esistono. Le nostre associazioni lavorano da molti anni per la protezione di questo importante diritto: la libertà di criticare, mettere in discussione e anche ridicolizzare la religione. Grazie a questa nuova spinta crediamo che sia possibile, lavorando assieme, dare sostegno a tutti quegli individui che nei loro paesi domandano l’abolizione di queste leggi.
L’idea che sia sbagliato fare satira sulla religione in un certo senso fornisce una legittimazione a coloro che commettono omicidi nel nome di chi si sente offeso. L’idea che sia un tabù criticare le autorità religiose è uno dei motivi per cui è durata così a lungo la piaga degli abusi sessuali all’interno della Chiesa Cattolica.
L’idea che “insultare” la religione sia un crimine è il motivo per cui umanisti come Asif Mohiuddin sono imprigionati in Bangladesh, è il motivo Raif Badawi è stato frustato in Arabia Saudita ed è il motivo per cui gli atei e le minoranze religiose sono perseguitate in paesi come l’Afghanistan, l’Egitto, il Pakistan, l’Iran, il Sudan e in tanti altri stati.

Come spiega Pierre Galand, presidente dell’EHF la campagna non mira all’abolizione delle leggi che puniscono chi incita all’odio ma solo quelle contro la blasfemia che, secondo Galand, limitano fortemente la libertà d’espressione.
https://www.youtube.com/watch?v=xHZOAt5HxjU
BLASFEMI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI
La situazione però, come mostra la mappa elaborata dai promotori della campagna non è omogenea (ad esempio la pena prevista dal codice penale italiano è un’ammenda dai 51 ai 309 euro) così come non è omogenea la sensibilità religiosa dei legislatori dei diversi paesi. Un conto infatti è chiedere una uniformità legislativa in seno ai paesi dell’Unione Europea, in modo che i cittadini europei possano godere tutti delle stesse libertà e degli stessi diritti. Un processo che va ben oltre l’abolizione del “reato di bestemmia” e che dovrebbe teoricamente coinvolgere aspetti molto profondi della società europea. Anche perché spesso queste leggi non sono applicate da anni, ad esempio in Danimarca (uno dei paesi “incriminati”) l’ultima volta che si è assistito ad una condanna in base al paragrafo 140 (che punisce il reato di blasfemia) è stato nel 1938 con la condanna di un gruppo di nazisti per propaganda anti-semitica. E non si può certo dire che la Danimarca sia un paese dove non c’è libertà d’espressione (per chi si ricorda il famoso episodio delle vignette su Maometto). Certo, in Russia alcune esponenti delle Pussy Riot sono state condannate in seguito ad una “manifestazione anti-cristiana” dentro una chiesa. Ma appunto era all’interno di una chiesa (tra l’altro la Cattedrale Ortodossa di Mosca).
blasfemia picard
Un discorso diverso però è pretendere che la visione occidentale in materia di diritti democratici e di libertà d’espressione possa essere recepita così com’è pensata da noi anche in altri parti del mondo con diversa sensibilità religiosa e con un modo di vedere le cose spesso profondamente diverso dal nostro. Nonostante il direttore della comunicazione dell’IHEU lo abbia smentito è difficile non vedere in questa iniziativa una forma di “imperialismo culturale” che mira ad imporre la nostra visione del mondo agli altri. Basti pensare che nemmeno la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è davvero universale, visto che molti paesi musulmani hanno mosso diverse critiche al modo di intendere certi aspetti dei diritti che vanno in contrasto con la loro fede. Certo, ci sono delle minoranze che chiedono una revisione dei codici penali e chiedono maggiore libertà, e non solo i blasfemi, una definizione che in certi paesi comprende anche coloro che fanno una cosa per noi normale, ovvero dichiarasi atei. Ci sono anche le donne (che non sono una minoranza, anzi) che chiedono il diritto di poter ottenere una patente e poter guidare una macchina e che vengono arrestate per “terrorismo”. Quello tra libertà d’espressione e rispetto dell’altrui sentimento religioso è un equilibrio difficile che probabilmente non si potrà raggiungere semplicemente con l’abolizione delle leggi contro la blasfemia. Il cambiamento in alcune aree del mondo (se ci sarà) sarà per forza di cose molto lento e non potrà certo essere calato dall’alto. Difendere le minoranze è un compito doveroso e benemerito, ma tenerle in considerazione come uniche oasi di civiltà all’interno di un mare di barbarie probabilmente rischia di esacerbare gli attriti e i conflitti e, non tenendo conto degli aspetti positivi di quelle società, soprattutto non consente la disseminazione e il contagio delle idee di democrazia e libertà dei quali l’Occidente (e non solo gli atei) si devono fare sostenitori. Difendere un principio conservandolo sotto vetro rischia di renderlo sterile, contaminarlo e adattarlo ai differenti contesti potrebbe far nascere un sentimento nuevo.

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