Davide Grasso: il foreign fighter italiano che ci mette in crisi sulla "nostra" guerra all'ISIS

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-09-05

C’è chi dice che l’esponente NO TAV è un pericoloso criminale e per questo il centro sociale Askatasuna andrebbe chiuso. Ma la storia dei foreign fighters anti-ISIS ci aiuta anche a chiederci in che modo vogliamo risolvere la situazione siriana

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Qualche giorno fa su YouTube è stato pubblicato un video delle Forze Siriane Democratiche dove compare anche Davide Grasso, un foreign fighter italiano che si è unito alle brigate curde del YPG per combattere l’ISIS in Siria. Nel suo discorso Grasso, con il volto coperto, critica l’operato della comunità internazionale, in particolare del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e dell’alto commissario dell’Unione Europea agli Affari Esteri Federica Mogherini per “l’imbarazzante” stato dei rapporti dell’Italia e della UE con la Turchia del “sultano Erdogan” che “da anni appoggia tutti i gruppi più reazionari che agiscono in Siria – compreso l’Isis“.

La questione della presenza di un combattente italiano nelle fila di coloro che combattono il gruppo Stato Islamico è delicata. Di certo Grasso non è il primo a partire dall’Italia per andare a combattere in Siria, ma fin’ora la maggior parte dei foreign fighters italiani si era unita alle milizie del Califfato. Il nostro concittadino ha invece deciso di prendere parte alla lotta di liberazione del Paese dall’ISIS, è lo stesso un terrorista? Se ci limitiamo a quello che dice la legge a proposito di combattenti stranieri sul teatro di guerra siriano coloro che vanno all’estero ad aiutare organizzazioni terroristiche internazionali sono perseguibili per il reato di terrorismo internazionale. Le brigate YPG sono un’emanazione del PKK, il partito del lavoratori del Kurdistan, che è considerato un’organizzazione terroristica sia dagli Stati Uniti che dall’Unione Europea (ma non dalle Nazioni Unite). In ogni caso sembrano esserci sufficienti elementi per accusare Grasso di terrorismo internazionale anche se agli occhi di tutti le milizie del YPG combattono dalla parte “giusta” (ma nelle sabbie mobili siriane è davvero impossibile dirlo) ovvero contro l’ISIS per la liberazione del Paese dagli uomini del Califfato. Le milizie curde combattono però anche contro Assad, ovvero il legittimo – vale a dire quello riconosciuto dalla comunità internazionale – governo siriano. Inoltre, come fa notare Grasso nel suo video messaggio, le Forze Siriane Democratiche sono state escluse da qualsiasi negoziato di pace riguardante la Siria.
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Davide Grasso: il foreign fighter italiano

In seguito alla pubblicazione da parte di Repubblica (che l’anno scorso parlava con tutt’altro tono dei volontari anti ISIS) di un reportage su Grasso, che viene definito latitante a causa di un mandato di cattura spiccato nei suoi confronti in seguito all’occupazione del cantiere del TAV a Chiomonte (è stato condannato a sei mesi di carcere). Grasso, laureato in filosofia a Torino, è anche un noto esponente del centro sociale Askatasuna nonché attivista NO TAV. Lui però non ci sta a farsi chiamare latitante, spiegando su Facebook che

Vorrei solo chiarire una cosa riguardo a questo articolo: che io nel 2013 non mi sia presentato al salone del libro alla presentazione del mio libro di racconti su New York per paura di polemiche, e’ una versione dei fatti piuttosto infamante. Non mi presentai:
1. Perche’ durante quel periodo avevo trovato un lavoretto all’estero e con i tempi che corrono rinunciare a un posto di lavoro, magari solo per farsi arrestare, e’ una scelta gravosa;
2. Perche’ avevo delle cose da fare;
2. Perche’ non volevo dare l’impressione di usare la causa No Tav per fare pubblicita’ al mio libro, visto che l’intento era semmai l’opposto.
Sono onorato di far parte del movimento No Tav e, se sono stato processato, e’ per essermi contrapposto con decine di migliaia di persone alle piccole e grandi mafie che devastano l’Italia, e in particolare la Val Susa, per i propri interessi privati.
Quanto dovevo nell’interesse della verita’.

