Il curioso concetto di evasione fiscale di Luigi Di Maio

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-07-26

Il Vice Presidente della Camera scopre oggi che quest’anno il Canone RAI si paga nella bolletta elettrica di luglio. Ma non è tutto qui, perché Di Maio ci tiene a sottolineare che la tassa più odiata dagli italiani è “un’imposta imprevista”. Chissà cosa hanno da dire invece quelli che il Canone lo hanno sempre pagato

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A Luigi Di Maio non la si fa, il Vice Presidente della Camera ha scoperto che il Governo Renzi ha imposto l’ennesimo balzello per mettere le mani nelle tasche degli italiani. Di cosa si tratta? Di una nuova tassa, denominata Canone RAI. Proprio così, per Luigi Di Maio ogni occasione è buona per dare la colpa a Renzi ed ecco che l’introduzione, ampiamente annunciata e discussa, del pagamento della tassa più odiata dagli italiani nella bolletta elettrica diventa “l’ennesimo balzello”.
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Canone RAI, Governo ladro

Ma c’è di più, perché secondo il pentastellato il pagamento del Canone RAI è una “spesa imprevista“. Per Di Maio sembra davvero che questo fantomatico “Canone” sia qualcosa di nuovo. Eppure il Canone è stato introdotto nel lontano 1938; possibile che Di Maio non ne abbia mai sentito parlare? Qualcosa non torna, partiamo dalla novità di quest’anno: il Canone RAI non si paga più a inizio d’anno tramite il solito bollettino ma, come abbiamo spiegato qui, qui e qui, da quest’anno il pagamento viene addebitato sulla bolletta elettrica di luglio. Questo perché il legislatore parte dal presupposto che alla presenza di un’utenza per la fornitura di energia elettrica in un’abitazione corrisponda quella di un apparecchio televisivo. Il gestore dell’energia fa quindi da sostituto d’imposta e non si tratta di un “balzello sulla bolletta elettrica” come vuole far credere Di Maio. Naturalmente ci sono alcuni casi in cui non è così, ma sta al cittadino dimostrare di non avere un televisore (o un apparecchio in grado di ricevere le trasmissioni televisive). Chi rientra in questa casistica aveva la possibilità di presentare, entro il 10 maggio, la domanda per l’esenzione dal Canone (se la domanda è stata presentata entro il 30 giugno allora l’esenzione si applicherà solo sulla seconda rata); la richiesta di esenzione dovrà essere presentata ogni anno. L’altra “novità” è che il Canone RAI si pagherà a rate: quest’anno sono previste due sole rate (la prima è quella di luglio), ma dall’anno prossimo il Canone verrà suddiviso, pare, in più rate bimestrali. Infine, grazie a questo sistema di pagamento per quest’anno l’importo complessivo del Canone sarà ridotto a 100 euro. Questo per quanto riguarda il Canone RAI 2016, non proprio una novità nel panorama delle tasse in Italia. Eppure per Luigi Di Maio si tratta di una “tassa imprevista”. Il che è doppiamente ridicolo visto che chi paga il Canone, ovvero chi non evade le tasse, lo ha pagato ogni anno, generalmente entro la fine di febbraio.
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Luigi Di Maio scopre il Canone RAI

Forse il problema di Di Maio è che da quest’anno è molto più difficile evaderlo? Cosa dobbiamo dedurre da questa affermazione del Vice Presidente della Camera, forse che lui il Canone non lo ha mai pagato? Non si capisce altrimenti come sia possibile che un’imposta dello Stato possa essere considerata una spesa imprevista. Spese impreviste possono essere quelle di manutenzione straordinaria della casa, un guasto della macchina o spese per accertamenti medici improvvisi. Difficile però sostenere che il Canone RAI sia una spesa (è una tassa) e tanto meno che sia qualcosa di imprevisto. L’uscita di Di Maio, che ha raccolto parecchi consensi nei commenti su Facebook dove in molti si sono lamentati di dover pagare questa tassa “ingiusta”. Altri invece hanno fatto notare all’onorevole Di Maio che la tassa non è affatto nuova né imprevista e hanno sollevato diversi dubbi sul fatto che l’abbia mai pagato. Ma del resto la posizione del M5S sul Canone RAI è sempre stata questa, qualche tempo fa Alessandro Di Battista a margine di una discussione parlamentare aveva annunciato di voler spiegare ai cittadini come non pagare il Canone.

