Cosa c'è dietro i sabotaggi alle stazioni

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2014-12-23

Un blitz che non voleva uccidere. E una modalità diversa rispetto ad altri attacchi «a viso aperto». Con obiettivi sensibili nel mirino. E molta attenzione a non provocare danni alle persone. Intanto, un dato di fatto: mancano le rivendicazioni

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Un blitz che non voleva uccidere. Dietro il sabotaggio alla stazione di Santa Sofia a Bologna di oggi, secondo quanto dice all’agenzia di stampa Ansa Franco Fiumara, direttore centrale di protezione aziendale delle Ferrovie dello Stato, c’è la volontà di colpire le infrastrutture dello Stato, ma non le persone. Una caratteristica comune ai raid degli ultimi mesi, da quello alla Roma-Firenze del 21 dicembre a quello sulla Milano Torino del 18 fino alle bottiglie molotov sulla Verona Trento dello scorso aprile: quelli che hanno agito, «commettendo gravi reati, hanno voluto colpire lo Stato, non le persone: la loro strategia finora è stata quella di prendere di mira le infrastrutture primarie, comprese le ferrovie», conclude Fiumara.

La foto delle scritte scambiate per una rivendicazione No TAV alla stazione di Santa Sofia
La foto delle scritte scambiate per una rivendicazione No TAV alla stazione di Santa Sofia

IL SABOTAGGIO DI SANTA VIOLA A BOLOGNA
In ogni caso l’azione non è la mossa di un gruppo di dilettanti: «Operare su uno snodo come quello di Bologna su quattro punti differenti significa che qualcuno ci ha studiato. E non è un caso che avvenga pochi giorni dopo quello che è successo a Firenze. Sabotare queste canaline e pozzetti che contengono i collegamenti dei cavi elettrici e delle fibre ottiche che trasmettono in dati crea certamente un grande problema», dichiara Maurizio Improta, responsabile del compartimento Polfer ai microfoni di Sky da Bologna. «La linea – ha detto – è vigilabile e controllabile, ma con la nebbia di questa notte e con il controllo costante di tutta la linea ferroviaria purtroppo ci sono anche dei punti in cui diventa accessibile a chi vuole fare una azione di questo tipo», che «non è preventivabile. L’attività di controllo non è mai diminuita nel nostro quotidiano impegno sul controllo di un’area strategica come quella dello snodo di Bologna» ha aggiunto. Improta ha poi spiegato che, vista la nebbia della scorsa notte, «nemmeno le telecamere più sofisticate potevano riprendere dei passeggi». E a chi gli ha chiesto se si possa ipotizzare una strategia strutturata contro la rete dei trasporti, il funzionario ha spiegato che «pensare di destabilizzare un sistema funzionante come questo, creare preoccupazione, mettere in allarme, certo non penso possa trattarsi di azioni poste in essere da lupi solitari o emulatori non so di chi. E’ chiaro che c’è un movimento, una rete che si muove, ma non mi compete definirlo o commentarlo. Ma io – è stata la sua conclusione – sono come responsabile di questa struttura qui in Emilia il terminale delle attività di prevenzione e intelligence di altri uffici di polizia e altre strutture investigative».
Stazione Santa Viola (credit foto: Gazzetta)
Stazione Santa Viola (credit foto: Gazzetta su Twitter)

OBIETTIVI SENSIBILI?
D’altro canto le perquisizioni svolte dalla Digos a Bologna non hanno portato a trovare nulla di utile alle indagini. Sono state controllate, come nella miglior tradizione delle indagini all’italiana, una serie di “vecchie conoscenze” degli investigatori bolognese, di area “anarchica”. Una cosa è certa: la tecnica usata stamani per incendiare i pozzetti elettrici sulla linea di Alta velocità a Bologna e’ “leggermente diversa” da quella messa in atto domenica mattina nei pressi di Firenze, «ma questo significa poco visto che su internet i metodi di costruzione di ordigni incendiari sono facilmente reperibili», spiega alle agenzia di stampa una fonte vicina agli inquirenti fiorentini che sottolinea come le bottiglie piene di liquido infiammabile con inneschi di diavolina, utilizzate a Firenze, sia stesso meccanismo usato nel Milanese, sulla linea Milano-Torino, il 18 dicembre scorso. A Bologna stamani sono state incendiate delle coperte, ma poco cambia. Al momento gli uomini della Digos di Firenze e Bologna hanno avviato contatti ma ieri da Firenze sarebbero partite alcune telefonate alla Digos di Milano. In realtà gli inquirenti lavorano sulla stessa pista, quella di persone vicine agli anarco-insurrezionalisti, che non necessariamente sono le stesse, che potrebbero aver preso spunto per questa escalation dal processo di Torino contro alcuni esponenti No-Tav. Non ci sarebbe, insomma, l’ipotesi di un solo gruppo. Nel frattempo sono all’esame degli investigatori della Digos di Firenze, che conducono le indagini dirette dalla Procura, le immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza lungo il tragitto della linea Direttissima, dove nella notte tra sabato e domenica, sono state piazzate le due bottiglie incendiarie con diavolina e fiammiferi che hanno provocato l’incendio dei cavi elettrici lungo la ferrovia all’uscita della galleria San Donato, a Rovezzano, alla periferia del capoluogo toscano.

