Cosa pensa davvero Virginia Raggi sull'accoglienza dei rifugiati?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-12-09

L’illuminazione è giunta in Vaticano, dove la sindaca ha partecipato ad un convegno sull’accoglienza ai rifugiati e ha dichiarato che “Roma vuole essere una città accogliente e tollerante nei confronti di tutti, è questa la sua vocazione storica e la sua prospettiva attuale”. Eppure dieci giorni fa alle Iene diceva: se si consentisse l’allestimento delle tende “poi domani ne arrivano altrettanti, e poi altrettanti” e non resta quindi – testuale – “chiudere le quote su Roma, perché Roma non è più in grado di accogliere”

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Questa mattina la Sindaca di Roma Virginia Raggi ha partecipato in Vaticano al vertice “Europa, i rifugiati sono nostri fratelli e sorelle” al quale hanno preso parte anche Manuela Carmena e Ada Colau le due prime cittadine di Madrid e Barcellona. Nell’occasione la Raggi ha affidato ad un post su Facebook alcune riflessioni sul fatto che l’accoglienza ai rifugiati possa essere un’opportunità. La Sindaca ha scritto che le nostre società sono spesso chiuse nel loro egoismo mentre invece dovrebbero «garantire un’assistenza dignitosa, un tetto, un alloggio, un po’ di calore umano a queste persone».
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Dalla chiusura delle quote su Roma all’apertura all’accoglienza

Mentre la Raggi pronunciava queste belle parole, che invitavano a farsi carico dei rifugiati, a non lasciare indietro nessuno, a non chiudersi nei confronti degli stranieri ribadendo le politiche di inclusione messe in atto dall’Amministrazione capitolina la situazione a Roma era leggermente diversa. La descrive Baobab Experience sulla sua pagina Facebook dove denuncia che 11 persone hanno dormito sui marciapiedi della Stazione Tiburtina perché i posti non si trovano e gli arrivi continuano ad aumentare. Ma questo accadeva di notte, perché di giorno due ore dopo il post del Baobab la Raggi scriveva questo:

Questa mattina ho partecipato ai lavori del summit “Europa, i rifugiati sono nostri fratelli e sorelle” organizzato in Vaticano. Un vertice che pone al centro dell’attenzione un’emergenza di carattere umanitario che ci sta particolarmente a cuore e sulla quale abbiamo bisogno di discutere e lavorare insieme per trovare delle soluzioni credibili.
Tutti noi sappiamo che i sindaci sono in prima linea nell’affrontare molte delle grandi problematiche che affliggono le nostre società contemporanee. Problematiche ma anche opportunità di crescita per le nostre società spesso chiuse nel loro egoismo. Tra queste opportunità, preferisco chiamarle così, c’è oggi in primo piano l’accoglienza ai rifugiati. Proprio i sindaci e le loro città si trovano spesso di fronte agli effetti dei grandi flussi migratori. Dobbiamo garantire un’assistenza dignitosa, un tetto, un alloggio, calore umano.
Atteggiamenti di chiusura verso “l’altro”, come quelli ai quali sfortunatamente ho assistito nei giorni scorsi anche nella mia città, offendono la nostra dignità di persone. Ma è nostro compito intervenire anche sul disagio delle periferie, troppo spesso abbandonate, dove si rischia di assistere ad una guerra tra gli ultimi.
Vogliamo che tutti i cittadini, anche quelli delle periferie più lontane ed emarginate, si sentano pienamente parte della nostra città. Nessuno deve rimanere indietro.
Da qui comincia la politica di inclusione nella quale è impegnata la nostra amministrazione. Integriamo e rendiamo più partecipi tutti i nostri cittadini, per garantire una migliore accoglienza anche a chi arriva da fuori. Roma vuole essere una città accogliente e tollerante nei confronti di tutti, è questa la sua vocazione storica e la sua prospettiva attuale.

