Il caso delle moschee chiuse nel V Municipio a Roma

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-09-28

Il V Muncipio della Capitale è quello con la più alta concentrazione di centri culturali islamici. Che però continuano a venire chiusi uno dopo l’altro perché abusivi o per altre irregolarità amministrative. I fedeli si trovano così senza un luogo dove pregare e il Presidente del Municipio prende tempo e chiama in campo la Giunta Raggi

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Nel 1974 il Comune di Roma donò il terreno su cui dal 1995 sorge la Grande Moschea di Roma; ci vollero dieci anni iniziare i lavori e altri undici per ultimarli ma alla fine le Comunità islamiche della Capitale avevano finalmente un luogo di culto. Nei vent’anni trascorsi dall’inaugurazione della moschea molte cose sono cambiate, a Roma e in Italia anche sotto l’aspetto della presenza di cittadini di fede musulmana nel nostro Paese (che ora costituisce il 4% del totale della popolazione secondo Ipsos-Mori). Nella Capitale sono sorti molti centri culturali dove i fedeli dell’Islam si trovano a pregare. Fino a qualche tempo nel V Municipio ce n’erano una decina ma molti di questi sono stati chiusi e il Municipio guidato ora dal MoVimento 5 Stelle non è ancora intervenuto per trovare una soluzione.
https://youtu.be/vGpRqh-XHQo

Il Presidente del Municipio V prende tempo e rimanda la soluzione del problema

Già a marzo del 2016, prima delle amministrative, il Coordinamento associazioni islamiche Lazio (CAIL) chiedeva che venisse messa a disposizione dei fedeli la ex-sala consiliare di piazza della Marranella per venire incontro alle esigenze dei centri islamici nel periodo di Ramadan. Una soluzione già sperimentata in passato in seguito alla chiusura di una moschea abusiva che era sorta in alcuni locali accatastati come box auto in via Alò Giovannoli. Il V Municipio è da qualche tempo la zona di Roma a maggiore densità di centri culturali islamici della Capitale; sparsi tra il Pigneto, Torpignattara e Centocelle ci sono dieci centri di cultura islamica che all’occasione si trasformano in luoghi di culto. Si tratta di piccoli locali, spesso ricavati all’interno di spazi non idonei quali garage e scantinati. Di recente proprio a causa di alcune irregolarità amministrative riscontrate dagli agenti della Municipale sono stati chiusi tre centri culturali, in seguito a questi episodi l’Associazione bengalese Dhuumcatu ha indetto una manifestazione per rivendicare il diritto al culto dei musulmani. L’evento autorizzato dalla Questura – durante il quale i fedeli hanno preso parte alla preghiera collettiva del Venerdì – si è svolto il 23 settembre in piazza dei Mirti a Centocelle e non ha mancato di attirare l’attenzione di siti di disinformazione come il famigerato Voxnews che in un articolo sulla manifestazione conclude che l’unica soluzione è rimandare gli immigrati a casa loro. Sulla questione delle moschee abusive e dei centri culturali non a norma gli esponenti di formazioni politiche come Noi con Salvini hanno buon gioco a sottolineare il pericolo derivante dalla sola esistenza di questi luoghi di culto non sanzionati ufficialmente. Ma il problema rimane, perché le migliaia di fedeli musulmani della Capitale devono avere la possibilità di praticare la loro fede, così come garantito dalla Costituzione. Il Presidente del V Municipio, il pentastellato Giovanni Boccuzzi si è incontrato nuovamente martedì 26 settembre con i rappresentanti della Comunità Islamica del Municipio V. Nel comunicato diffuso dal CAIL si legge che il Presidente si è impegnato a trovare una soluzione al problema, individuando una soluzione temporanea che però non è stata messa nei punti di discussione dell’ordine del giorno della seduta del Consiglio del Municipio che si è tenuta martedì. Se ci fosse davvero la volontà di risolvere le cose quantomeno ci si aspetterebbe che il Presidente coinvolgesse i rappresentanti dei cittadini. Continuare a prendere tempo costringerà i fedeli musulmani a pregare per strada e nelle piazze aumentando le occasioni di tensione sociale con i romani.

