Facebook sa tutto di te e non lo sapevi

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-01-10

Condividere bufale su Facebook che “ruba” i nostri dati non aiuta a capire in che modo siano gli utenti a regalare quei dati a Facebook. E a volte chiedendo il backup delle informazioni del nostro account si scopre che il social di Zuckerberg sa più cose di quante pensassimo.

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Cosa sa Facebook di noi? La risposta più semplice è: quello che gli diciamo. Definizione che comprende i post e i commenti che lasciamo in giro, le foto e i luoghi fisici dove veniamo taggati, naturalmente le nostre preferenze e i nostri gusti e la nostra cerchia di amici e conoscenti. Diciamo che questi sono elementi più o meno pubblici ed intenzionali della nostra vita online sul social network. Ci sono poi alcuni aspetti più privati, ad esempio le conversazioni e le chat che transitano sui server di Faceboook, ed altri dati della cui produzione e “cessione” non siamo realmente consapevoli e no, non si tratta della bufala su Mark Zuckerberg che ha chiesto e ottenuto l’accesso ai nostri profili.
facebook data log

Se la “colpa” è sempre dell’utente

La questione era già stata sollevata l’anno scorso da Salim Virani ed ha spinto Simone Margaritelli a scrivere su Medium per invitare a disinstallare Messenger di Facebook e WhatsApp. Il motivo? La privacy naturalmente. Non si tratta di un articolo dai toni apocalittici, semmai è un’analisi molto semplice dei dati che forniamo a Facebook tramite la App che quasi tutti hanno installato sul proprio smartphone senza saperlo. Un conto infatti è dire “tutto quello che Facebook sa è perché siamo noi a dirglielo” che riguarda l’attività che svolgiamo quando utilizziamo il social di Zuckerberg (ad esempio possiamo vedere quali post sponsorizzati abbiamo cliccato). Un’altra cosa è scoprire che – sempre perché noi glielo lasciamo fare, ma questa volta senza rendercene bene conto – Facebook ha un duplicato del nostro registro chiamate. E non stiamo parlando delle chiamate tramite Messenger ma delle telefonate (e degli SMS) che inviamo dal nostro dispositivo. In pratica Facebook è in grado – se glielo consentiamo – di avere accesso alla cronologia delle telefonate che effettuiamo. Questo non significa ovviamente che Facebook ascolti le nostre conversazioni ma che “sa” con chi parliamo al telefono. Se volete sapere cosa Facebook sa di voi – vale a dire ciò che in un modo o nell’altro gli avete detto – è molto interessante scaricare una copia del backup dei dati del nostro account: è una lettura istruttiva.
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Cosa comporta rinunciare a Facebook?

Il tutto è reso possibile da uno degli aggiornamenti di Messenger che consente di sincronizzare la rubrica del telefono con l’applicazione e soprattutto di visualizzare gli SMS direttamente tramite Messenger. Ovviamente si può – e in molti lo hanno fatto – disattivare questa opzione. Di fatto siamo sempre noi utenti a consentire a Facebook di raccogliere informazioni anche se i TOS (ovvero le condizioni di applicazione del servizio) non sono scritti in piccolissimo e sono abbastanza chiaro di solito non facciamo poi troppo caso a quello che sottoscriviamo. Succede così che, come è successo a Margaritelli, scaricando una copia dei propri dati di Facebook (cosa che si può fare dal pannello di controllo) si scopre che Facebook ha un log del registro chiamate. Oppure che – sempre a causa della sincronizzazione – nei Facebook Data ci finiscano anche foto presenti sul dispositivo mobile ma mai caricate sulla piattaforma. Diamo per acclarato che non è fatto a nostra insaputa perché abbiamo acconsentito noi a che Facebook raccolga anche quei dati, resta da chiedersi perché per Facebook sia importante o utile conservarli. A voler essere paranoici potremmo arrivare a dire che Facebook ci sta spiando in maniera sistematica (il fine ultimo quale sarebbe? La vendita delle informazioni?) oppure possiamo accontentarci della spiegazione secondo la quale tutte le piccole innovazioni per rendere Facebook più integrato con la nostra vita servano per rendere le pubblicità più mirate (e per farci vedere quello che “realmente” ci interessa) ma alla prova dei fatti non sempre è così. Se non vogliamo dare queste informazioni a Facebook – e ci fidiamo del fatto che Facebook rispetti la nostra decisione – la soluzione è quella di fare a meno di certi servizi aggiuntivi (che possono sempre essere disattivati). Se invece non ci fidiamo di Facebook (o di WhatsApp o di altri servizi che accedono ad informazioni che riteniamo essere riservate) l’unica strada è quella di disattivare l’account, con la consapevolezza però che quei dati che abbiamo ceduto rimarranno sempre lì, fino ad un nostro eventuale ritorno. Non dobbiamo dimenticare però che ormai se non puoi fare log in tramite Facebook risulta molto più complicato (quando non impossibile) utilizzare servizi di terze parti che si appoggiano al nostro account personale (pensiamo ad esempio a Spotify o a certe App per il fitness). Rinunciare a Facebook non è più solo dire “addio” agli amici e ai contatti ma anche ad un network di applicazioni che usiamo quotidianamente senza renderci conto quanto sia centrale il social di Zuckerberg per potervi accedere in modo facile. Ad esempio dopo aver disattivato l’account Facebook associato a Spotify sarà necessario creare un nuovo account “indipendente” nel quale però non ci sarà la history della nostra playlist, ovvero la cronologia degli ascolti. Dobbiamo quindi accettare passivamente tutto quello che Facebook decide ci andrà bene per paura di perdere molti benefici o complicarci la vita? La mia risposta è no, possiamo limitare la quantità di informazioni che cediamo, agendo sulle impostazioni della privacy e controllando regolarmente la loro applicazione. Questo naturalmente sta a ciascuno sceglierlo – come ad esempio scegliamo di associare il numero di cellulare al nostro account e di rendere rintracciabile il nostro profilo tramite una ricerca basata sul numero telefonico – ma gli utenti devono sapere quanto le informazioni personali siano imbricate all’interno di un certo tipo di esperienza social della Rete e di quanto Facebook sia al centro di questa esperienza.

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