DEF: il governo a caccia di dieci miliardi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-04-04

Il Documento di Economia e Finanza al CdM venerdì, con l’intenzione di sfruttare ancora la flessibilità concessa da Bruxelles. Attenzione a non far scattare le clausole di salvaguardia. In vista un riordino delle tasse sulla casa

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Una manovra da dieci miliardi, con cinque miliardi di dividendo dello spread e altri soldi che arriveranno dalla volontary disclosure in seguito agli accordi con i paradisi fiscali, e un riordino promesso per le tasse sulla casa, con una local tax che prenderà il posto di Imu e Tasi. Questi i saldi del Documento Economico Finanziario che il governo Renzi dovrebbe approvare venerdì nel consiglio dei ministri, in largo anticipo rispetto alle abitudini degli esecutivi italiani ma con la possibilità di modificare saldi e posti nella legge di stabilità di fine 2015. Il primo obiettivo è evitare che scatti la clausola di salvaguardia di aumento dell’IVA e delle accise che dovrebbe scattare nel 2016. Ma c’è anche l’intenzione di preparare una manovra più espansiva possibile, in linea con quanto detto dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan nell’ultima audizione parlamentare.
 
DEF: IL GOVERNO CERCA DIECI MILIARDI
Repubblica oggi anticipa in un articolo a firma di Roberto Petrini parte del piano per il DEF. «Il governo -spiega il documento – si impegna ad assicurare ulteriori risparmi pari a 0,45 punti percentuali del Pil nel 2016», sottolinea la bozza del Programma di stabilità, l’altro documento del pacchetto da spedire alla Commissione europea. Si tratta dunque di 7,2 miliardi che andrebbero a sterilizzare l’aumento dell’Iva, ai quali si aggiungeranno «ulteriori risparmi strutturali che verranno dalla revisione dell’insieme delle tax expenditures come previsto dai decreti attuativi della delega fiscale».

Sono otto i punti di intervento sui quali si agirà per ridurre sprechi e rendere più efficace la spesa pubblica. Per gli enti locali si prevedel’allineamento delle regoledel Patto di stabilità interno a quelle europee: pareggio di bilancio,costi standard e pubblicazione on line degli indici di performance. Nel mirino le aziende municipalizzate: in particolare il documento cita le aziende di trasporto pubblico e quelle di raccolta dei rifiuti che «soffrono di gravi e crescenti criticità di costo». Terzo punto d’attacco i 10 mila capitoli di spesa dello Stato centrale e la riorganizzazione di Prefetture e delle altre strutture periferiche.
Al quarto punto la creazione di una «unità indipendente di valutazione» degli investimenti pubblici al fine di ridurre i costi. Sul Welfare, il Def annuncia una stretta sulle pensioni di invalidità finalizzata a eliminare le differenze tra Nord e Sud e alla creazione di un nuovo modello di assistenza che ottimizzi il coordinamento tra Inps, Comuni e Asl. Maggiore impatto anche della centrale degli acquisti per i beni della Pubblica Amministrazione. Al settimo e ottavo punto: la razionalizzazione delle detrazioni fiscali e la «ricognizione» degli incentivi alle imprese per una «successiva razionalizzazione». Nel Pnr si parla anche di riforma della tassazione locale sugli immobili.

Importante anche segnalare che ci si aspetta di poter spendere lo 0,5% del PIL derivanti dalla maggiore flessibilità messa a disposizione dall’Unione Europea. Ovvero, la stessa clausola usata per la legge di stabilità 2015, che alla fine ha passato l’esame di Bruxelles. «L’utilizzo delle due clausole consentirebbe di bypassare l’ulteriore necessità di ridurre il deficit dello 0,3 per cento per rispettare la discesa verso il pareggio di bilancio strutturale prevista per il 2016 e pari a circa 5 miliardi. Se si considerasse anche questo aspetto infatti le necessità della legge di Stabilità 2016 salirebberoa 15 invece dei 10 miliardi previsti».
 
LE TASSE SULLA CASA
Il progetto di revisione delle tasse sulla casa è illustrato da Mario Sensini sul Corriere della Sera. Nel Documento di Economia e Finanza si parla di una Local Tax che potrebbe anche assorbire tributi finora riscossi dai comuni. Per quanto riguarda il Pil il Tesoro sta ancora ragionando: l’ipotesi al momento più accreditata è che si arrivi per l’anno in corso a un +0,7%. Ma c’è anche l’ipotesi di segnare un più ottimistico +0,8% un po’ frenato però dai dati non buoni sulla produzione industriale e fatturato-ordinativi arrivati di recente dall’Istat. Crescita che comunque, al netto di fenomeni esogeni negativi, dovrebbe rafforzarsi nel 2016. A far ben sperare il Governo ci sono diversi elementi positivi: un prezzo del petrolio ai minimi, le poderose iniezioni di liquidità che arrivano dalla Bce, il risparmio in termini di spread, un livello prossimo alla parità dell’euro che assicura un buon volano alla ripresa dell’export. Il tutto nella speranza inoltre che, grazie agli ultimi interventi normativi (la decontribuzione per i nuovi assunti stabili innanzitutto) possa ripartire anche l’occupazione trainando anche i consumi interni che continuano a languire. Tanto che i più vicini all’attività economica, cioè i commercialisti, continuano a dire che “la possibile ripresa economica stenta ancora a farsi percepire”, ed esprimono “grande preoccupazione per la situazione delle piccole imprese e del mondo del lavoro autonomo in generale, per i quali mancano anche minimi segni di ripartenza, mentre persistono segnali di depressione economica”. E anche sul fronte consumi Confcommercio spiega che “A febbraio i consumi degli italiani sono tornati a scendere per la prima volta in sei mesi segnando -0,1% rispetto a gennaio, pur in un trend positivo evidenziato dalla crescita tendenziale dello 0,4% e dalla media mobile a tre mesi in miglioramento”. Sul fronte europeo l’Italia punta a sfruttare al massimo la flessibilità già concessa: si tratterebbe insomma di alzare (sempre sotto il 3%) l’asticella del deficit. Ad esempio quello 2015 sarebbe fissato al 2,6% del Pil, rimarrebbero quindi 0,3 punti (4,8 miliardi) da impiegare. E lo stesso varrebbe nel 2016 quando il livello di deficit verrebbe fissato all’1,8% del Pil per poi arrivare ad un sostanziale pareggio nel 2017. Ma per far crescere il Paese e disinnescare contemporaneamente le clausole di salvaguardia le risorse non basterebbe. Si guarda così alla spending review che dovrebbe fruttare tra 2015 e 2016 circa 10 miliardi (più di 3 miliardi quest’anno ed oltre 6 l’anno prossimo). Ma si punta anche alla revisione degli ‘sconti fiscali’ già quest’anno (le ‘tax expenditure’). Mentre verrebbe confermato il programma di privatizzazioni e dismissioni che però, come noto, è fortemente influenzato dalle condizioni e dall’andamento del mercato. Frutterebbe un punto di Pil da quest’anno al 2018

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