Il ballo del burkini

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-08-17

Puntuale ogni estate si ricicla la polemica sul burkini. Adesso è Valls a sposare il divieto. Occupando così le prime pagine e il dibattito e tentando di far dimenticare il disastro dell’economia francese e le falle della sicurezza negli attentati terroristici. In Italia la Lega gli va dietro. Ma non sarebbe meglio impegnarsi a difendere davvero la società invece che misurare i centimetri di pelle scoperta?

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In Francia il premier Manuel Valls vuole vietare il burkini, spiegando che è “incompatibile con i valori francesi”. In Italia parte il coretto di quelli che vorrebbero rendere illegale l’Islam e la sceneggiata della Lega. Il burkini, ovvero quello che i giornali chiamano impropriamente la “versione estiva del burka” quando in realtà col burqa ha poco a che fare perché il volto è scoperto, non è certo una novità dell’estate 2016. Di fatto è una sorta di “costume da bagno” per donne musulmane. E a meno di non voler stabilire una volta per tutte l’equivalenza tra musulmani (anzi musulmane) e terroristi non si capisce come il burkini, ovvero un indumento, possa essere una minaccia alla sicurezza.

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Matteo Salvini con due donne che indossano un tipico burqa cattolico

Terrorismo balneare

Il punto è che invece che presidiare il boulevard di Nizza, o sotto schiaffo per non averlo fatto (con tanto di accuse al ministero dell’Interno), Valls sta usando la questione del burkini per solleticare l’ostilità dei francesi all’Islam e al tempo stesso fare finta di essere pronti a fronteggiare il terrorismo. La questione è puramente politica quindi, il premier francese sta solo cercando consensi. In fondo in cosa sono diversi i burkini dai completi indossati dalle atlete egiziane del beach volley? Se quelli vanno bene per lo spirito olimpico e i suoi ideali di pace e fratellanza l’equivalente balneare non dovrebbe fare eccezione. Soprattutto in Occidente, dove tra i valori fondanti c’è quello dell’autodeterminazione dell’individuo (anche quello di sesso femminile).


Certo, la questione è ulteriormente complicata perché succede anche che chi indossa il burkini (o il velo islamico) non lo fa per libera scelta ma per imposizione (naturalmente maschile). È un problema importante, sentito, che ha a che fare con la libertà di disporre del proprio corpo, ma dall’altra parte c’è anche la questione di dove dire alle donne (musulmane questa volta, domani chissà) quello che devono o non devono fare. Ma questo, di nuovo, non ha nulla a che fare con la sicurezza. Né tanto meno riguarda il terrorismo. Ad oggi gli attentati compiuti da cittadini di religione musulmana sono stati organizzati e portati a compimenti nella quasi totalità dei casi da uomini e non da donne. Uomini che non indossano il burkini in spiaggia. La questione, dicono alcuni, è che la presenza di donne così vestite potrebbe “esacerbare gli animi” e causare reazioni violente. Così si legge nell’ordinanza del 28 luglio dove è spiegato che “Una tenuta da spiaggia che ostenta un’appartenenza religiosa, in un momento in cui la Francia e i luoghi di culto sono al centro di attacchi terroristici, rischia di creare problemi di ordine pubblico che è necessario prevenire“. Valls ha anche spiegato che il burkini è una moda e addirittura la traduzione un progetto politico:

Le spiagge, così come ogni altro spazio pubblico, devono essere preservate dalle rivendicazioni religiose. Il burkini non è una nuova linea di costumi da bagno, una moda. È la traduzione di un progetto politico, di contro-società, fondato tra l’altro sull’asservimento della donna. Dietro il burkini c’è l’idea che per natura le donne sarebbero impudiche, impure, che dovrebbero dunque essere completamente coperte. Questo non è compatibile con i valori della Francia e della Repubblica. Di fronte alle provocazioni, la Repubblica deve difendersi.

La questione del burkini è talmente una “novità” che già nel 2009 c’era chi faceva servizi sotto copertura per vedere che effetto faceva indossarlo.

Ma come sempre è l’eterno ritorno dell’uguale
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Del resto la battaglia sul burkini è una dei classici della Lega Nord in versione estiva. E sulla questione è illuminante leggere il parere del Senatore Lucio Malan, uno che di diritti civili se ne intende (leggiamo insieme i suoi emendamenti alla Cirinnà):

È preoccupante che il ministro Alfano dica che non bisogna vietare il burkini perché questo sarebbe una provocazione che attira attentati. È molto pericoloso dire che le nostre leggi devono essere fatte in funzione del pericolo che i fanatici islamisti si offendano e dunque ci attacchino. Dobbiamo decidere se vietare o meno il burkini in base a cio’ che riteniamo giusto, e coerente con la nostra civilta’. Guai a far capire che basta la minaccia sottintesa di attentati per farci cambiare leggi e abitudini. Vorrebbe dire che i terroristi islamisti hanno vinto la loro guerra il cui obiettivo e’, ne’ piu’ ne’ meno, la sottomissione dell’Europa al loro folle regime teocratico

E fa bene quindi il Ministro dell’Interno Alfano a non farsi tirare per la giacca dai leghisti e dagli ultrà dell’anti-islamismo, ovvero le stesse persone che accomunano ISIS e Islam, terroristi e donne in spiaggia in vacanza.
 
 

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