Tutte le bufale dell'estrema destra su Amedeo Mancini e l'omicidio di Fermo

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-07-11

#IostoconAmedeo tira fuori il peggio dell’Italia: il razzista che non è fascista, la legittima difesa che rende accettabile l’omicidio perché tanto è morto uno straniero e la ka$ta che si dimentica delle vittime di Dacca. Il meglio della xenofobia made in Italy

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La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti: #IostoconAmedeo. L’hashtag è stato lanciato da tutti coloro che credono nell’innocenza di Amedeo Mancini, l’uomo che ha già confessato di aver sferrato il pugno che ha ucciso Emmanuel Chidi Nnamdi. Gli “innocentisti” non si accorgono che il loro beniamino ha già ammesso il fatto ma questo è un dettaglio di poco conto, visto che la vittima è un “negro” e soprattutto un immigrato.
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Amedeo Mancini non era fascista!1

Ma in realtà #IostoconAmedeo serve più a rimarcare una vicinanza “spirituale” e soprattutto politica con l’assassino il quale oggi “riconosce di avere una responsabilità morale ma non giuridica” nella morte di Emmanuel. E così su Twitter e su Facebook i razzisti italiani (quelli che secondo alcuni non esistono nemmeno) finalmente possono postare qualcosa di diverso dai soliti #NOBIS e vengono allo scoperto. Lo fanno prima dicendo che Amedeo Mancini ha fatto bene, che si è “solo difeso” e che alla fine “è meglio un presunto razzista vivo che un italiano morto“. Si nota qui una certa ritrosia, un pudore, forse vergogna, a definire Mancini per quello che è: un razzista vero (non presunto) che frequentava il bell’ambientino dei fascisti del terzo millennio di Casa Pound. Eh sì, perché in molti hanno creduto alla bufala che Mancini fosse comunista, in realtà il fermano è stato immortalato con addosso una maglietta degli ZetaZeroAlfa, il gruppo del fondatore di Casa Pound Gianluca Iannone.
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La storia nasce da una dichiarazione del sindaco di Fermo Paolo Calcinaro a Linkiesta che è stata utilizzata in modo strumentale per sostenere che Amedeo Mancini fosse “di sinistra”. Intervenendo alla trasmissione radiofonica di Radio Cusano Campus il Sindaco di Fermo a proposito di Amedeo Mancini ha detto: “E’ un criminale, idiota e razzista per quello che ha fatto – ha affermato Calcinaro -. Lo conosco anche perché è un mio coetaneo. 7-8 anni fa era infatuato di tutt’altri valori politici, poi invece lo si vedeva in giro con magliette con simboli di estrema destra. E’ sempre stato incline alla violenza fisica e alla prevaricazione sull’altro. Il classico bullo di quartiere”. Lo stesso Mancini ha dichiarato a proposito degli insulti rivolti alla coppia di nigeriani «Sì, li ho insultati perché erano di colore ma pensavano stessero rubando una macchina. Sono fascista? Non sono politicizzato, sono un po’ di destra, un po’ di sinistra, ma i fascisti hanno fatto delle cose buone come le bonifiche. Non volevo ammazzarlo, ma è lui, con l’amico e la moglie che è venuto contro di me. Io ho solo reagito». E del resto il fratello di Amedeo, Simone Mancini, ha spiegato che l’uomo si divertiva a lanciare le noccioline “quando vedeva un negro”.

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Incredibilmente a difendere quello che lanciava noccioline ai negri c’è gente che definisce i nigeriani “baluba”

 

Però nonostante tutto questo Amedeo Mancini non è fascista.
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La legittima difesa di Amedeo Mancini

C’è poi la questione della legittima difesa, un tema assai caro a molti schieramenti politici che hanno fatto della xenofobia di velluto il loro marchio di fabbrica. La legittima difesa è una scriminante invocata dall’avvocato di Mancini che punta a convincere i giudici che il suo assistito abbia solamente tentato di difendersi dall’aggressione della vittima. Nella realtà delle cose però Mancini è colui che ha provocato – con i suoi insulti razzisti – la prima reazione di Emmanuel che gli ha scagliato contro un cartello stradale mobile facendolo finire a terra. A quel punto Emmanuel, concordano le diverse testimonianze raccolte, si è allontanato:

C’è poi anche un secondo particolare: secondo un altro testimone, e anche in parte secondo quanto ha raccontato Mancini, la prima a reagire sarebbe stata Chinyery che, ascoltato l’insulto, avrebbe raggiunto Mancini colpendolo con una scarpa. L’uomo avrebbe reagito strattonandola. E poi è arrivato Emmanuel.
«Il corpo mortale — scrive però la Procura — è stato inferto soltanto quando quest’ultimo si stava allontanando dal luogo della colluttazione manifestando con tale gesto di aver posto alla lite e abbassando la guardia», tanto che avrebbe lasciato anche il segnale stradale con il quale aveva colpito Mancini. «In quel momento però — scrive ancora la Procura — Emmanuel veniva raggiunto e aggredito», per poi morire.

Quindi, sostiene la Procura, quando Mancini ha colpito Emmanuel era già venuta meno la necessità di difendersi da alcunché. A proposito di quello che “dice l’autopsia” ci sono brutte notizie: perché il rapporto del medico legale deve essere ancora depositato e acquisito agli atti. Quindi non è ancora pubblico.
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Il governo che “dimentica” le vittime di Dacca ma ricorda “un negro”

C’è poi la storia dei membri della “ka$ta” che si recano al funerale di Emmanuel. Sciacalli in cerca di visibilità, dice la vulgata xenofoba, che però si “dimenticano” di quando sono gli italiani a morire. Tra questi c’è anche il Giornale che “denuncia” la presenza del Governo a Fermo e il fatto che l’esecutivo abbia “dimenticato” le vittime di Dacca (le stesse che sbeffeggiava perché “buoniste”), In realtà il Governo non ha dimenticato le vittime di Dacca, visto che sulla pista d’atterraggio c’erano il Capo dello Stato Sergio Mattarella e il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.
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Quanto ai funerali invece le famiglie hanno manifestato il desiderio che si svolgessero in forma privata. Il Corriere spiega:

Il presidente per essere presente ha deciso di interrompere anticipatamente il suo viaggio in America latina. Il capo dello Stato, in attesa delle salme, aveva parlato con i parenti delle vittime in una saletta riservata del 31/mo Stormo, nella zona militare dell’aeroporto di Ciampino. Sullo stesso aereo – insieme ai feretri di Adele Puglisi, Marco Tondat, Claudia Maria D’Antona, Nadia Benedetti, Vincenzo D’allestro, Maria Rivoli, Cristian Rossi, Claudio Cappelli e Simona Monti- è rientrato in Italia l’unico italiano sopravvissuto, Gianni Boschetti, che nell’attacco jihadista ha perso la moglie, Claudia Maria D’Antona. A bordo anche il vice ministro degli Esteri, Mario Giro. «Ho preso con il Presidente Mattarella l’impegno a nome del governo ad assicurare che i benefici previsti dalla legge per le vittime del terrorismo si applichino ai nostri caduti all’estero. È un impegno doveroso di fronte a episodi come quello della strage di Dacca», ha detto Gentiloni dopo l’ultimo saluto alle vittime. Il viaggio dei nove italiani uccisi dalla follia jihadista si concluderà nel paese di origine di ciascuno di loro, con i funerali in forma privata.


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