Chi ha ucciso Tiziana Cantone?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-09-14

Le migliori menti dell’Internet ci stanno spiegando in queste ore che a spingere al suicidio Tiziana Cantone sono stati i maschi e il web. Eppure le responsabilità sono molto più ampie, perché lo slut shaming non è prerogativa del Web o degli individui di sesso maschile

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Tiziana Cantone si è suicidata. Di chi è la colpa? La donna napoletana i cui video privati erano finiti su Internet lo scorso anno si è tolta la vita perché non riusciva più a sopportare la vergogna e l’umiliazione di essere nota per quelle parole pronunciate in un video e diventate rapidamente un meme dell’Internet. La colpa, spiegano alcuni, è proprio della Rete che avrebbe divorato e distrutto l’immagine della ragazza. Ma in realtà questo è solo l’ennesimo episodio che dimostra come la nostra società bigotta non sia disposta a perdonare il fatto che una donna possa fare sesso con chi vuole e a filmarsi mentre lo fa.

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Slut shaming stradale

Tiziana e le vittime dello slut shaming

Secondo un copione già scritto e interpretato (contro il loro volere) da altre donne e ragazzine la diffusione su Internet del video di Tiziana Cantone le ha reso impossibile la vita. Di notizie del genere ne abbiamo lette parecchie, e le protagoniste solitamente sono minorenni. Ci sono quelle che finiscono con nome e cognome nelle varie Bibbie (dove c’era anche una sezione dedicata a Tiziana Cantone) quelle i cui video vengono diffusi tra compagni di scuola via WhatsApp oppure la vicenda se possibile ancora più raccapricciante della bambina di 11 anni violentata da un gruppo di ragazzi nel napoletano i cui video vennero diffusi via Internet. Proprio oggi i giornali di Rimini riportano la vicenda di un’altra ragazza (di diciassette anni), completamente ubriaca che viene violentata da un ragazzo, nel bagno di una discoteca, mentre le amiche divertite riprendono la scena con un telefonino poi finita su WhatsApp. L’ANSA riferisce che sull’episodio, accaduto qualche tempo fa, sta indagando la magistratura:

In un sabato sera come tanti, la giovane, nel locale insieme alle amiche, beve abbondantemente – ancora non è chiaro se di sua iniziativa o se sia stato convinta a farlo – al punto da non capire quasi più niente, come lei stessa racconterà, successivamente, agli inquirenti. Trascinata in bagno da un ragazzo di origine albanese, conosciuto di vista, la 17enne avrebbe subito violenza: la scena è stata ripresa dalle amiche, arrampicate nella toilette di fianco, con un cellulare. Nel video – riporta ancora la stampa locale – non si vede la vittima in volto ma le immagini mostrano come la ragazza fosse completamente inerme, in balia del giovane. In sottofondo le risate di chi ha filmato la scena, forse convinta si trattasse di uno scherzo di poco rilievo. Visto il filmato, caricato su WhatsApp (non si sa a quante persone sia stato inviato: gli inquirenti dovrebbero avere già bloccato tutto) la 17enne si è rivolta alla madre che, a sua volta, si è recata dai Carabinieri. La denuncia è subito giunta sul tavolo della magistratura riminese ed è stato aperto fascicolo per violenza sessuale. L’indagine degli investigatori – che hanno immediatamente sentito la ragazza i cui ricordi della serata sono nulli o molto sfumati – è concentrata sull’individuazione del presunto stupratore attraverso interrogatori ed accertamenti.

In tutti questi casi i commenti – da parte maschile e femminile – si sprecano. Le protagoniste femminili sono sempre troie. Poco importa che siano minorenni o che vengano ritratte in atteggiamenti intimi con il fidanzato (tutte quelle che fanno sesso con il fidanzato sono troie?). Non è nemmeno rilevante che a filmare il rapporto sessuale e a diffondere i video siano stati altri e che quindi non siano loro alla ricerca di fama e successo. Il “problema”, per chi commenta e scrive insulti non è tanto che il video stia circolando su Internet, anzi, quello è un modo per sputtanare una persona “colpevole” di aver fatto sesso, o addirittura di essere stata violentata. In alcuni casi si tratta di Revenge Porn, ovvero di filmati messi online da ex-fidanzati gelosi, in altri i filmati sono girati senza il consenso delle interessate. Il caso di Tiziana è simile a tutti i precedenti, certo lei era maggiorenne, sapeva di essere filmata ed anzi pare abbia diffuso lei stessa il video ad alcuni amici su WhatsApp. Ma la cosa finisce qui. Come per le ragazzine finite nella Bibbia con nome e cognome nemmeno Tiziana aveva dato il suo consenso affinché il video venisse inoltrato ad altri, pubblicato su Facebook o altri siti, men che meno con il suo vero nome e cognome. Ha sbagliato a girare un video porno? No. Ha sbagliato a fidarsi delle persone cui ha inviato il filmato? Probabilmente sì. Possiamo fargliene una colpa? Assolutamente no.