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Per Stefano Esposito su Facebook si richiama alla legge antiterrorismo ma arriva anche a chiedere lo sgombero del centro sociale Askatausuna, perché è un “luogo opaco dove la pratica violenta è il primo comandamento”. Nonostante la sua vicinanza al popolo curdo e una posizione fortemente critica nei confronti di Erdogan Esposito ritiene Grasso un individuo pericoloso (del resto per Esposito i NO TAV sono anche peggio) ma non risulta che attualmente il foreign fighter torinese sia accusato di terrorismo internazionale. E chiedere lo sgombero di un centro sociale solo perché uno dei suoi esponenti è in Siria a “imparare ad usare un mitra” (senza che siano state formalizzate accuse a suo carico) è naturalmente ridicolo. Del resto Esposito, che è Senatore del partito che è al Governo in Italia potrebbe incanalare il suo sostegno al popolo curdo nei luoghi deputati a farlo.
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I giovani occidentali che combattono l’ISIS

Lasciata da parte la questione meramente giudiziaria riguardante l’interpretazione legale della militanza di Grasso nel YPG resta sul terreno l’interrogativo più importante, cosa pensare dei giovani occidentali che vanno a combattere l’ISIS in Siria? Sono terroristi? Qualcuno ha tirato fuori un esempio simile nella storia europea: la Guerra civile spagnola che ha visto accorrere – dall’Italia ma non solo – giovani combattenti delle Brigate Internazionali schierate con i repubblicani e fascisti schierati con Franco e i falangisti. Si potrebbe anche riflettere sull’esperienza dei partigiani e dei militari italiani che hanno appoggiato l’esercito di Tito nella lotta di liberazione dal nazifascismo. Ma sono solo esempi che non ci consentono di afferrare la complessità di una scelta. Partiamo da una semplice domanda: quella siriana è anche una guerra “nostra”? In fondo l’ISIS ha attaccato più volte l’Europa e minacciato anche il nostro Paese. Quante volte poi abbiamo letto sui giornali delle eroiche gesta delle combattenti curde che hanno liberato la città di Kobane nonostante le interferenze turche che hanno favorito la permanenza dell’ISIS nella regione. I curdi del YPG vanno bene quando combattono l’ISIS ma se ci sono dei nostri concittadini a farlo, come volontari, la loro battaglia non dovrebbe cambiare di significato, diventa terrorismo (non stiamo parlando qui della legge). Il fatto che i governi occidentali non abbiano ancora deciso da che parte stare (con la Turchia che bombarda i curdi e aiuta l’ISIS? con Assad che a conti fatti è un dittatore? con i “ribelli” che spesso sono anche qaedisti?) non rende certo più facile inquadrare il ruolo dei nostri connazionali che lottano contro il gruppo Stato Islamico. Al di là delle facili generalizzazioni di Esposito, che usa la vicenda solo per menare un fendente contro i NO TAV in Italia la presenza di occidentali che combattono in Siria contro l’ISIS solleva una questione fondamentale: cosa devono fare i cittadini europei che hanno assistito al fallimento (o meglio all’inerzia e all’indolenza) della politica estera dell’Unione e continuano a leggere le notizie di civili massacrati? Per alcuni la risposta sono le manifestazioni di solidarietà, per altri è l’accoglienza dei profughi mentre per una sparuta minoranza la soluzione è andare a combattere il nemico comune. Ma la presenza di Grasso in Siria non è solo legata alla voglia di essere il primo ragazzo del suo palazzo a fare centro dentro qualcuno, quanto al partecipare ad un esperimento, quello del Rojava (il Kurdistan occidentale) e della ricerca di una maggiore autonomia del popolo curdo (in Siria, in Iraq settentrionale e in Turchia) dai singoli governi nazionali. In un certo senso Grasso ha messo a nudo il fatto che quando pensiamo alla guerra siriana (o a qualsiasi guerra) la maggior parte di noi si comporta da tifoso: siamo contro Erdogan, esaltiamo l’interventismo di Putin, lodiamo le donne curde oppure ci indigniamo perché gli USA hanno creato l’ISIS. E poi?

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