Francesco Facchinetti "inventa" la società a costo marginale zero

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-10-13

Da Capitan Uncino a Capitan Futuro. Ieri su Rai 2 Dj Francesco ha mostrato il suo lato guru e, memore della lezione di Casaleggio, ci ha parlato della società del futuro evocando scenari incredibili pensati da altri senza spiegarli. Forse perché non li ha capiti

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Ieri sera è andata in onda la prima puntata di Nemo – Nessuno Escluso, il programma di Rai 2 condotto da Enrico Lucci e Valentina Petrini. Il tema di ieri era il futuro, e non si può parlare di futuro senza affrontare il ruolo che la tecnologia avrà nelle nostre vite. In mancanza di Gianroberto Casaleggio gli autori hanno dovuto ripiegare su un personaggio che da qualche tempo cerca di emulare le gesta del co-fondatore del MoVimento, il Mark Zuckerberg all’italiana Francesco Facchinetti che ieri in cinque minuti ci ha spiegato la società a costo marginale zero.

Francesco Facchinetti a Nemo di next-quotidiano

Francesco Facchinetti, il piazzista delle idee altrui

Nel 2050, ci racconta Francesco Facchinetti, si lavorerà da casa e quindi i giovani italiani non avranno più bisogno di fuggire all’estero per trovare un lavoro. Certo (Facchinetti non lo dice) quelli che vanno all’estero per lavorare in centri di ricerca e laboratori difficilmente potranno farlo da casa, a meno di non avere la possibilità di avere le sofisticate attrezzature nella loro cameretta. Ma il punto di Dj Francesco è un altro, perché il 90% dei lavori che esisteranno nel 2050 devono ancora essere inventati ma sappiamo che saranno al 50% lavori “legati al digital” (che non è che voglia dire poi molto) e che a capo delle più importanti aziende ci saranno giovani di trent’anni. Ma solo quelli che sopravviveranno alla Terza Guerra Mondiale che scoppierà a breve (almeno stando a Gaia della Casaleggio Associati). Ma la vera novità del 2050 sarà la società a costo marginale zero che consentirà a tutti di guadagnare senza fare nulla grazie ad Internet, generando moneta virtuale influenzando gli altri ad acquistare altre cose. Fra cinquant’anni ci sarà una società a costo marginale zero, ribadisce Facchinetti “a costo di passare per pazzo”.
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La società a costo marginale zero

Ma che cos’è la società a costo marginale zero? È una di quelle trovate da piazzista di Facebook di Facchinetti come il movimento politico delle persone non falze fondato sui “mi piace” che avrebbe dovuto salvare l’Italia grazie alla straordinaria forza dei giovani? Oppure è come la sua start up per produrre App e uno smartphone interamente made in Italy (ma costruito in Asia)? Di idee futuribili arrivate fuori tempo massimo Dj Francesco in questi anni ne ha sfornate parecchie, sempre con un comune denominatore ovvero non ha mai detto nel concreto cosa voleva fare. È la strategia del guru quella di evocare scenari meravigliosi e fantastici, indicare la via per la salvezza senza mai rivelare i dettagli del piano. Anche nel caso della società a costo marginale zero i più potrebbero pensare si tratti di una brillante intuizione (o visione) di Facchinetti Junior, ma non è così, perché di Zero Marginal Cost Society  se ne parla già da qualche anno in relazione al costo della produzione dei beni informazionali ma solo dopo la pubblicazione (nel 2014) del libro di Jeremy Rifkin The Zero Marginal Cost Society: The internet of things, the collaborative commons, and the eclipse of capitalism si è iniziato parlare della creazione di una società dove non solo i giornali, la musica o altri prodotti di intrattenimento avrebbero potuto essere a costo marginale zero ma tutto il sistema della produzione e dello scambio dei beni avrebbe seguito questo paradigma. Il costo marginale della produzione è il costo di un’unità aggiuntiva prodotta (al netto dei costi fissi) che a sua volta influenza il costo totale della produzione, abbassare fino a quasi allo zero il costo marginale di produzione consentirebbe di poter abbassare anche i prezzi dei beni. Un esempio concreto è rappresentato da Uber, che non deve pagare alcun costo aggiuntivo per aggiungere un altro taxi (che è messo a disposizione dall’utente che fa da autista) al contrario delle società tradizionali (o dei tassisti) per i quali un taxi in più rappresenta un costo. In questo modo Uber, una volta pagati i costi di “avviamento” può applicare tariffe più basse rispetto ai suoi concorrenti che operano invece secondo le normali logiche di mercato e così può fare anche Airbnb. Fino ad ora questa cosa è accaduta solo per ambiti ristretti, come ad esempio la produzione “dal basso” di contenuti destinate alle varie piattaforme come Wikipedia, YouTube o i social network dove gli utenti mettono a disposizione gratuitamente la loro opera per i titolari dei servizi (senza ottenerne nulla in cambio). In questo modo i servizi offerti da quelle piattaforme sono a costo “quasi zero”. Ma come è possibile esportare questo modello nella produzione di beni reali e concreti? Secondo Rifkin in futuro grazie a due concetti chiave come l’Internet of things e il collaborative commons sarà possibile per le aziende che reperiranno le informazioni tramite le reti neurali tra oggetti di abbassare drasticamente i costi di produzione e aumentare la produttività in modo da giungere ad un costo marginale prossimo o uguale allo zero. Ci saranno così oltre all’Internet delle cose, l’Internet dell’energia e l’Internet dei trasporti e della logistica. Per Rifkin (non per Facchinetti) sarà la terza rivoluzione industriale (lo dice però dal 1995) e in un certo senso la fine della società capitalista dove i consumatori (consumers) saranno sempre più prosumuers cioè al tempo stesso consumatori e produttori di informazione, energia e beni che verranno creati in collaborazione con altri prosumers proprio come accade – ad esempio – per le pagine di Wikipedia. Perché questo modello di sharing economy si realizzi è necessario però che anche l’energia (motore dell’attività dei prosumer) sia a costo quasi zero o gratuita e che possa essere quindi prodotta (ad esempio tramite fonti rinnovabili) dai prosumers stessi. Naturalmente in una società del genere dovranno essere le macchine e non gli esseri umani a produrre gli oggetti intelligenti con il cui solo utilizzo i consumatori/produttori collaborativi creeranno nuova informazione “gratuitamente”: la società diventerà essa stessa una grande fabbrica condivisa e collaborativa. Se tutto questo discorso vi ricorda l’inizio del video Prometeus di Casaleggio non vi sbagliate, anche il guru del MoVimento così come Facchinetti, era rimasto molto affascinato dalle teorie di Rifkin (e di Manuel Castells) sull’informational age. Certo, Facchinetti ci arriva molto dopo Casaleggio, ma solo perché nel 2007 faceva l’inviato all’Isola dei Famosi e cantava questa canzone.

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