Claudio Martelli e le ombre sul padre di Mattarella

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-02-02

Ve lo ricordate il delfino di Craxi?

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Il Fatto, alla ricerca di qualcuno che parli male di Sergio Mattarella, riesce a riesumare dal dimenticatoio della prima repubblica oggi niente meno che Claudio Martelli, il delfino di Craxi che parla di ombre sul padre di Sergio, Bernardo Mattarella. Martelli, come tutti sapete, di ombre se ne intende: è stato condannato a 8 mesi – con i benefici della non menzione e il riconoscimento «dell’ irreprensibile condotta processuale» – per i 500 milioni ricevuti nel ‘ 92, per la campagna elettorale del Psi. Sostiene Martelli:

Non mi sono mai inventato accuse nei confronti di Bernardo Mattarella. Le cose che dissi all’epoca le presi dalla relazione di minoranza presentata dal Pci in Antimafia e firmata da Pio La Torre.
Era il 1976…
Ricordo bene… aspetti che ho qui la relazione, pagina 575, La Torre analizza il passaggio di campo della mafia dal 1948 al 1955, proprio gli anni in cui cresce il potere di Mattarella padre. “La Regione siciliana fu impiantata da uno schieramento politico che era l’espressione organica del blocco agrario e del sistema di potere mafioso”. Nella pagina precedente La Torre spiega “verso quali forze politiche si orientarono le cosche mafiose ”dopo il tramonto del separatismo.
Una parte, fu la risposta, “si orientò verso la Dc… uomini come Aldisio, Milazzo, Alessi, Scelba, Mattarella… era la doppia anima della politica che la Dc seguirà negli anni successivi: da un lato, un programma di riforme e di sviluppo democratico e dall’altro un compromesso con i ceti parassitari isolani”. All’epoca della polemica o Sergio Mattarella non aveva capito o faceva finta di non capire.

martelli mattarella
Insomma, secondo Martelli bisognerebbe giudicare Bernardo Mattarella in base alla relazione di minoranza di un partito politico, invece che in base alle sentenze della magistratura. E se giudicassimo il suo partito (e la sua opera di ministro della Giustizia) in base alle indagini, e non alle sentenze, cosa succederebbe? Da Antimafia2000 leggiamo:

Claudio Martelli viene eletto a Palermo nel 1987 come capolista del Psi grazie a centinaia di migliaia di voti di Cosa nostra: è in quell’occasione che Riina, deluso dalle garanzie disattese della Democrazia cristiana a seguito dell’apertura del maxiprocesso, dirotta i voti della mafia verso il partito di Craxi. Parlando sempre di contatti tra la mafia e il Psi solo due anni prima, il 2 aprile 1985, la mafia predisponeva un’autobomba per l’omicidio del magistrato di Trapani Carlo Palermo.
Nell’attentato il giudice rimase illeso, ma l’esplosivo fece a pezzi Barbara Asta e i suoi due gemelli, Salvatore e Giuseppe di 6 anni. Era nota a tutti l’attività investigativa di Palermo sui collegamenti tra Cosa nostra, servizi segreti, traffico di armi ed esponenti del Psi. Non una coincidenza, dato che è storicamente provato che Cosa nostra pianificò l’omicidio per fare un favore al Partito socialista. Cosa ha da dire l’ex guardasigilli in merito?

C’è altro? Ah, sì. Scriveva Marco Travaglio l’8 agosto 2006 su L’Unità a proposito del delfino di Craxi:

Claudio Martelli s’è fatto un lifting. Ma, nonostante gli sforzi del chirurgo, ha la stessa faccia di bronzo di prima. Il Martelli pre-lifting, com’è noto, era il delfino di Craxi. Poi, alla fine del ’92, quando Bettino cadde in disgrazia, finse di non conoscerlo e si propose di «ridare l’onore al Psi». Un mese dopo dovette dimettersi da ministro della Giustizia per la mega-stecca da 8 miliardi che l’Ambrosiano di Calvi, grazie ai buoni uffici di Gelli, aveva girato al Psi sul «conto Protezione». Subito dopo il testimone raccontò un’altra mazzettona da 500 milioni finita nelle tasche, anzi in uno zainetto di tela, di Martelli. Per mandare in prescrizione, con le attenuanti, il conto Protezione (bancarotta dell’Ambrosiano), Martelli dovette scucire 800 milioni di lire di risarcimento, sull’unghia.
Per la sua parte della tangente Enimont, fu condannato a 8 mesi definitivi. Poi, dopo il lifting, divenne consulente della ministra Turco ed europarlamentare dell’Ulivo. Infine, nella sua terza vita (tuttora in corso), si tramutò in conduttore televisivo per Italia1 e in editorialista del settimanale “Oggi”. Qui, nell’ultimo numero, pontifica sull’indulto. Scrive che lo Stato rinuncia a punire i condannati perché «non è capace di far funzionare una giustizia penale e un sistema carcerario rispettosi della dignità umana». E di chi sarà mai la colpa? Magari dei ministri della Giustizia che si sono succeduti negli anni e dunque, pro quota, anche del Martelli che nel ’92-’93 faceva il Guardasigilli dopo aver violato varie leggi dello Stato. Ma questo non lo dice. È un marziano appena atterrato quaggiù.

All’epoca, come ricorda Enrico Fierro nell’intervista, Mattarella disse di lui: “…non mi interessa polemizzare con Martelli, è troppo miserabile il livello in cui si colloca…”. Si rallegrino, al Quirinale. Martelli ha cominciato a scavare.

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