Il fact checking della lettera di Tim Cook su Apple e le tasse in Irlanda

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-08-31

Ieri, in occasione della “sentenza” della UE che ha deciso che Apple dovrà pagare 13 miliardi di tasse arretrate in Irlanda abbiamo parlato del perché Apple dovrebbe avere almeno la decenza di stare zitta riguardo la storia. Il Corriere della Sera ieri ha pubblicato la lettera di Tim Cook uscita nel blog ufficiale di Apple …

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Ieri, in occasione della “sentenza” della UE che ha deciso che Apple dovrà pagare 13 miliardi di tasse arretrate in Irlanda abbiamo parlato del perché Apple dovrebbe avere almeno la decenza di stare zitta riguardo la storia. Il Corriere della Sera ieri ha pubblicato la lettera di Tim Cook uscita nel blog ufficiale di Apple dopo la sentenza. Oggi un giornale serio come il New York Times ne ha pubblicato un rigoroso fact checking delle affermazioni contenute nella lettera che vi andiamo a esporre per sommi capi.

Tim Cook: Crescendo anno dopo anno, siamo diventati il maggior contribuente in Irlanda, il maggior contribuente negli Stati Uniti e il maggior contribuente al mondo.

Spiega il New York Times che anche se non è lontano dal vero che Apple sia il più grande contribuente del pianeta viste le immense dimensioni della società, lo stesso Cook ha precisato in una testimonianza davanti al Congresso nel 2013 che la sua era soltanto una stima: le informazioni sull’ammontare delle tasse pagate dalle società negli USA sono private, quindi non è possibile affermare con certezza che Apple sia il più grande contribuente del mondo. Tuttavia questa è una falsa questione: Steven Rosenthal,  senior fellow presso l’Urban-Brookings Tax Policy Center, spiega che il punto non è quante tasse paghi Apple, ma quante ne dovrebbe pagare in realtà.

Tim Cook: Come in tutti i Paesi in cui operiamo, in Irlanda rispettiamo la legge e versiamo allo Stato tutte le tasse che dobbiamo.

Questa affermazione è molto lontana dalla verità. Apple, così come altre aziende multinazionale, si avvale delle differenze tra le legislazioni fiscali nazionali spostando denaro in tutto il mondo per risparmiare sulle tasse. La verità è che Apple, pur potendosi permettere di pagare tutte le tasse in ogni paese del mondo, cerca in continuazione modi “legali” per risparmiare il più possibile.

Tim Cook: Il parere della Commissione emesso il 30 agosto sostiene che l’Irlanda avrebbe riservato a Apple un trattamento fiscale di favore. È un’affermazione che non trova alcun fondamento nei fatti o nella legge. Noi non abbiamo mai chiesto, né tantomeno ricevuto, alcun trattamento speciale.

La Commissione Europea ha invece chiarito, e gli esperti di fisco concordano, che l’Irlanda ha lasciato ad Apple la possibilità di determinare quanta parte del reddito che ha generato nel paese sarebbe stato tassato. Le altre entrate di Apple che non sono state tassate in Irlanda potrebbero essere state trasferite in altre strutture aziendali di fatto apolidi. Ciò significa che quel denaro non è imponibile in nessuno stato del mondo, nemmeno in Irlanda. “Negli Stati Uniti si possono offrire sussidi e scappatoie, ma questo è illegale in Europa, ha detto al NYT Edward D. Kleinbard, professore di giurisprudenza presso l’università della California del sud.
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Tim Cook: La mossa senza precedenti della Commissione ha implicazioni gravi e di vasta portata. Di fatto è come proporre di sostituire la normativa fiscale irlandese con quel che la Commissione ritiene avrebbe dovuto essere tale normativa.

In realtà anche questo è falso. La Commissione non si sta sostituendo all’Irlanda nell’imporre una tassazione ad Apple, ma sta semplicemente chiedendo ad Apple di applicare l’aliquota fiscale irlandese e di evitare di utilizzare i metodi che le consentono di eludere gran parte del reddito che genera in Irlanda per pagare ancora meno.

Tim Cook: Nel caso di Apple, quasi tutte le operazioni di ricerca e sviluppo si svolgono in California, quindi la stragrande maggioranza dei nostri profitti è tassata negli Stati Uniti.

Questo è parzialmente vero. La maggior pèarte dei profitti di Apple è in effetti tassata negli Stati Uniti, ma l’azienda ha trattenuto anche più di duecento miliardi di dollari di profitti accumuulati offshore. Quel denaro un giorno potrebbe essere portato in aziende di casa e tassato, ma questa sarebbe una decisione di Apple.
Infine, noi aggiungiamo che la Apple ha sostenuto che con la sentenza si viene meno al principio che gli stati possano decidere quanto tassare imprese e cittadini. Ma le cose stanno diversamente. In realtà ciò che viene contestato ad Apple è di essersi accordata con il governo irlandese per uno sconto individuale, che ha portato l’aliquota effettivamente pagata addirittura allo 0,005%. Tale accordo, spiega il Financial Times, risale al 1991 e prevede che alcune sussidiarie di Apple non abbiano alcuna residenza fiscale. In questo modo, Apple non paga tasse né in Irlanda, né negli USA, né altrove:

“But these Irish entities paid little tax because they were not tax resident anywhere — a structure that exploited differences between the US and Irish definitions of residence.”

Paradossalmente quindi la Commissione Europea sta esattamente difendendo la sovranità nazionale dell’Irlanda, cercando di obbligare il suo governo a riconoscere che le sussidiarie di Apple hanno una sede fiscale e non sono entità sovranazionali o a-nazionali. Un vero peccato che nessun media italiano abbia pubblicato la lettera senza prendersi la briga di valutarne le affermazioni. Ma Apple, oltre che un grande contribuente, spende anche un sacco di soldi in pubblicità. E in Italia tengono tutti famiglia.

Leggi sull’argomento: Perché Apple dovrebbe avere almeno la decenza di stare zitta (e pagare le tasse dovute)

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