Fascisti d'Europa

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-06-19

Tanti piccoli Salvini crescono nella penisola scandinava. L’immigrazione domina il dibattito elettorale in Europa come in Italia, e i gonzi abboccano. E il bello è che i socialdemocratici provano a scavalcarli a destra. E perdono

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Un ventaccio di estrema destra torna a soffiare per l’Europa. Con la conquista di oltre 90 seggi su un totale di 179, i Blu, il blocco conservatore dell’ex premier Lars Lokke Rasmussen, ottiene la maggioranza necessaria per guidare la Danimarca per i prossimi anni. Ma il risultato che più conta è quello del Partito del Popolo Danese: i populisti xenofobi che hanno fatto della bandiera anti immigrazione la loro battaglia principale hanno conquistato il 21,1% dei voti, diventando di fatto il secondo partito del Parlamento. Il Df ha conquistato 37 seggi, tre in più di Venstre (19,5%) e ben 15 in più rispetto alle elezioni di quattro anni fa. Soddisfatto a metà, nonostante la vittoria del blocco di destra, il leader dello schieramento conservatore Lars Lokke Rasmussen: “Venstre ha perso sostegno”, ha ricordato, facendo riferimento al 7% in meno rispetto all’ultima tornata elettorale. Il Corriere della Sera oggi ha pubblicato un’infografica riepilogativa della forza dei fascisti d’Europa, ovvero dei partiti populisti e xenofobi che stanno crescendo oltremisura nei paesi scandinavi.

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L’onda dei partiti populisti e xenofobi in Europa (Corriere della Sera, 19 giugno 2015)

FASCISTI D’EUROPA SULLA CRESTA DELL’ONDA
I fascisti di DF, facendo della bandiera anti immigrazione uno dei temi della loro campagna elettorale, hanno conquistato il 21,1% dei voti, diventando di fatto il secondo partito in Parlamento. I socialdemocratici della premier uscente Helle Thorning-Schmidt restano il primo partito con il 26,3% dei voti, ma hanno ammesso la sconfitta. “Abbiamo perso per un soffio”, ha commentato Thorning-Schmidt, annunciando che si sarebbe dimessa da premier e da leader del partito. L’immigrazione, la crisi economica internazionale, dalla quale la Danimarca sembra essere uscita bene, ed il tema dello stato sociale, hanno dominato il dibattito pre-elettorale. Il governo uscente aveva adottato una posizione più intransigente sul tema delle quote di redistribuzione degli immigrati che è all’ordine del giorno in Europa. Con ondate migratorie sempre più imponenti e la Ue che in apparenza sembra finalmente aver deciso di non voltarsi dall’altra parte, decidendo che i richiedenti asilo vanno redistribuiti, Copenaghen aveva invece ristretto le maglie del suo sistema di accoglienza, facendo appello alla clausola di esclusione che, come Irlanda e Gran Bretagna, la tiene fuori da obblighi relativi al ricollocamento. Un passo che però non ha permesso al governo della Thorning-Schmidt di spuntare le armi degli avversari, tenacemente affezionati alle idee xenofobe e populiste che stanno facendo passi da gigante in Europa. Molto comprensibile: a che serve votare la copia se ho a disposizione l’originale? Bernard Guetta aveva raccontato su Internazionale le peculiarità del Partito del Popolo Danese:

Come la nuova estrema destra olandese, dove gli omosessuali hanno un peso particolare perché vedono nell’islam un nemico della parità di diritti, il Partito del popolo danese è nazionalista in quanto vuole difendere le conquiste sociali dalla presunta influenza negativa dell’immigrazione musulmana. In questo senso il partito mette la xenofobia al servizio di un progressismo fondato su decenni di lotte, e utilizza i metodi dell’estrema destra per conservare le conquiste della sinistra e dei sessantottini.
Il partito non vuole avere rapporti con il Front national francese, a cui rimprovera non soltanto le “profonde radici antisemite” ma anche il suo approccio protezionista, perché il libero scambio è una delle chiavi della prosperità danese e dunque del suo sistema di protezione sociale. Più ancora che i Paesi Bassi, insomma, è la Danimarca che dimostra in che modo l’elettorato di sinistra, operaio e piccolo-borghese, può arrivare al rifiuto degli immigrati, all’ostilità verso l’islam e a una profonda sfiducia nei confronti dell’Unione europea (da cui però non si vuole separare).

Mentre il Corriere ci racconta che le piattaforme dei due grandi partiti erano troppo simili, per non sembrare anch’essi omologati:

Oggi l’economia è in buona salute, per il 2015 la crescita prevista è dell’1,7%. Dall’altra parte il 51enne Rasmussen, il premier che perse la maggioranza nel 2011 dopo aver varato un duro programma di tagli alla spesa, ha avuto buon gioco a presentare i risultati del centro-sinistra come effetti delle riforme varate dal suo esecutivo. I due grandi partiti hanno presentato piattaforme moltosimili. Thorning-Schmidt ha privilegiato solidarietà e giustizia sociale, Rasmussen riduzione delle tasse e opposizione a una maggiore integrazione europea. Vicini anche per stile,«Luxury Lars» — all’Interno e alle Finanze prima di diventare premier nel 2009, qualche scandalo di rimborsi spese — e«Gucci Helle» — negli ultimi tempi più jeansata che griffata,sposata con il figlio dell’ex leader laburista britannico NeilKinnock, protagonista del gossip globale innescato dal selfie con David Cameron e Barack Obama (al fianco di un’indispettita Michelle) alla cerimonia funebre di Nelson Mandelanel 2013 a Johannesburg.

Ieri DF ha festeggiato con You’ll never walk alone, l’inno del Liverpool. L’Europa è avvertita.

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