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Il pezzo di Elisa D’Ospina su Tiziana Cantone per il Fatto Quotidiano

La gogna mediatica e le responsabilità dei giornali

Di sicuro un ruolo importante lo hanno avuto anche i mezzi d’informazione, Fanpage – che oggi pubblica il solito pezzo moralista di Saverio Tommasi – è stato tra i primi a parlare dell’esistenza del filmato “che scandalizza la Napoli bene” ma almeno si erano ben guardati dal rendere identificabile la protagonista. Sul Fatto Quotidiano Elisa D’Ospina – nota per le sue battaglie contro il body shaming nei confronti delle donne sovrappeso – invece aveva pubblicato nome e cognome di Tiziana Cantone ipotizzando che dietro la diffusione dei filmati ci fosse una strategia commerciale e narrando compiaciuta come la ragazza fosse diventata “un idolo del Web”:

Magliette, video parodia e pagine facebook dedicate: lei Tiziana Cantone, il nuovo idolo del web. “Stai facendo il video? Bravo.” Questa la frase cult di tutta la storia. Partiamo dall’inizio: un video dove una ragazza tradisce il suo fidanzato praticando del sesso orale con l’amante. Lei chiede a lui come poteva essere definito il suo compagno affianco a lei, lui orgoglioso risponde “un cornuto” e il rapporto continua. Il video ha iniziato a girare su whatsapp ed è subito diventato virale.
Rivendicazione di un amante o marketing di una futura pornostar? Pare infatti che i video in rete in cui la vedono protagonista siano più o meno cinque. C’è chi la considera vittima, chi invece pensa che sia tutto un’operazione studiata a tavolino.

Come al solito invece dei protagonisti maschili non si sa nulla. Non si conosce il nome, il cognome e non li si vede nemmeno in faccia. Come sempre è la figura femminile ad essere identificata e identificabile. I maschi è come se non ci fossero, eppure senza di loro quel video non esisterebbe, non sarebbe stato girato, diffuso e pubblicato. In questi mesi Tiziana Cantone è stata stalkerata su Facebook e sono state diffusi quanti più dettagli possibili sulla sua vita privata e sulla “storia” dietro a quel famoso video. Ma di chi è la colpa quindi? Degli “uomini” o dell’Internet? Io credo che – al di là della vicenda di Tiziana Cantone – la responsabilità in questi casi sia di tutti coloro (uomini e purtroppo molto spesso anche donne) che ritengono che girare un video “porno” amatoriale sia una sorta di peccato mortale. All’epoca in cui uscì il video c’erano anche molte donne che nei vari gruppi commentavano soddisfatte quanto fosse troia Tiziana. Anzi, mentre per gli utenti di sesso maschile non si può escludere che ci fosse anche una certa voglia di avere un incontro con la ragazza napoletana per quanto riguarda le donne invece c’era solo rabbia e voglia di giudicare.
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Se perfino le attrici porno – gente che lo fa di lavoro – sono delle “luride troie” o delle “cagne” per il solo fatto che girano dei video figuriamoci cosa diventa una ragazza o una donna che si fa riprendere in privato mentre fa qualcosa che la maggior parte delle donne e degli uomini che guarda e commenta fa (o vorrebbe fare). Una donna che si fa fotografare o filmare nuda o mentre fa sesso non è una troia, ognuno ovviamente può pensare “io questa cosa non la farei mai” ma questa differenza coloro che sfruttano ogni occasione per mettere alla gogna gli altri fanno fatica a capirla fino in fondo. A spingere Tiziana Cantone ad uccidersi non sono stati “i maschi” o l’Internet, sono stati i giudizi perbenisti e moralisti espressi da quelli che non riescono ad accettare che una donna possa disporre liberamente del proprio corpo.
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Ma il meccanismo della gogna mediatica va più in là. Ne è un esempio quello che sta facendo Selvaggia Lucarelli, che per stigmatizzare alcuni commenti e status insultanti fatti all’indirizzo di Tiziana Cantone ha deciso di sputtanare uno delle decine di utenti che oggi ribadiscono quanto fosse “troia” invitando la sua fan base a scrivere ai suoi datori di lavoro.
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Certo, fa sorridere che a guidare questa crociata sia una persona attualmente sotto processo con l’accusa di aver tentato di vendere foto private rubate via Internet. Ma evidentemente Selvaggia è convinta della sua innocenza, e siccome siamo garantisti speriamo per lei che sia così.
EDIT: Peter Gomez, uno dei pochi dotati di vera coscienza, oggi sul Fatto si scusa:

L’errore commesso è evidente e innegabile. Non eravamo davanti a un caso di costume, ma un caso di cronaca che come tale andava trattato e approfondito per poi avere in mano elementi sufficienti per decidere se pubblicare o meno. Detto in altre parole non ci saremmo dovuti accontentare del fatto che la povera Tiziana fosse introvabile, ma avremmo dovuto chiedere ai nostri collaboratori di cercare i suoi amici e familiari per capire cosa era realmente accaduto. E credo che se avessimo fatto fino in fondo il nostro mestiere quel pezzo del 2015 non sarebbe mai finito in pagina.
La scorsa settimana un giudice, su richiesta dei legali della ragazza, ha ordinato di rimuovere i contenuti su Tiziana a Facebook, Google, Yahoo e YouTube e a due giornali online che avevano anche ripreso i suoi video. In seguito alla notizia della sentenza – che a noi era francamente sfuggita – nei giorni successivi centinaia tra siti e testate online hanno cancellato quello che in quella primavera avevano scritto. Ieri notte poi, dopo la morte della giovane donna, da internet sono sparite altre centinaia di migliaia di pagine.

EDIT2: Anche l’autrice si scusa, a modo suo:
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