Come i gatti sono diventati domestici

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2014-11-11

Il genoma dei felini è stato oggetto di due studi recenti, che dimostrano come il gatto non sia un vero e proprio animale da casa

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Ora abbiamo le prove: i gatti non sono animali domestici, o meglio non sono così diversi dai loro parenti selvatici. Chiunque abbia “avuto”  un gatto se ne è reso conto immediatamente ma ora sembra che la scienza supporti la convinzione secondo la quale i gatti domestici non sono poi così addomesticati. Ce lo dice una ricerca pubblicata dalla National Academy of Sciences. La notizia ce la dà un articolo di Wired di oggi. La ricerca, che sostanzialmente effettua una comparazione tra il genoma del gatto domestico e quello del gatto selvatico si aggiunge alla pubblicazione, ad agosto, della mappa completa del genoma del gatto domestico.
 

La storia della domesticazione del gatto in un'immagine.
La storia della domesticazione del gatto in un’immagine.

 
COME I GATTI SONO DIVENTATI DOMESTICI
La storia del rapporto tra esseri umani e gatti risale probabilmente a circa 9.000 anni fa (la domesticazione del cane, ad esempio, risale a circa 30.000 anni fa) quando i nostri progenitori diventarono agricoltori. È abbastanza facile immaginare la scoperta del fatto che i gatti – all’epoca selvatici – fornissero un servizio molto utile: cacciavano i topi ed i roditori che costituivano una seria minaccia ai raccolti. Come spiega Wesley Warren, uno dei ricercatori del Genome Institute della Washington University, per tenersi i gatti ed incentivarli a rimanere pressi gli insediamenti gli esseri umani iniziarono a dar loro avanzi di cibo. Insomma, quello che si fa ancora oggi con un gatto randagio. La cosa interessante è che l’uomo non ha iniziato a selezionare alcuni tratti caratteristici dei gatti (e quindi a creare nuove razze) per parecchio tempo. Basti pensare che la maggior parte delle attuali razze di felini domestici sono state create poco più di 200 anni fa. Per questo motivo è stato possibile trovare, nel genoma dei gatti di casa, la traccia di quello dei loro parenti selvatici. E soprattutto è stato possibile capire quali caratteristiche si siano sviluppate in virtù della convivenza con gli umani.
 
Un gatto selvatico europeo (fonte: Wikipedia.org)
Un gatto selvatico europeo (fonte: Wikipedia.org)

DIFFERENZE FELINE
Dalle ricerche è emerso che la differenza principale tra i gatti domestici e quelli selvatici è nel comportamento: i gatti selvatici sono più aggressivi dei loro parenti addomesticati. Incredibile vero? E non finisce qui: dal momento che i gatti che si sono adattati a convivere con noi umani hanno anche adottato parte della nostra dieta (prima delle crocchette si nutrivano di avanzi), i gatti domestici hanno sviluppato una maggiore abilità a digerire cibi diversi dalla carne. Questa capacità è riscontrabile anche nella maggiore lunghezza di alcuni tratti di intestino dei gatti domestici. L’ipotesi formulata dai ricercatori sulla base dei dati raccolti è che il processo di (parziale) domesticazione del gatto abbia (inconsapevolmente) selezionato alcuni tratti connessi con una maggiore docilità. Anche alcuni tratti dell’aspetto fisico, come la forma delle orecchie e della coda, che differiscono tra gatti domestici e gatti selvatici è possibile che siano connessi ai geni che rendono più docili. Questo non significa che ci sia un gene per la docilità e nemmeno che questo gene sia stato selezionato in modo attivo. Generalmente nell’opera di selezione di una razza felina l’uomo cerca di controllare la riproducibilità del tipo di pelo o lo schema cromatico.
 
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PERCHÉ MAPPARE IL GENOMA DEI GATTI
A questo punto si potrebbe anche pensare che studiare i gatti in modo così approfondito è una cosa interessante, senza dubbio, ma non è un po’ anche una perdita di tempo? È anche questo un aspetto del controllo mentale che i gattini esercitano su di noi tramite l’Interwebs? Ovviamente no. Il motivo ce lo spiega Stephen O’Brien, uno dei ricercatori che hanno condotto lo studio pubblicato dalla National Academy of Sciences. Secondo O’Brien lo studio del genoma dei gatti ha delle implicazioni importanti anche dal punto di vista medico; i gatti infatti soffrono di molte malattie che hanno un corrispettivo anche negli umani. Ci sono ad esempio il diabete felino e l’HIV/AIDS felina (la FEV), conoscere il genoma dei gatti potrebbe fornire delle informazioni utili a capire il funzionamento delle controparti umane delle malattie feline.
 

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