Si è tenuto ieri, 26 settembre, un incontro tra i Rappresentanti della Comunità Islamica del Municipio V di Roma ed il Presidente del Municipio, coadiuvato da altri componenti della Giunta.
L’incontro costituisce la manifesta volontà di tenere in piedi un canale di comunicazione diretta con la Comunità Islamica locale, la più numerosa della Capitale, che in questo momento è oggetto di procedimenti amministrativi che stanno portando alla chiusura dei Centri Islamici.
Abbiamo espressamente manifestato il disagio per la situazione in corso, che si somma all’irrisolto problema di trovare una soluzione definitiva per l’esercizio del Diritto al Culto dei Musulmani che vivono a Roma.
Il Presidente si è dichiarato disposto a lavorare per la risoluzione del problema, nei limiti delle sue competenze. Sarà individuata una soluzione logistica temporanea in zona, che consentirà almeno di soddisfare l’esigenza della Preghiera Congregazionale del Venerdi. Per quanto riguarda invece le soluzioni definitive, di competenza dell’Amministrazione Comunale, a cui avevamo già chiesto un incontro, il Presidente del Municipio V ha dichiarato di prodigarsi per l’apertura di un tavolo con la Giunta Capitolina, con l’obbiettivo di ottenere una convocazione entro la prima settimana di Ottobre.
Seppur nella precarietà pluridecennale del nostro esercizio del Diritto al Culto, e nella contingenza di provvedimenti che di fatto ci mettono “in strada”, non solo nel Municipio V, esprimiamo soddisfazione per l’incontro tenutosi ieri, e fiducia negli impegni assunti dal Presidente del Municipio.

Cosa vuole fare l’amministrazione Cinque Stelle per risolvere la situazione?

La palla passa però all’amministrazione capitolina dal momento che è di competenza della Giunta il potere di trovare una soluzione definitiva. Ma a quanto pare la Sindaco e gli assessori non hanno ancora risposto alla richiesta di incontro avanzata dal CAIL. È vero che si tratta di una situazione delicata che si trascina ormai da molti anni senza che nessuna amministrazione – per paura di perdere consensi – abbia mai deciso di risolvere. Del resto visto che la maggioranza dei fedeli musulmani del V Municipio non ha diritto di voto c’è la tendenza a considerarli cittadini di serie B, ma è davvero difficile dal momento che manca un concordato tra Comunità islamiche e Stato italiano che le richieste avanzate dall’associazione Dhuumcatu possano essere accolte in toto

Chiediamo quantomeno:
1. il riconoscimento di tutte le sale preghiera come luogo di culto
2. che venga disposto l’immediato dissequestro dei locali in questione
3. il riconoscimento della fine del Ramadan e del sacrificio del profeta Abramo come giorni festivi dei lavoratori
4. concessione di aree cimiteriali per i cittadini di fede islamica
5. il riconoscimento del matrimonio islamico (celebrato presso le sale preghiera)
6. in quanto servizio destinato alla collettività, il rimborso minimo del 50% da parte dell’amministrazione di: affitto delle sale preghiera, luce, acqua.
7. la possibilità per i minori, di effettuare la circoncisione maschile presso le ASL

Ci sono cose che non possono essere oggetto di una trattativa con l’Amministrazione comunale, perché dovrebbero essere oggetto di un vero e proprio concordato (ad esempio il riconoscimento del matrimonio islamico celebrato presso le sale di preghiera o il rimborso della metà dei costi di affitto e utenze). Concordato che non c’è ancora anche a causa della frammentazione e delle resistenze delle diverse comunità islamiche italiane nel venire a patti con lo Stato.

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