Cosa succede all'euro in caso di Brexit

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-06-03

Il piano B della Banca Centrale Europea: la priorità sarà quella di stabilizzare i mercati finanziari e dei cambi a partire dal 24 giugno. Il timore è quello di un prosciugamento di liquidità, per questo la BCE e la Banca d’Inghilterra dovrebbero eventualmente annunciare un accordo per garantire liquidità

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L’eventualità di un Brexit non sembra preoccupare troppo la Bce che si dichiara “preparata ad ogni evenienza”. Queste le parole usate dal presidente Mario Draghi, facendo capire che a Francoforte c’è già un piano B e si è tecnicamente pronti ad affrontare scossoni e turbolenze innescate da una eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Una rassicurazione che arriva nel giorno in cui lo staff di economisti Bce ha rialzato la stima sul Pil 2016 portandola a 1,6% dal precedente 1,4% e quella sull’inflazione a +0,2% da +0,1%. Confermate le proiezioni per il 2017 con una crescita all’1,7% e un’inflazione all’1,3% mentre è stata limata a 1,7% da 1,8% precedente la previsione sul Pil per il 2018 con un inflazione vista all’1,6%.

Cosa succede all’euro in caso di Brexit

La ripresa dell’Eurozona “procede gradualmente a ritmo moderato e potrebbe essere più lenta nel secondo trimestre dell’anno rispetto al trimestre precedente”, ha avvertito Draghi aggiungendo che “i rischi restano orientati al ribasso” ma che c’è un miglior “bilanciamento” grazie alle misure di politica monetaria e agli stimoli varati. Il nuovo round scatta l’8 giugno quando partirà il piano di acquisti di corporate Bond con cui la Bce si prefigge di trasferire meglio i benefici delle politiche espansive all’economia reale. Anche negli Usa è proprio l’incognita Brexit a condizionare le strategie dei banchieri centrali. Pur confidando sulla capacità della tenuta della ripresa Usa, c’è il timore di fare un passo azzardato qualora al referendum si concretizzasse l’abbandono del Regno Unito sparigliando le carte. Quanto al dossier Grecia, il board della Bce ne ha discusso ma ha deciso di rinviato l’attesa decisione sulla reintroduzione del ‘waiver’, ossia la deroga sui titoli pubblici di Atene che consentirebbe alle banche elleniche di presentare i titoli di Stato come collaterale nelle operazioni di rifinanziamento. Una cattiva notizia per Atene che contava su questa importante agevolazione, ma il premier greco Tsipras si è detto convinto che la Bce darà il via libera al prossimo meeting.

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L’effetto Brexit sul Regno Unito (La Stampa, 22 maggio 2016)

In ogni caso la BCE ha dettagliato, secondo le indiscrezioni, un piano B. La priorità sarà quella di stabilizzare i mercati finanziari e dei cambi a partire dal 24 giugno. Il timore è quello di un prosciugamento di liquidità, per questo la BCE e la Banca d’Inghilterra dovrebbero eventualmente annunciare un accordo per garantire liquidità. Scrive oggi Il Messaggero:

Ma in una serie di contatti informali tra Bruxelles, Berlino, Parigi e Roma non è ancora emerso un consenso su quale strada l’Ue debba seguire. La Commissione diJean-Claude Juncker «dirà che l’unione politica della zona euro è una necessità», prevede un funzionario. Francia e Italia appaiono sulla stessa linea. Ma la Germania è prudente a causa del calendario elettorale del 2017 e dell’opposizione dei paesi dell’Est che non sono membri della zona euro. Nei prossimi 15 mesi si vota in Olanda, Francia e Germania, dove le forze euro-scettiche sono in crescita. Fino ad allora è «un’illusione» pensare a un «salto» verso l’Europa politica, dice il funzionario. Nel Vertice l’opposizione dell’Est a un’avanguardia politica attorno ai paesi dell’euro potrebbe essere espressa dal presidente del Consiglio europeo,Donald Tusk. Nelle discussioni informali sarebbe emersa la possibilità di rilanciare l’integrazione nei settori della sicurezza interna (terrorismo)e esterna(immigrazione e difesa).
Il Vertice, se vincerà la Brexit, dovrebbe incaricare la Commissione di avviare immediatamente le trattative con Londra per l’uscita. L’accordo negoziato a febbraio su limiti ai benefici sociali per i migranti europei e garanzie per la City verrebbe a cadere. I trattati prevedono un periodo di tempo di 2 anni per negoziare il recesso. «Ma ci vorrà molto di più», spiega un responsabile. I dettagli tecnici sarebbero contenuti in un documento gelosamente custodito da Martin Selmayr, il capogabinetto di Juncker, insieme al piano per la Grexit. La volontà di diverse capitali è di infliggere un trattamento punitivo al RegnoUnito, per non incoraggiare un effetto domino con altri paesi che esigono concessioni o minacciano un’uscita. Il modello potrebbe essere quello della Svizzera, che in un referendum ha adottato quote peri migranti europei: niente accesso al mercato interno dell’Ue senza la libera circolazione delle persone. Tra due anni le imprese britanniche potrebbero ritrovarsi escluse dalla libera circolazione di merci, servizi e capitali

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I costi della Brexit (Corriere della Sera, 21 febbraio 2016)

 

La Brexit e i britannici che vivono all’estero

L’offensiva lanciata dagli euroscettici si può del resto rivelare un’arma a doppio taglio per i britannici che vivono all’estero. Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha avvertito oggi stesso che i tanti ‘expat’ nel suo Paese potrebbero perdere i loro diritti in caso di Brexit. Mentre da Berlino la cancelliera tedesca Angela Merkel ha auspicato che l’isola “resti parte integrante dell’Ue” ammonendo che solo così Londra potrà avere “influenza” sulle più importanti internazionali. Stesso auspicio da Mario Draghi, con la Bce pronta peraltro ad affrontare ogni evenienza. Intanto si va delineando la ‘geografia’ dei due schieramenti secondo un sondaggio condotto da YouGov, con gli elettori pro Ue che vivono perlopiù a Londra, in Scozia e nell’Irlanda del Nord, mentre gli euroscettici si concentrano nel centro e nel nord dell’Inghilterra, in regioni non ricche come lo Yorkshire, l’Humberside o le East Midlands. Quanto all’età, viene riconfermata la prevalenza dei sentimenti europeisti fra i più giovani, mentre la tendenza a sostenere la Brexit aumenta con l’età, specialmente fra gli over 55. In favore dell’Unione sono in larga maggioranza pure gli elettori laburisti, sebbene nel partito d’opposizione e fra i sindacati che lo appoggiano si discuta del coinvolgimento, per alcuni troppo timido, del leader Jeremy Corbyn nella campagna referendaria. Ma Corbyn, almeno oggi, è stato chiaro: la Brexit, ha detto in una manifestazione pubblica, sarebbe un danno per i lavoratori britannici. E il “più grande rischio” per il Paese non e’ certo l’Ue – ha rincarato – bensì i conservatori al governo.

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