Ecstasy buona ed ecstasy cattiva

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-08-13

La distinzione contestata da Gino Rigoldi sul Corriere

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Il Corriere della Sera pubblica oggi un articolo a firma di Gino Rigoldi in cui l’educatore e presbitero parla della distinzione tra ecstasy buona ed ecstasy cattiva, prendendo spunto dalle parole del procuratore di Messina a proposito della morte di Ilaria Boemi. Rigoldi dice che non esiste ecstasy buona ed ecstasy cattiva:

I ragazzi si fidano dell’amico o dello spacciatore spesso incontrato per caso. In realtà quasi nessuno per non dire nessuno sa cosa c’è veramente nel beverone o nella pastiglia. Questi prodotti arrivano dall’Est europeo, dall’Africa oppure dalla cucina di un chimico improvvisato che prova a inventare composti nuovi per gioco o per guadagno. È che i nostri ragazzi e le nostre ragazze vogliono lo sballo e si comportano con la supponenza tipica dell’età giovanile che induce a trasgredire e a credere di sapere tutto delle droghe come del sesso o di altri comportamenti di piacere o di evasione. La repressione è una scelta qui particolarmente difficile perché i composti sono sconosciuti e spesso fuori dalle tabelle delle sostanze stupefacenti; la repressione dovrebbe riguardare anche la techno, la musica per i «pasticconi», talmente esasperata nei toni e nei ritmi che, secondo molte opinioni, può essere ascoltata solo grazie al supporto di sostanze stupefacenti.

ecstasy buona cattiva
Secondo Rigoldi però la repressione non avrà effetti positivi sul consumo di ecstasy:

La strada da seguire è quella di incontrare, ascoltare, discutere, parlare con i nostri giovani in tutti i posti dove si radunano, comprese le discoteche. È indispensabile l’ascolto ma è anche necessario che chi incontra i giovani abbia una vera competenza sulle sostanze e soprattutto una grande capacità di relazione, perché ogni discorso educativo parte dalla certezza di essere ascoltati, di valere, essere importanti per l’adulto che ti parla, magari dissente ma anzitutto ascolta, cerca di capire e poi propone la sua competente opinione. Molte realtà del pubblico e del privato sociale hanno già fatto esperienze del genere. Si tratta di ripensare e di ricominciare. Soprattutto ripensare perché gli adolescenti di oggi sono tanto più ricchi di conoscenze confuse ma tanto più poveri di relazioni importanti.

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