Fertility Day, il ministero spiega che non abbiamo capito noi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-09-01

Il dicastero della Lorenzin sostiene che «si rileva una lettura dell’evento che non corrisponde allo spirito con il quale la giornata è stata istituita». Certo che potevate stare attenti, eh?

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Ieri sera, giustamente a tarda ora, è uscito un meraviglioso comunicato del ministero della Salute sul Fertility Day, il quale ha spiegato che non abbiamo capito niente, noi:

In merito al dibattito che in queste ore si sviluppa soprattutto sui social media in relazione al Fertility Day indetto per il prossimo 22 settembre, la Direzione Comunicazione e la Direzione Prevenzione del ministero della Salute precisano che, accanto a spunti di indubbio interesse per i dibattiti che avranno luogo in quella giornata in diverse città, e alle più diffuse riflessioni che auspichiamo interesseranno i cittadini a partire da quella data, si rileva una lettura dell’evento che non corrisponde allo spirito con il quale la giornata è stata istituita.
Il Fertility day – si legge in una nota del ministero – è la Giornata Nazionale di informazione e formazione sulla fertilità indetta con Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 luglio 2016, su proposta del Ministero della Salute. La Giornata costituisce una delle azioni di prevenzione dell’infertilita’ previste dal Piano Nazionale per la fertilità, elaborato nel maggio 2015 dagli esperti del “Tavolo consultivo in materia di tutela e conoscenza della fertilità e prevenzione delle cause di infertilità”.

In effetti è vero che non è stato colto da tutti lo spirito e la bontà dell’iniziativa. Anche se qualcuno a cui è piaciuta c’è:
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D’altro canto tocca però far notare che oltre a non aver capito noi, non hanno capito nemmeno i giornali.  Antonella Baccaro ha spiegato sul Corriere della Sera che quegli slogan si possono fraintendere:

 A destare qualche legittima perplessità forse è il linguaggio scelto e la decontestualizzazione del messaggio. C’è un dato di fatto sempre registrato dall’Istat: nel 2015 l’età media delle madri al parto è salito a 31,6 anni. Affrontare questo problema con uno slogan come «la bellezza non ha età la fertilità sì» attira di certo l’attenzione, ma anche qualche giusta polemica. Non vi è chi non veda che la possibilità di fare figli è legata a una certa possibilità economica ma soprattutto a una prospettiva stabile. Il livello di precarietà crescente dell’occupazione, soprattutto femminile (tasso di occupazione al 47,8% a fronte di un 57,3% maschile), soprattutto al Sud (dove storicamente le nascite sono copiose) rende difficile «investire»: è calato il numero delle case acquistate dalle giovani coppie, ed è calato anche il numero di figli. Lo slogan nella sua estrema semplicità rischia di suonare beffardo nei confronti delle donne che probabilmente hanno ben presente le scadenze del loro orologio biologico ma che devono fare i conti con una situazione che ormai, se lo fa, si stabilizza sempre più tardi.

E anche Alessandro Rosina su Repubblica ha alcune perplessità:

I dati ci dicono che il tema quindi esiste. Perché allora il Fertility day sta producendo divisioni? Dopotutto il Ministero della Salute fa il suo mestiere informando sulle scelte che producono benessere per i cittadini. Quello che risulta più discutibile è il mettere al centro della questione della bassa natalità la necessità di convincere gli italiani di quanto sia utile per il paese fare figli e quanto sia bello diventare madri e padri. In primo luogo un approccio di questo tipo, come dimostrano anche le reazioni sui social, rischia di ottenere per molti l’effetto contrario. In secondo luogo molte ricerche evidenziano come il numero di figli desiderato dai ventenni italiani non sia più basso rispetto ai coetanei francesi, americani e svedesi. La differenza sta soprattutto nel fatto che i progetti di conquista di una propria autonomia e di formazione di una propria famiglia sono più facilmente realizzabili negli altri paesi avanzati. Se una giovane donna italiana si trova con maggior difficoltà a inserirsi nel mercato del lavoro, ad ottenere una remunerazione adeguata, a conciliare lavoro e famiglia, possiamo pensare di convincerla ad avere figli, nonostante tutto questo, informandola maggiormente sul fatto che se aspetta troppo rischia definitivamente di non averne?

Due giornali che di solito appoggiano il governo non hanno capito, come del resto il 99,9% di quelli che ne hanno parlato ieri. La sapete la barzelletta del matto sull’autostrada?
In copertina: immagine da Lercio

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