Così Renzi vuole cambiare la legge sulle tv

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-02-21

Addirittura per decreto, secondo il Corriere della Sera

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Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera scrive che Matteo Renzi è pronto a cambiare la legge sulle tv, ovvero la famigerata riforma Gasparri, ed è pronto a farlo addirittura attraverso un decreto legge. La decisione del premier, arrivata dopo lo scandalo del consigliere Antonio Verro rivelato dal Fatto Quotidiano, dovrebbe andare a toccare il meccanismo di nomina dei consiglieri della Rai:

Del resto, c’è un’immagine, plateale, che lo ha colpito e lo ha vieppiù convinto ad andare avanti: il voto unanime della commissione di Vigilanza Rai contro il piano Gubitosi. Giusto o sbagliato che sia quel progetto, era un tentativo di svincolare l’azienda dai partiti, e il fatto che tutte le forze politiche, grillini inclusi, lo abbiano respinto, lo ha fatto riflettere su quali siano i rapporti tra informazione televisiva e partiti e su quali indistricabili intrecci si siano creati negli anni, anzi, nei decenni. Un decreto tra marzo e aprile risolverebbe la questione. Certo, il problema dei requisiti richiesti c’è. Perché non sono i cittadini a essere interpellati sul problema, quei cittadini che sentono gravare il peso dei partiti sulla Rai come in altre aziende pubbliche. Ma riaffidare la scelta dei membri del Consiglio d’amministrazione alla Commissione di vigilanza Rai e ridar loro gli stessi poteri che hanno ora significherebbe inchiodare Viale Mazzini al passato.

legge gasparri
Secondo il Corriere, Renzi vorrebbe sottrarre la Rai ai partiti e al governo: vaste programme.

Almeno così la pensa Renzi, che vorrebbe una «governance della Rai sottratta non solo ai partiti, ma anche al governo». La sua idea, è nota: è quella di un Cda più snello, composto solo da cinque membri e con poteri limitati (nominati da una Fondazione e non più dalla Commissione di vigilanza Rai),di un amministratore delegato e di un direttore generale operativo. Il premier ogni volta che può continua a ripetere che «questo è un tema non più rinviabile», che si tratta di una «scommessa importante», ossia quella di «rendere la televisione di Stato un’azienda innovativa,anzi, la più innovativa d’Europa per l’offerta culturale che è in grado di dare». Il discorso che fa il premier è questo: «L’informazione è un bene comune e come tale va trattato». Il che vuol dire che per arrivare all’obiettivo ci si può spingere anche fin dove nessuno è arrivato, ossia a un decreto. Nel quale ci sarebbe, ovviamente, anche il dimezzamento del canone, che è la tassa più evasa dagli italiani.

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