Una bad bank con aiuti di Stato per l'Italia?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-01-26

Tra le ipotesi sul tavolo del ministro Padoan la creazione di un sistema di sgravi fiscali per rendere appetibili i crediti difficili

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Federico Fubini su Repubblica di oggi annuncia che il ministero del Tesoro sta pensando a una bad bank per aiutare il sistema del credito italiano. Una “banca” che usi in qualche modo del denaro pubblico per aiutare gli istituti a liberarsi dei crediti verso debitori in difficoltà. Quella del ministro dell’Economia, che pensa a un progetto del genere e lo dice, è senz’altro una dimostrazione di coraggio politico, commenta Fubini. Ma che dovrà fare i conti con l’opposizione politica:

Da “Occupy Wall Street” al Tea Party negli Stati Uniti, alla stessa Occupy a Londra, fino agli “Indignados” in Spagna, i movimenti di protesta di questi anni insegnano che il ricorso al denaro pubblico per rafforzare le banche è un atto politicamente tossico. Espone all’accusa di usare le risorse di chi non ha per favorire chi ha molto: i banchieri. Questo timore, sempre implicito, accompagna da anni la progressione dei crediti problematici nel nostro Paese. Secondo Banca d’Italia, il totale delle sofferenze del sistema bancario era di 45 miliardi di euro nel 2006, di 48 a metà del 2007, di 54 nel settembre 2009, 108 alla fine del 2011 e 181 miliardi alla fine del 2014. I crediti deteriorati,inclusi quelli a imprese o famigliein difficoltà ma ancoranon insolventi, superano i 330miliardi.

bad bank italia
I crediti deteriorati delle banche (Repubblica, 26 gennaio 2015)

Ogni cento euro prestatidalle banche italiane ai propriclienti privati, ben 18 rischianodi non essere restituitise non in ritardo e in parte:

E l’arrivo dei bilanci 2014 delle banche fra due settimane non farà che accentuare questa tendenza: la nuova vigilanza della Bce sta pressando i manager del credito ad accelerare la “pulizia” dei conti. È possibile che i regolatori dell’Eurotower stiano forzando la mano, spinti dalla sfiducia verso l’Italia che respirano a Francoforte. È sicuro però che una montagna simile di credito inodore di insolvenza è incompatibile con la ripresa in cui ora il Paese può finalmente sperare. Finché le sofferenze varranno da sole più di tutti i titoli italiani che la Bce si prepara a comprare, la prima preoccupazione delle banche non sarà dare nuovo credito a chi investe per creare posti di lavoro. Sarà difendersi di fronte alle richieste dei regolatori di rafforzare sempre di più il patrimonio. È per questo che aumenti di capitale da 15 miliardi di euro compiuti dagli istituti nell’ultimo anno sono coincisi con una continua erosione del credito: 60 miliardi in meno nell’ultimo biennio. Poiché due terzi dei prestiti alle imprese in Italia vengono ancora dalle banche, non ci sarà vera ripresa fino a quando i vasi sanguigni dell’economia resteranno ostruiti come sono oggi.

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