Casson, Mineo, Ricchiuti: il processo ai tre dissidenti PD

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2014-10-10

Matteo Renzi li accusa: «Atteggiamenti inammissibili». Giachetti chiede l’addio al gruppo. In tanti per le sanzioni. In attesa della Camera, dove la scena potrebbe ripetersi

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A chiederne la cacciata (o meglio, come si fa in politica: la presa di coscienza, la presa d’atto eccetera) è il solitamente moderato Roberto Giachetti: «Chi è rimasto fuori dell’aula poteva far cadere il governo, andando contro una linea votata dalla direzione e dal gruppo parlamentare. In una comunità il rispetto delle regole è un discrimine: se le violi ti metti fuori, automaticamente. Serve una decisione formale che ne prenda atto», dice al Fatto Quotidiano l’onorevole che faceva lo sciopero della fame per la legge elettorale. E aggiunge: «Ma io non gli voglio mica vietare di restare in Senato, liberissimi di mantenere la propria carica. Semplicemente, a mio parere, non ci sono più le condizioni perché questi colleghi rimangano nel Pd. E poi ogni gruppo ha le sue regole su chi vota in dissenso». Ma quella di Giachetti contro Felice Casson, Corradino Mineo e Lucrezia Ricchiuti, i tre “dissidenti” che sono usciti dall’aula mentre si votava la delega al governo su Jobs Act e Articolo 18 non è l’unica requisitoria. Perché poi ci si è messo anche Matteo Renzi.

dissidenti pd
La Repubblica, pag. 2, 10 ottobre 2014

CASSON, MINEO, RICCHIUTI: I TRE DISSIDENTI PD
Il premier, spiega Goffredo De Marchis su Repubblica, vuole processare i tre dissidenti, affinché il messaggio arrivi a tutti i 400 parlamentari democratici. Ovvero, c’è spazio per il dissenso ma non per l’anarchia che frena l’azione dell’esecutivo:

Ma non si limita all’annuncio. Come un vero pm, esamina le fattispecie del dissenso a Palazzo Madama. Assolvendo alcuni e puntando il dito contro altri. L’impressione è che in qualche modo il Partito democratico stia indicando la porta agli oppositori, almeno a quelli che arrivano a mettere in pericolo la vita dell’esecutivo guidato dal premier-segretario. Nel Pd si allarga dunque un fronte che chiede sanzioni esemplari contro i dissidenti.Non è detto che si arrivi fino al limite massimo, alla pena dell’espulsione,ma sicuramente in queste ore si prepara il terreno per affrontare il problema. Affrontarlo di petto. Contro i dissidenti dell’altro ieri e quelli potenziali di domani.

La minaccia non sembra per ora toccare la corrente civatiana, indicata come quella da punire da parte dei renziani forse perché meno numerosa e potente dei bersaniani.

Pippo Civati, capofila della corrente cui appartengono i tre senatori,non arretra: «Alla Camera potremmo votare contro la fiducia sia io sia Cuperlo. Cioè i due avversari di Renzi alle primarie. E ci cacciano dal Pd? Sarebbe incredibile. Non siamo provocatori. Io per esempio ho sempre votato la fiducia a Renzi. Dico che il livello della discussione si sta facendo pericoloso.E i provocatori sono i renziani»

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L’infografica di Repubblica sui tre dissidenti PD

LE ACCUSE DEL SEGRETARIO
Monica Guerzoni sul Corriere invece racconta la posizione del presidente del Consiglio, ovviamente più moderata rispetto a Giachetti come insegna l’abc della politica per il metodo del poliziotto buono e di quello cattivo: uno dei suoi chiede la decapitazione così il capocorrente può fare la figura del magnanimo nel pretendere soltanto una censura, e intanto per la prossima volta gli altri sono avvertiti.

In segreteria Renzi ha avuto parole molto aspre e rivelato il suo fastidio per il comportamento «inammissibile» di Civati e compagni. Il leader rispetta la battaglia alla luce del sole di Tocci e dei bersaniani ma trova inaccettabile le scelte di altri. Il vice Lorenzo Guerini demanda la decisione al gruppo presieduto da Luigi Zanda e poi alla direzione,come a dire che il premier cerca un chiarimento, più che un processo. «Noi non cacciamo nessuno» assicura Guerini, ma ribadisce come non votare la fiducia al proprio leader«mette in discussione i vincoli di relazione con il partito». Irenziani hanno voglia di resa deiconti. E che abbia vinto il leaderlo ammette persino Mineo:«Renzi ha costretto i suoi oppositoria capitolare».

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