Ettore Majorana vivo in Venezuela tra 1955 e 1959

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-02-04

Il grande scienziato che lavorò con i ragazzi di via Panisperna nelle ricerche sull’atomo era scomparso misteriosamente nel 1938. Un testimone ha raccontato di averci parlato e averlo frequentato a Valencia, dove viveva sotto falsa identità

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Ettore Majorana, il fisico di Catania che scomparve nel 1938 a 31 anni dopo essersi imbarcato su un piroscafo che da Palermo portava a Napoli, era vivo e si trovava in Venezuela dal 1955 al 1959. Questa la conclusione a cui è giunta la procura di Roma nell’inchiesta aperta nel 2008 dopo una segnalazione a “Chi l’ha visto?” e archiviata in questi giorni: lo scienziato si trasferì all’estero, «permanendo in Venezuela, almeno, nel periodo tra il 1955 e il 1959». Un trasferimento che il procuratore aggiunto Piefilippo Laviani definisce volontario essendo stati acquisiti, nel corso degli accertamenti, elementi «per poter escludere la sussistenza di condotte delittuose o autolesive contro la vita o contro la libertà di determinazione e movimento di Majorana». Che cosa abbia fatto il fisico siciliano nel Paese sudamericano difficilmente si saprà, «stante l’inerzia degli organi diplomatici venezuelani richiesti di notizie, seppure fuori dall’ambito di rogatoria giudiziaria».

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L’annuncio della scomparsa di Ettore Majorana

ETTORE MAJORANA VIVO IN VENEZUELA TRA 1955 E 1959
A parlare di Majorana vivo in Venezuela fu per primo Francesco Fasani, che a Chi l’ha visto? prima e davanti agli inquirenti poi affermò di aver conosciuto a Valencia in Venezuela un certo signor Bini, nel 1955. All’epoca Fasani era arrivato come emigrato, come tanti italiani che lavoravano nelle piattaforme petrolifere per accumulare un gruzzolo e poi tornare in patria. Majorana si faceva chiamare signor Bini, e a dargli conferma dell’identità dello scienziato fu un certo signor Carlo, mai individuato dalle indagini ma indicato da Fasani come un rappresentante di spicco della comunità italiana a Valencia. Nel corso delle sue audizioni, si legge nel provvedimento di archiviazione, Fasani «ebbe a descrivere Bini-Maiorana come un uomo di mezza età, con cui non entrò mai in intimità stante una esasperata riservatezza, continuandolo a chiamarlo sempre signor Bini e senza mai apprenderne il nome di battesimo, frequentazione caratterizzata dal fatto che Fasani lo accompagnava spesso nell’autovettura in possesso di Bini, una StudeBaker di colore giallo». Secondo il rascconto di Fasani Majorana era riservato e cercava di evitare contatti con gli italiani che vivevano in Venezuela. Avrebbe convissuto, sempre secondo il racconto di Fasani, con una donna in un paesino che si chiamava San Raphael e si trovava a metà strada tra Maracai e Valencia. La prova che ha permesso il riconoscimento di Majorana è una foto, che il fisico si fece scattare, secondo il racconto, insieme a Fasani in cambio di un prestito di denaro. Per la procura, la circostanza che tale fotografia fu scattata sui gradini di uno sportello di cambio ha dato valore a questa affermazione.
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Le foto di Majorana e del signor Bini a confronto (fonte)

Questa stessa foto, che poi Fasani spedì ai suoi parenti italiani come cartolina di saluto con dietro l’indicazione Bini-Maiorana e la data 12 giugno 1955 Valencia, Venezuela, è stata esaminata dai Ris dei Carabinieri per la comparazione dei dati fisiognomici di Bini-Maiorana con quelli appartenenti al suo nucleo familiare e, in particolare, con l’immagine del padre dello scienziato, Fabio Maiorana, quando aveva la stessa età del figlio (cioe’ 50 anni). E, scrive la procura, «i risultati ottenuti dalla comparazione hanno portato alla perfetta sovrapponibilità delle immagini di Fabio Majorana e di Bini-Majorana, addirittura nei singoli particolari anatomici quali la fronte, il naso, gli zigomi, il mento e le orecchie, queste ultime anche nella inclinazione rispetto al cranio». Altro dettaglio decisivo ai fini delle indagini, poi, e’ una cartolina, risalente al 1920, a firma di Quirino Majorana, zio di Ettore, che Fasani prese dall’auto del signor Bini: quella cartolina fu poi regalata al fratello Claudio Fasani che agli inquirenti ha consegnato la riproduzione fotostatica della stessa, effettivamente firmata dallo zio di Ettore con data del 24 settembre 1920. La cartolina era diretta a un certo W.G.Conklin negli Usa: in tale missiva Quirino Majorana comunicava l’andamento delle esperienze di laboratorio volte alla individuazione della natura della forza di gravità, facendo riferimento a suggerimenti che Conklin gli aveva esposto in precedenza. «Il reperimento di siffatta missiva – è la conclusione del procuratore aggiunto Laviani – nell’auto di Bini conferma la vera identità di costui come Ettore Majorana, stante il rapporto di parentela con lo zio Quirino, la medesima attività di docenti di fisica e il frequente rapporto epistolare già intrattenuto tra gli stessi, avente spesso contenuto scientifico».

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