Articolo 18, come funziona e dove si applica

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-06-10

Il riepilogo delle regole applicabili ai licenziamenti individuali per tre categorie diverse: i dipendenti pubblici, i lavoratori privati assunti prima dell’entrata in vigore del Jobs Act e i lavoratori privati assunti dopo l’entrata in vigore del Jobs Act

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Dopo la sentenza della Cassazione che ha sancito l’applicabilità dell’articolo 18 ai lavoratori statali nella sua forma precedente rispetto alla modifica effettuata dalla Legge Fornero, il Sole 24 Ore pubblica oggi a corredo di un articolo di Gianni Trovati questa infografica che riepiloga le regole applicabili ai licenziamenti individuali per tre categorie diverse: i dipendenti pubblici, i lavoratori privati assunti prima dell’entrata in vigore del Jobs Act e i lavoratori privati assunti dopo l’entrata in vigore del Jobs Act. Queste sono le differenziazioni applicabili a partire dal licenziamento “economico”: mentre per i dipendenti pubblici c’è la reintegrazione sul sposto di lavoro e il risarcimento pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento illegittimo, per i lavoratori privati assunti prima dell’entrata in vigore del Jobs Act c’è il risarcimento del danno tra 12 e 24 mensilità senza reintegra, mentre in caso di manifesta insussistenza del licenziamento c’è la reintegra più un risarcimento al massimo di 12 mensilità; per i lavoratori privati assunti con le nuove norme c’è invece il risarcimento del danno in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità aziendale da un minimo di 4 a un massimo di 24, senza reintegra.

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L’infografica del Sole 24 Ore sull’Articolo 18: dove si applica e come funziona

La sezione lavoro di piazza Cavour dopo “una approfondita e condivisa riflessione” ha quindi preso la sua decisione, per altro in opposizione a una precedente pronuncia, anche abbastanza recente (fine novembre 2015). “Plurime ragioni” hanno portato a correggere il tiro e quindi ad “escludere” un articolo 18 depotenziato. Tra le motivazioni viene riportata anche la posizione della Corte Costituzionale: mentre nel privato “il potere di licenziamento del datore di lavoro è limitato allo scopo di tutelare il dipendente, nel settore pubblico” lo spazio d’azione “è circondato da garanzie”, poste “non solo e non tanto nell’interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e soprattutto a protezione dei più generali interessi collettivi”. A proposito, la ministra Madia ha più volte sottolineato come nella P.A. chi espelle ne risponde con i soldi di tutti. La Uil fa poi notare come nel pubblico si entri “per concorso”, mentre per la leader della Cgil, Susanna Camusso, tutto torna: “niente di speciale, se non il fatto che le istituzioni continuano a funzionare”. Non ci stanno invece gli avvocati giuslavoristi per cui il doppio binario, pubblico e privato, crea “disuguaglianza”. Invita alla cautela l’esperto Pietro Ichino: la sentenza riguarda la legge Fornero ma non il Jobs act. Per scacciare ogni dubbio, secondo la Confsal Unsa, è però “necessario un intervento” legislativo. La Corte avanza anche un’ipotesi, parlando della possibilità di collegarsi al rinvio di legge inserito dalla Fornero, che demanda a un atto successivo l’armonizzazione tra i due canali. Per i magistrati si potrebbe semplicemente limitare il rinvio e quindi “escludere l’automatica estensione di modifiche”. Il fronte P.A. è in fermento anche per altre novità, oltre ai licenziamenti per i ‘furbetti’ c’è il salario accessorio, di produttività: le regole potrebbero essere riscritte in due tappe. Subito un provvedimento che impedisce di rifarsi sui dipendenti per sbagli commessi dai singoli enti e poi una normativa quadro. Intanto è arrivato il decreto che sblocca i rinnovi per oltre un milione di dipendenti pubblici (tra autonomie e sanità). Anche per loro uno stanziamento equivalente a 300milioni di euro.

Leggi sull’argomento: Jobs Act e Articolo 18: l’inutile riforma di Renzi

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