IL VERTICE DI RENZI CON IL RESPONSABILE DEI SERVIZI SEGRETI
Nel pomeriggio si è svolto a palazzo Chigi un vertice di governo sui sabotaggi alle linee ferroviarie ad alta velocità, ultimo l’incendio doloso di questa mattina alla stazione Santa Viola di Bologna. Nella sede del governo sono presenti il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi e il sottosegretario alla Presidenza con delega ai Servizi, Marco Minniti. Importante la dichiarazione del presidente del Consiglio Matteo Renzi sul “sabotaggio”, parola secondo lui più consona rispetto ad altre – si riferiva a “terrorismo” – per definire gli avvenimenti di questi ultimi giorni. Questo significa che di fronte a un palese tentativo di drammatizzazione da parte del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi – con prevedibile codazzo di polemiche politiche – il premier ha cercato di gettare acqua sul fuoco, ben sapendo che la percezione di una rete ferroviaria nelle mire del terrorismo potrebbe portare a un boomerang per il servizio difficile da sanare. Rimane che per adesso non ci sono ipotesi certe riguardo gli autori materiali dei sabotaggi, mentre il loro numero aumenta. Quattro soltanto nelle ultime settimane (Bologna, Roma-Firenze a Rovezzano, Empoli-Siena sulla tratta Granarolo Certaldo, oltre alle due bottiglie incendiarie sulla Milano-Torino), undici (contando i raid ai treni) dall’inizio dell’anno, con una chiara recrudescenza nell’ultimo mese, proprio quando gli spostamenti per il turismo o per il ritorno a casa tendono ad aumentare. Certo, una vecchia freddura diceva che per essere ricordato con odio da più persone possibili bisognava togliersi la vita in Metro: causare ritardi per decine di migliaia di viaggiatori è una strategia molto simile. Di certo, se c’è davvero un movimento dietro i sabotaggi, non ne guadagnerà in popolarità per la propria battaglia politica.

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Stazione di Bologna, Alta Velocità (Foto da: Wikipedia)

STAZIONE DI BOLOGNA, UNA STORIA DIFFICILE
Anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano non ha voluto usare la parola terrorismo nella sua dichiarazione odierna, nella quale si è detto preoccupato di «nuove insorgenze e nuovi tentativi di organizzazione che anziché dalle fabbriche partano da attacchi alle grandi opere e da ambienti dell’antagonismo». D’altro canto non è la prima volta che la stazione di Bologna viene presa di mira. Scrive l’Ansa che nel luglio 2012 due ganci forgiati in modo artigianale, collegati ad un filo di nylon tipo lenza, furono piazzati sulle linee aeree. L’obiettivo era quello, probabilmente, di danneggiare la linea con l’arrivo dei treni e mettere così ko in entrambe le direzioni l’alta velocita’. Il sabotaggio era avvenuto tra le stazioni di Ponte Samoggia e Anzola Emilia, tra Modena e Bologna. Non troppo lontano dal sabotaggio di oggi. Un altro tentativo di sabotaggio sulla linea ferroviaria Bologna-Firenze, fatto anche allora con ganci sistemati sopra i cavi dell’elettricità, fu scoperto il giorno di Ferragosto del 2004 dalla Digos bolognese, all’uscita dalla galleria Pian di Setta di Grizzana Morandi. All’alba del 24 gennaio 2007, poi, la Polfer trovò un gancio collegato con una corda alla linea di alimentazione della tratta Milano-Bologna, dopo che il macchinista di un convoglio, transitando verso le tre nella zona di Lavino di Mezzo (Bologna), praticamente la stessa zona del sabotaggio di oggi. C’è un problema però.


MANCANO LE RIVENDICAZIONI
Molti dei tentativi di sabotaggio raccontati in questi mesi sono stati effettuati da chi si è firmato. Durante il blitz dei No Tav alla stazione di Vercelli del 16 dicembre scorso circa 20 manifestanti con delle torce si sono messi sui binari fermando il treno ed imbrattandolo. I manifestanti hanno apposto uno striscione tra 1 e 2 binario sorretto da una catena munita di lucchetto. Nessuna intenzione di nascondersi. Allo stesso modo, il 19 novembre alla stazione di Trento circa 15 No Tav si sono posizionati davanti al treno e hanno spruzzato vernice da bombolette spray. Scritte anche sul marciapiede di partenza del treno. Anche qui, un “attacco” a viso aperto. «No tav fino alla vittoria», hanno scritto poi su un treno Italo alla stazione Ostiense qualche giorno fa. Stessa cosa per il treno regionale bloccato a Chiomonte l’8 dicembre scorso. Persino in un attacco con modalità simili a quelli di questi giorni, ovvero quello del 19 maggio tra Posto di movimento Reno e Posto di Movimento Anzola dell’Alta Velocità Bologna-Milano, quando fu trovato un telo di juta avvolto ai cavi elettrici, un gruppo di fiammiferi ed un accelerante per la combustione, si trovò una scritta No-Tav sul cunicolo. Per gli attacchi di questi giorni finora mancano le rivendicazioni. E questo potrebbe aprire a più ipotesi di investigazione: non ultima, quella che a muoversi sia qualcuno non necessariamente collegato al movimento No Tav, anche se ne condivide obiettivi e filosofia. Da questo però consegue un corollario: le indagini potrebbero essere ancora più difficili.
Foto copertina da Wikipedia
 
 

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