Banca Etruria: cronaca di un disastro annunciato tra prestiti facili e lotte massoniche

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-02-14

La storia della banca popolare tra due anime e un territorio in crisi, che l’ha trascinata in fondo al baratro. Insieme ai crediti facili e agli amici degli amici

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Banca Popolare dell’Etruria è stata posta in amministrazione straordinaria dal ministro dell’Economia per effetto delle «gravi perdite del patrimonio» emerse agli occhi dei funzionari della Banca d’Italia che da tempo stavano svolgendo accertamenti ispettivi. La notifica del commissariamento, firmata dal ministero dell’Economia, è arrivata nel bel mezzo della riunione del consiglio d’amministrazione della banca che avrebbe dovuto approvare i risultati del2 014. Sono stati sciolti gli organi amministrativi, mentre procede l’indagine per Insider Trading della Consob e della Procura di Roma allo scopo di riscontrare se le plusvalenze ottenute da azionisti durante il pericolo tra 2 e 18 gennaio, in gestazione del decreto sulle Popolari del governo Renzi, siano illecite.
 
BANCA ETRURIA: CRONACA DI UN DISASTRO TRA PRESTITI FACILI E LOTTE MASSONICHE
La banca è finita sotto osservazione perché il padre di Maria Elena Boschi, Pierluigi Boschi, ne è il vicepresidente. Ed è anche proprietario di un pacchetto di azioni di modesta entità. Sotto la lente dei magistrati, a parte l’insider trading di cui si sta occupando Roma, c’è però la malagestione denunciata sin dalla prima ispezione di Bankitalia nel 2013, che aveva procurato agli amministratori (compreso Pierluigi Boschi) sanzioni per oltre due milioni di euro. Nel registro degli indagati è attualmente iscritto l’allora presidente della banca Giuseppe Fornasari, insieme al direttore generale Luca Broschi e al dirigente David Canestri. Scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera:

I pubblici ministeri della capitale vogliono invece verificare se gli amministratori abbiano celato alla Banca d’Italia i reali requisiti patrimoniali e soprattutto il rapporto tra l’attivo – rappresentato al 50 per cento dai titoli di Stato – e il capitale sociale. In particolare si dovrà scoprire che cosa sia accaduto tra l’11 agosto scorso, quando il consiglio di amministrazione affida al presidente Lorenzo Rosi il compito di «definire modalità e adempimenti per condurre la Banca nei prossimi mesi alla trasformazione della stessa in società per azioni», e l’11 febbraio, quando Bankitalia ritiene che la governance in carica non possa più andare avanti e affida la gestione di Etruria a due commissari.
Nel corso di questi mesi le comunicazioni ufficiali dell’istituto di credito hanno sempre assicurato di aver concordato ogni mossa con Palazzo Koch, l’ipotesi dei pubblici ministeri romani è che invece possano esserci state operazioni occulte e per questo l’ipotesi di reato è l’ostacolo alla Vigilanza,oltre all’insider trading che riguarda Etruria ma anche tutte le Popolari trasformate dal decreto governativo.

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Le plusvalenze sulle banche popolari (Repubblica, 13 febbraio 2015)


LE DUE ANIME DELLA BANCA

Un disastro che poggia nel tempo le sue radici. Elio Faralli, che è stato, per trent’anni e fino al 2009,presidente della banca, è iscritto alla loggia massonica del Grande Oriente d’Italia. Pier Luigi Boschi è esponente dell’anima cattolica della banca cresciuta dopo la fusione con la Banca Popolare dell’Alto Lazio. Tante banche sono nate e prosperate dall’unione o dalla fusione delle due anime, quella cattolica e quella laico-massonica. Quando Faralli fa un passo indietro, nella Banca Popolare dell’Etruria è l’anima cattolica a prendere il comando. Insieme, cresce il prestito facile (i consiglieri possono ottenere fino a 20 milioni di fidi, secondo le regole dell’istituto) e della banca che era il trait d’union tra andreottiani e massoni pian piano resta poco. Quasi tre miliardi di credito deteriorato, pari al 30% del totale degli affidi, mezzo miliardo di perdite nel 2014, il commissariamento. Racconta Maurizio Bologni su Repubblica:

I cittadini di Arezzo, oggi, mettono all’indice “inspiegabili” operazioni creditizie fuori territorio di riferimento, da Bergamo a Benevento e Avellino, e altre temerarie compiute negli anni passati. «Un pomeriggio, nel 2010 — racconta Casalini — Banca Etruria concesse un finanziamento di 10 milioni di euro al Gruppo immobiliare I soldi di Forlì, che la mattina dopo finì in amministrazione controllata». Ma a minare la qualità del credito di Banca Etruria è stata, ovviamente e soprattutto, la crisi e economica.
Il crollo della produzione dell’oro, che è scesa progressivamente per 15 anni consecutivi da oltre 500 a poco più di 80 tonnellate l’anno, ha messo in ginocchio il distretto industriale aretino, che conta su più di mille aziende e ottomila occupati diretti. Un colpo durissimo per l’Etruria che primeggia in Italia per quantità del prestito d’uso della materiaprima all’industria orafa.
E poi tanto, centinaiadi milioni, Banca Etruria ha lasciato sul terreno delle grandi crisi di industrie, fallite, finite in concordato, smembrate. La lista è lunga e in molti casi chiama in causa imprese di soci e affidatari della Banca: dal gruppo di telecomunicazioni Eutelia della famiglia Landi al fornitore Telecom Ciet dell’ex presidente dell’Arezzo calcio Piero Mancini, dall’industria dell’oro Unoaerre che sta uscendo da concordato al brand delle cucine Del Tongo, dai prefabbricati Mabo della famiglia Falsini a catene di supermercati e costruttori edili.

In queste condizioni la banca ha fermato la fusione con la Banca Popolare di Vicenza, ha votato un piano di riassetto con riduzione del personale pari al 25% e deciso la trasformazione in società per azioni. Tutto inutile, per i saldi. E adesso sono arrivati i commissari. Quello che troveranno nei conti ci aiuterà a capire come fallisce una popolare in Italia.
 

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