«Cambiano i contratti, ma il lavoro non cresce»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-05-12

Il Corriere della Sera: la novità della formula delle tutele crescenti non frena, per adesso, la perdita di occupati

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Il Corriere della Sera pubblica oggi un’analisi dei dati sull’occupazione a firma di Enrico Marro, che spiega cosa sta succedendo nel mercato del lavoro dopo le leggi approvate dal governo. Marro fa notare come a salire sia la quota di assunzioni a tempo indeterminato sul totale: la ragione dell’aumento sta negli sgravi contributivi (fino a 8.600 euro all’anno per tre anni per
ogni assunto) fissati dalla legge di Stabilità 2015.

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L’infografica del Corriere della Sera sui contratti a tempo indeterminato (12 maggio 2015)

Spiega Marro:

Che le aziende preferiscano, rispetto al passato, assumere sempre più a tempo indeterminato è un fatto senz’altro positivo ed è dovuto appunto alla decisione del governo di concedere un forte sconto su questo tipo di rapporti di lavoro. Sono però necessarie alcune precisazioni. Il contratto «a tutele crescenti» che, grazie al Jobs act, le imprese possono stipulare dallo scorso marzo è nominalmente un contratto «a tempo indeterminato», ma è accompagnato da norme che rendono più facili i licenziamenti rispetto ai vecchi contratti tutelati dall’articolo 18. E quindi, come ha osservato lo stesso ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, saranno i fatti a dirci se e quanto questo tipo di rapporti di lavoro saranno stabili e considerati tali dagli operatori economici, prime fra tutte le banche, per esempio nella concessione dei mutui.

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I contratti a tempo indeterminato (Corriere della Sera, 12 maggio 2015)

C’è poi da sottolineare che, comeha osservato il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, le comunicazioni obbligatorie non si riferiscono alle persone ma ai contratti attivati, cessati o trasformati (molti da tempo determinato a indeterminato) relativi al solo lavoro dipendente e parasubordinato del settore privato:

Poiché una stessa persona può avere più di un contratto durante il periodo di osservazione, il saldo tra attivazioni e cessazioni non può tradursi automaticamente in una variazione del numero degli occupati. Che sono invece rilevati per tutta la platea dei lavoratori (compresi pubblici e autonomi) dall’indagine Istat. La quale, nei primi tre mesi dell’anno, ha purtroppo segnalato un calo del numero degli occupati, dai 22 milioni 306 mila del dicembre 2014 ai 22 milioni 195 mila dello scorso marzo (- 111.000).

Infine, c’è la questione degli incentivi. Che sono stati stanziati per una cifra intorno agli 1,8 miliardi nella legge di stabilità, ma il conto totale potrebbe arrivare a quota 5 miliardi se Renzi volesse rendere strutturale il taglio del costo del lavoro per le imprese. Che però guadagnano (e di conseguenza investono, si espandono e assumono) sono se la produzione cresce. Diversamente si tratta solo di un effetto ottico. Che potrebbe non durare.
 

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