Perche’ noi cittadini dobbiamo pagare il canone a voi per mentirci? Di fatto avete lottizzato la Rai inserendo personaggi vostri anche ultimamente a Raitre. Lei si chiama Lotti e ha lottizzato. Io, sottosegretario, la televisione non ce l’ho, il canone non lo pagherò e spiegherò ai cittadini come non pagarlo. Sarà un piccolo atto rivoluzionario

Al di là che sembra incredibile che un uomo di comunicazione come Di Battista non abbia la televisione, non risulta nemmeno che il Dibba abbia poi davvero messo in pratica i suoi propositi e dato corso al suo “piccolo atto rivoluzionario”, forse qualcuno gli ha spiegato che in italiano si tratta di evasione fiscale, e non c’è nulla di rivoluzionario.

Gli stipendi dei dirigenti RAI

Ma in realtà il post di Di Maio è solo un pretesto per tornare aparlare degli stipendi d’oro dei dirigenti RAI ovvero di quei dirigenti il cui stipendio sfora il tetto dei 240 mila euro l’anno. Una questione che – strano a dirsi – è esplosa nelle mani del Partito Democratico e che il Movimento 5 Stelle sta cavalcando da qualche giorno. Era aprile del 2014 quando il governo Renzi varava la cosiddetta ‘norma Olivetti’: un amministratore delegato può guadagnare al massimo dieci volte la busta paga di un suo dipendente. Tra le pieghe della normativa – il primo passo del decreto legge risale addirittura al governo Monti nel 2011, con i tagli imposti dalla spending review – e sempre in quel mese scattava il decreto ministeriale (n.166 del 24 dicembre 2013) che stabiliva un tetto ai compensi degli amministratori delle società non quotate controllate dal ministero dell’Economia. Il tetto di 240mila euro invece valeva per i manager della Pubblica Amministrazione:

“A decorrere dal 1º maggio 2014 il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione previsto dagli articoli 23-bis e 23-ter del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni e integrazioni, è fissato in euro 240.000 annui“

Per quanto riguarda le società partecipate dal ministero del Tesoro, però, la norma riguardava non i “manager”, ma i consiglieri d’amministrazione e il presidente. Tutte le altre figure – e quindi anche i direttori di rete e i capistruttura – restavano fuori dall’effetto dei cambi di legge. A giugno 2015, però, il Cda della Rai, su proposta di Carlo Gubitosi, aveva deliberato che a tutta l’azienda si applicasse il tetto fissato dalla legge per la Pubblica amministrazione: 240 mila euro. Anche per Gubitosi e Tarantola, all’epoca già in scadenza di mandato. E per tutte le tante figure apicali che negli anni si sono accumulate qua e là per l’azienda, strapagate anche quando cambiano incarico. Gubitosi ha poi rinunciato all’assunzione a tempo indeterminato. Ma la storia non finisce qui. Perché quando la legge venne prolungata dal perimetro delle società a partecipazione pubblica sottoposte agli obblighi erano uscite le società quotate e le società che emettevano obbligazioni (ovvero, chiedevano prestiti) sul mercato. Dovendo competere sul mercato era giusto che scegliessero i manager migliori eventualmente pagandoli di più senza vincoli, era il ragionamento. Questo escluse dal computo all’epoca Eni, Enel, Finmeccanica e le Ferrovie dello Stato. Ma non la Rai. A questo punto – sorpresa sorpresa! – la Rai nel maggio 2015 avvia il collocamento di un bond da 350 milioni, peraltro ampiamente preparato nei mesi precedenti. A questo punto anche la Radiotelevisione Italiana rientra nel novero delle aziende che sono escluse da qualsiasi effetto del cambio di legge. Pur trovandosi in una situazione oggettivamente diversa da quella dei suoi concorrenti, visto che percepisce un canone.  Quando Antonio Campo Dall’Orto viene nominato nell’agosto 2015 direttore generale della RAI quel limite non c’è già più (e lui comunque ha la carica di direttore generale). È quindi tutto in regola. Come ogni fregatura che si rispetti.

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