È la stessa Virginia Raggi che ha fatto sgombrare il presidio di Via Cupa qualche mese fa? La stessa che poco più di dieci giorni fa alle Iene spiegava che Roma non poteva accogliere tutti, che si sarebbe presto arrivati all’accoglienza zero e che aveva detto che non poteva consentire l’allestimento delle tende per i migranti transitati perché altrimenti si sarebbe sparsa la voce e sarebbero arrivati altrettanti migranti? Ad un primo controllo sembra essere proprio lei. Certo, la Raggi oggi ha parlato solo di rifugiati e non di immigrati, e sappiamo bene che tra i molti che arrivano nel nostro Paese non tutti hanno diritto all’asilo politico o a venir riconosciuto il loro status di rifugiato. Ma questo non spetta al sindaco deciderlo ma alla Commissione territoriale che esamina le richieste d’asilo. Per tutto il tempo necessario ad elaborare la richiesta il migrante ha diritto ad essere accolto in una struttura dignitosa, lo dice la stessa legge che prevede le espulsioni per chi entra irregolarmente nel nostro Paese. Eppure in questi cinque mesi di amministrazione Raggi a Roma è stato fatto davvero ben poco per risolvere il problema, alcuni migranti assistiti da Baobab Experience sono stati trasferiti presso il centro della Croce Rossa di Via del Frantoio ma è evidente che si è trattato di una soluzione temporanea, l’assessora al Sociale Laura Baldassarre ha incontrato molte volte le associazioni e il Comune ha lanciato un bando di interesse per individuare alcune strutture che potrebbero ospitare i migranti. Ma vista la situazione attuale e tenuto conto di quanto ha detto la Raggi oggi ci si sarebbe aspettato che l’Amministrazione capitolina fosse stata in grado di fare qualcosa di più. Se Roma vuole davvero fare la sua parte allora dovrebbe inizare a farla in maniera concreata, perché fino ad ora gli sgomberi non sono stati una soluzione, e soprattutto non sono quegli impegni concreti “per la riallocazione immediata dei rifugiati” che la Raggi dichiara necessario assumere al più presto. Questo è quello che scriveva MEDU, Medici per i diritti umani, all’indomani dell’annuncio del trasferimento di alcuni migranti al centro della Croce Rossa di via del Frantoio il due dicembre scorso:

Ciò che ci aspettiamo dall’amministrazione Raggi e dalle altre istituzioni (Prefettura, Regione) sono i passi successivi; ossia che Roma recuperi il grave ritardo rispetto ad altre grandi città europee che vivono questo fenomeno e appronti adeguati presidi umanitari che possano offrire prima accoglienza, assistenza socio-sanitaria e orientamento legale sul diritto d’asilo. A questo proposito è quasi superfluo ribadire che il presidio di Via del Frantoio (80 posti) è del tutto insufficiente a far fronte ai flussi in arrivo nella capitale.
Data l’attuale situazione, riteniamo inoltre indispensabile attivare da subito una postazione umanitaria presso la stazione Tiburtina che possa offrire primissima assistenza, orientamento e assistenza sanitaria ai migranti vulnerabili in arrivo. In occasione dell’ultimo incontro l’assessore Baldassarre ha preso precisi impegni affinché tale postazione possa essere funzionante già nei prossimi giorni. A questo proposito , Baobab Experience e Medici per i Diritti Umani hanno già manifestato la propria disponibilità ad attivare immediatamente la postazione umanitaria sia attraverso l’opera dei propri volontari sia attraverso la clinica mobile di MEDU.
La soluzione di accoglienza trovata per i migranti transitanti della stazione Tiburtina ci ricorda allo stesso modo la drammatica situazione di centinaia di persone, italiane e straniere, che in questi giorni di freddo intenso dormono nelle strade di Roma e nei marciapiedi di Termini e delle altre grandi stazioni: un problema sociale e umano immenso, spesso dimenticato, sul quale cittadini e istituzioni sono chiamati a interrogarsi e ad agire.

Il Campidoglio ha manifestato l’intenzione di trovare altri 70 posti letto entro la fine dell’anno e di aprire un presidio diurno alla stazione di Roma Tiburtina. La speranza per tutti coloro che in questi giorni sono per strada è che all’apertura mostrata dalla Raggi oggi in Vaticano corrispondano gesti concreti a favore dei migranti e di tutti coloro che vivono in situazioni di precarietà. Ora c’è solo da attendere la reazione di Alessandro Di Battista, ma rimane un dubbio, cosa pensa davvero la Sindaca sugli immigrati, quello che ha detto alle Iene o quello che ha detto in Vaticano? Per ora sappiamo solo quello che fa nel concreto: gli sgomberi.
 

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