Cosa rischia l'Italia con il referendum (e il default) in Grecia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-06-29

Banche e Borsa chiusa ad Atene. I rischi per i prestiti e quelli per il turismo. Il probabile affossamento della ripresa e le ripercussioni sullo spread. In attesa della sentenza del 5 luglio

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Le banche e la Borsa di Atene sono chiuse fino al referendum che Alexis Tsipras ha indetto sulla controproposta della Troika. Ma oggi, lunedì, è cominciata l’altalena delle Borse europee. La volatilità sarà la parola chiave della prossima settimana per i mercati finanziari e il rischio contagio – nell’ottica di un eventuale Grexit – vede Spagna, Portogallo e Italia in prima linea. L’eventuale uscita dall’area euro della Grecia provocherà sicuramente perdite per il sistema Italia anche se il saldo sarà possibile solo dopo un confronto con le autorità monetarie e della Commissione. Sulla carta potrebbe “costare 48 miliardi di dollari all’Italia” secondo le stime di Adusbef e Federconsumatori.

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Cosa succede all’Italia con il referendum in Grecia (Sole 24 Ore, 28 giugno 2015)

COSA RISCHIA L’ITALIA CON IL REFERENDUM E IL DEFAULT IN GRECIA
In realtà lo Stato Italiano ha un esposizione diretta nei confronti della Repubblica ellenica per 10 miliardi, per effetto di prestiti bilaterali del 2010-2011. Il resto dell’esposizione è legato alla quota parte detenuta nella Bce: se dopo un default della Grecia sui 19,8 miliardi di titoli di Stato acquistati con il Securities markets programme la Bce dovesse ritrovarsi un buco in bilancio, l’Italia sarebbe chiamata a partecipare pro-quota alla ricapitalizzazione della Bce. La quota italiana è del 17,7917%, pari a un versamento di 14,2 miliardi. Stessa percentuale per calcolare la quota italiana sui prestiti erogati alla Grecia dall’Efsf, totale sceso a 130,9 miliardi. Quindi le potenziali perdite sono comprese tra 40 e 68 miliardi. Molto limitato, invece, il coinvolgimento diretto delle banche italiane con la Grecia “inferiore a 1 miliardo di euro”, ha spiegato il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. Più complessa è la stima delle potenziali perdite nelle relazioni economiche che tenga in considerazione anche aziende e privati: le esportazioni italiane sono pari a 6 miliardi di euro mentre le importazioni valgono 1,4 miliardi di euro. Il saldo, tradizionalmente favorevole all’Italia, è intorno ai 4 miliardi di euro con il rischio di mancati pagamenti per centinaia di piccole e medie imprese. Al primo posto delle esportazioni dall’Italia 483 i prodotti petroliferi raffinati seguiti da medicinali ed altri preparati farmaceutici, abbigliamento calzature, autoveicoli e ferro, ghisa, acciaio e ferroleghe. Isabella Bufacchi sul Sole 24 Ore spiegava ieri:

Se la Grecia o le banche greche non dovessero ripagare i loro debiti, il calcolo dell’esposizione italiana diventerebbe molto più difficile.La banca centrale greca si prende comunque tutte le perdite eventuali sugli 89 miliardi concessi con l’Ela (l’ipotesi è che la vendita dei titoli dati a garanzia non dia proventi sufficienti per ripagare il mancato rimborso). Il passo successivo è vedere se la banca centrale stessa resta solvente (se il suo capitale può assorbire le perdite). L’eventuale ricapitalizzazione ricadrebbe sul singolo stato greco, ma se anche lo stato fosse in default, il buco greco potrebbe danneggiare tutto l’Eurosistema delle banche centrali dell’Eurozona.

