Se lo spettro dell'Italia azzanna la Francia

di Luca Conforti

Pubblicato il 2014-09-23

La lotta alla parola declino. Il Pil che non mostra segni di ripresa. Air France che rivive il destino di Alitalia. E uno scenario politico immobile. Troppe somiglianze per essere un caso. Anche i destini di Roma e Parigi saranno incrociati?

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Gli italiani che seguono le vicende francesi hanno un angosciante senso di dejà vù, i francesi che hanno familiarità con la storia recente del nostro Paese, ci vedono come il loro personalissimo “fantasma del Natale futuro”. La “deriva italiana” che li aspetta avrà conseguenze negative anche per noi e per gli euro che portiamo nel portafoglio. Tolto un primo immediato senso di rivalsa verso i cugini transalpini e il loro malcelato senso di superiorità verso di noi, bisogna ammettere che lascia abbastanza sconsolati vederli discutere di impiegati pubblici fannulloni e privilegiati, di pensioni d’oro, delle rendite di notai e avvocati e del blasone ormai appannato della compagnia aerea di bandiera. A corto di soluzioni, pensano persino a ripescare vecchi presidenti cacciati a furor di popolo come Nicolas Sarkozy.
 
DECLINO, NON PASSERAI[pullquote]Il Male basta nominarlo perché diventi più forte e reale[/pullquote]
Come nel Signore degli Anelli o in Harry Potter, il Male basta nominarlo perché diventi più forte e reale. Ormai 7-8 anni fa anche i francesi iniziarono a discutere del “declino del Paese”. La risposta, coerente con la grande tradizione della burocrazia e delle scienze politiche, fu una commissione (affidata a Jacques Attali) che individuasse il percorso per “liberare la crescita”. Sarà stata la presenza degli italiani Mario Monti e Franco Bassanini, ma l’elenco delle 316 proposte di riforma, sembravano un compendio degli editoriali del Sole24ore degli ultimi vent’anni. Anche per Attali e per i governi francesi che stanno cercando di realizzare quel programma, se ci fossero meno giorni festivi sul calendario, o se i taxi fossero meno cari, la crescita economica sarebbe di nuovo vigorosa.

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Italia-Francia, sfida a poker (da italiapokerclub.com)

CAUSE ED EFFETTI[pullquote]Il Pil transalpino non mostra segni di ripresa[/pullquote]
Sarà un interessante esperimento, questo nuovo laboratorio a cielo aperto di lotta al declino. Eliminando l’incognita delle tante anomalie italiane, dove le rivoluzioni, sociali ed economiche, non sono mai nette e soddisfacenti. Visto che la ricetta è la stessa, con il suo elenco sacrifici macro (in pensione più tardi, spesa pubblica in costante riduzione) e micro (meno tempo libero in nome della produttività, meno certezze d’impiego), l’esecuzione farà la differenza. I possibili scenari sono tre: la Francia riparte e si scoprirà che abbiamo buttato quasi due decenni rimandando riforme efficaci. La Francia si dibatte in un infinito tiro e molla e diventa ancor più italiana, magari dilaniandosi in un suo particolarissimo articolo 18 (candidato naturale sono le 35 ore di orario settimanale). Infine la soluzione più probabile agli occhi di chi scrive: pur mostrandosi un paziente diligente nel seguire la terapia il Pil transalpino non mostra segni di ripresa. Il welfare più leggero, i licenziamenti facili, i tagli ai dipendenti pubblici non sono medicine amare, quanto l’elenco di una serie di “lussi” che anche la quarta economia del mondo non si può permettere
 
ALI TARPATE[pullquote]Air France, che rivive il destino della nostra Alitalia[/pullquote]
Anche templi del pensiero libero e liberale, custodi del mercato e della scienza economica, dall’Fmi alla banca mondiale finiscono per pensare che la competitività di un sistema si possa costruire in laboratorio. La Cina che diventa fabbrica del mondo, l’innovazione digitale che si concentra in qualche chilometro quadrato in California, nessuno è in grado di ricreare questi eventi a comando. Quello che viene chiesto ai paesi europei è più simile al tentativo di liberare dalla zavorra una nave che va troppo piano, ma nel gioco del commercio globale la velocità è relativa, se gli altri corrono di più l’impoverimento è inevitabile. Il caso è ben rappresentato dalla vicenda Air France, che rivive il destino della nostra Alitalia. Meglio organizzati, con più patrimonio e vocazione internazionale i francesi sono riusciti a rimandare di anni l’inevitabile restringimento del proprio mercato rosicchiato sul fronte interno e europeo dalle low cost e sul fronte intercontinentale dalle compagnie arabe e asiatiche in grado di investire miliardi nelle flotte e nell’ampliamento delle rotte. Il redde rationem è arrivato anche per francesi che stanno tentando in questi giorni di spostare gran parte del traffico interno verso il proprio marchio low cost Transavia. La risposta dei lavoratori è stato uno sciopero ad oltranza, con le motivazioni che conosciamo: bisogna investire e non tagliare, l’idea che un pilota low cost guadagni meno di uno “ufficiale” è impresentabile. Nella vicenda gioca anche il fatto che le compagnia di bandiera agli occhi dell’opinione pubblica sono dagli anni 60 un simbolo del proprio paese nel mondo, un po’ come le auto o certi marchi dell’alimentare, rendendo ancor più difficile accettare la marginalizzazione nello scacchiere mondiale.
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Italia-Francia al confine di Courmayeur (da Placesonline.com)

LA POLITICA NEL CASSETTO[pullquote]Un bisogno di novità e distrazione in uno scenario immobile[/pullquote]
L’altro inquietante parallelismo Roma-Parigi è quello delle risposte della classe politica e le reazione dell’opinione pubblica. Il tratto comune è la negazione che il declino sia un fatto determinato dall’esterno e difficilmente contrastabile. Chi preferisce la retorica dell’eccezionalità nazionale (il genio italiano o francese), chi il nazionalismo novecentesco (il miracolo italiano, De Gaulle), chi il rosario delle riforme (Attali-Monti), chi vota perché ritornino tempi più semplici (Grillo-Lepen). Quello che manca è il realismo, perché ovviamente non porta voti e non crea entusiasmo. In questa opera di rimozione collettiva produce una politica circolare in cui si riciclano sempre le stesse idee prese da vecchi cassetti e non succede mai niente. In Italia lo abbiamo sperimentato con le elezioni del 2006 in cui i candidati (Prodi-Berlusconi) erano gli stessi di dieci anni prima. Gli italiani votarono un pareggio e da lì è iniziato il peggior periodo (anche in termini di performance economica) della seconda Repubblica. I francesi si preparano a rilanciare Sarkozy, dopo aver bruciato in fretta la dinastia socialista Royal-Hollande. I politologi e gli storici ci diranno se il sempre maggior interesse per la vita privata dei protagonisti della classe politica sperimentato da entrambi i lati delle Alpi sia un sottoprodotto di questa circolarità necessaria a soddisfare un bisogno di novità e distrazione in uno scenario immobile.
Immagine di copertina da Itdx.it

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