“Difficile immaginare un attacco speculativo contro l’Italia, mentre sul piano psicologico un contagio è possibile: se la situazione greca dovesse precipitare davvero e dopo il default la Bce dovesse sospendere l’ erogazione dei fondi di emergenza agli istituti ellenici, tutto è possibile”, afferma l’economista Luigi Zingales, docente della University of Chicago Booth School of Business in un’intervista a La Stampa. Anche gli italiani potrebbero pensare di iniziare a ritirare i loro soldi dalle banche oppure no?. “Non c’ è una ragione ovvia per cui questo avvenga. La corsa agli sportelli, però, – sostiene – risponde alla cosiddetta teoria degli equilibri multipli, ovvero se tutti ritirano i soldi dalle banche diventa razionale fare altrettanto”. “Il grosso vantaggio rispetto al passato è che attraverso il ‘Quantitative easing’ la Bce può comprare titoli italiani, per cui nel breve periodo vedo difficile un attacco speculativo contro l’ Italia – argomenta l’economista -però, certo, rimane la nostra debolezza di fondo. Perché una volta che si è capito che l’ Unione monetaria non è una scelta irreversibile quando un paese ha delle difficoltà poi queste difficoltà si amplificano”. Quanto all’ economia italiana se è sufficientemente solida per reggere le turbolenze che si potrebbero scatenare come sostiene il ministro Padoan, Zingales risponde: Mah. Io non la vedo così solida. Rimane il problema di fondo che noi non cresciamo, un problema che preesisteva alla crisi. Il nostro reddito pro-capite è al livello di vent’ anni fa e questo rappresenta certamente un problema grosso, soprattutto in presenza di un forte debito. E se non cresciamo, è chiaro che siamo più in difficoltà”.

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Cosa succede se la Grecia esce dall’euro (Repubblica, 25 maggio 2015)

LE RIPERCUSSIONI SUI MERCATI E SULLA CRESCITA
Poi ci sono le ripercussioni sui mercati e sulla crescita. Repubblica oggi spiega che la prima a riprendere sarà la corsa dello spread, ovvero del differenziale tra titoli tedeschi e italiani, che rappresenta il rischio-paese per l’Italia:

Il contagio è probabile, anche se, come ha promesso, Draghi accentuerà gli acquisti dei titoli nei Paesi “periferici”», spiega AngeloBa-glioni, economista della Cattolica. Venerdì lo spread era a 140, cosa dobbiamo aspettarci? «Tutto è possibile. Ovviamente se la conclusione sarà la Grexit, le conseguenze saranno più pesanti. Un aumento di 100 punti base, in un Paese che ha 2000 miliardi di debito, vale 20 miliardi. Visto che ogni anno vengono rinnovati 3-400 miliardi di debito, fanno 3-4 miliardi in più di interessi. Poi però la crescita è esponenziale perché i titoli si accumulano e l’onere già dal secondo anno è di 5-6 miliardi. In cinque-sei anni si arriva appunto a 20, ovviamente sempre che non si sia riusciti ad abbattere nuovamente gli interessi».
Sul debito pubblico pesa anche l’incognita della restituzione dei crediti alla Grecia: 48 miliardi fra diretti (10 miliardi prestati da Roma ad Atene all’inizio della crisi) e quelli indiretti, veicolati tramite il Fondo salvastati, tutti in scadenza fra il 2022 e il 2029. Ma si superano i 60 miliardi considerando le partite di giro che ruotano intorno alla Bce per il meccanismo del “target 2”. L’unica certezza è che non rientreranno tutti.

Si prevede poi la fine della luna di miele a Piazza Affari, e infatti stamattina le Borse europee hanno aperto tutte in rosso. Ci si aspetta però soprattutto un contraccolpo sulla cosiddetta ripresa che soffiava in Europa dopo il QE:

Il precipitare della crisi greca coglie l’Italia all’alba di una soffertissima ripresa: +0,7%il Pil nel 2015 secondo il Documento economico-finanziario del 10 aprile scorso, poi +1,4 nel 2016 e ancora di più nel 2017. Che ne sarà di queste previsioni? «E’ una ripresa così fragile che rischia seriamente di venir compromessa», puntualizza Brunello Rosa, capo economista del Roubini Global Economy con base a Londra. «Manca ancora il fattore fiducia dei consumatori. Senza una sostenuta domanda interna non c’è ripresa solida. E ora con questa situazione, l’incertezza che torna a dominare e la speculazione probabilmente all’attacco, chi avvierà importanti programmi di consumi e investimenti?» L’impatto negativo più immediato sulla crescita sarà probabilmente l’aumento dell’intera struttura dei tassi come conseguenza dell’aumento di quelli dei Btp. E quindi l’ennesima difficoltà per le imprese a finanziarsi, proprio mentre si stava uscendo dagli anni della stretta creditizia grazie al quantitative easing e alle misure collaterali della Bce. La stessa Bce dispone, oltre al Qe, degli Omt, gli acquisti illimitati di titoli pubblici annunciati da Draghi nel luglio 2012. Ma per accedervi un Paese deve fare richiesta al Fondo salvastati e sottoscrivere un memorandum di impegni che può essere pesante e comportare una anche massiccia cessione di sovranità.E a Palazzo Chigi non vogliono neanche sentirne parlare.

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