Altre quattro ragazze denunciano Valentino T.

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-12-04

Una di loro ha già ricevuto i risultati. Per ora ha solo contattato gli investigatori, si è presa qualche giorno per rendere un verbale più compiuto in cui racconta i dettagli. «Ho fatto il test», ha raccontato, «E purtroppo sono risultata positiva. Chiedeva intimità non protette, perché così preferiva, ed io non sospettavo minimamente il suo segreto»

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La storia di Valentino T., l’uomo sieropositivo accusato di aver volontariamente infettato delle ragazze con rapporti sessuali non protetti, si arricchisce di altre quattro denunce. Altre quattro ragazze, dopo gli appelli di questi giorni, hanno dichiarato di essersi ammalate dopo aver avuto rapporti non protetti con lui. Le donne si sono presentate in tribunale per parlare con i pm. Una l’ha conosciuto la scorsa estate: «Mi fidavo di lui». La rete quindi si allarga proprio quando il suo avvocato ha deciso di ricorrere al tribunale per il riesame dopo la negazione della libertà provvisoria da parte del Giudice per le Indagini Preliminari.

Altre quattro ragazze denunciano Valentino T.

Giuseppe Minutoli, avvocato di Valentino T., era infatti intervenuto ieri a Chi l’ha visto? per spiegare la linea di difesa del suo assistito nel procedimento: «Può aver commesso leggerezze ma non è un mostro». Le donne che sono andate a parlare con il Pubblico Ministero hanno però rivelato altri particolari sull’accaduto, raccontati oggi dal Messaggero:

Una di loro ha già ricevuto i risultati. Per ora ha solo contattato gli investigatori, si è presa qualche giorno per rendere un verbale più compiuto in cui racconta i dettagli. «Ho fatto il test», ha raccontato, «E purtroppo sono risultata positiva. Chiedeva intimità non protette, perché così preferiva, ed io non sospettavo minimamente il suo segreto». La relazione con Valentino, tra l’altro, è recentissima: è avvenuta nel corso dell’estate, sempre con le solite modalità. Una chat, poi gli incontri, le promesse d’amore eterno. A tutte, ripeteva la stessa frase: «Sei l’unico amore della mia vita».
In realtà Valentino aveva una relazione stabile con una ragazza che gli è rimasta accanto in tutti questi anni, con la quale aveva rapporti protetti (e infatti è negativa al test). L’unica che lo difende e non crede alle accuse messe nero su bianco dal nucleo di Pg della Polizia di stato a piazzale Clodio. Le altre tre invece si sottoporranno al test nei prossimi giorni. Anche loro hanno spiegato le modalità dei rapporti con il giovane impiegato. «Era giovane e curato. Nessun vizio», ha raccontato un’ altra giovane, «Tranne quello di una sessualità molto passionale che non pensavo potesse nascondere l’incubo dell’Hiv». «A me lo aveva escluso», ha specificato su domanda una delle giovani, «Ci eravamo conosciuti in chat e quindi non sapevo nulla di lui».


Chi l’ha visto: l’ avvocato di Valentino T. di next-quotidiano

Le accuse a Valentino T.

Stando all’ipotesi accusatoria, l’indagato, originario di Caltanissetta, nel periodo compreso tra il 2006 e il 2014 avrebbe intrattenuto rapporti di natura sessuale senza l’uso del profilattico con diverse partner contattate e conosciute dapprima in chat, pur consapevole di essere affetto dal virus dell’Hiv e senza informare le dirette interessate di essere sieropositivo. Avrebbe agito con l’aggravante dei futili motivi, e cioè provare più piacere nel rapporto sessuale. Tra le vittime del contagio figura anche una ragazzina che nel 2007 era 14enne e che aveva conosciuto l’indagato perché era stato compagno di scuola della sorella maggiore. L’uomo è in carcere dal 24 novembre scorso, e il suo difensore aveva chiesto al giudice di scarcerarlo o di infliggergli comunque la detenzione a domicilio. Spiegava ieri Adelaide Pierucci sul Messaggero:

Tra le sei vittime già rintracciate, oltre alla minorenne, ci sono anche due giovani che avevano avuto il primo rapporto con quell’uomo: anche una ventenne che ha scoperto la malattia in stato di gravidanza. Poi un’infermiera che, interrogata su altri possibili fonti accidentali di contagio, «ha escluso che nello svolgimento della sua professione»», si legge sull’ordinanza di arresto, «sia incorsa in situazioni che possano averla fatta solo sospettare di aver contratto il virus, così da doversi sottoporre alle procedure precauzionali previste per il personale sanitario in certi casi». L’uomo, che non disdegnava le chat erotiche e incontri di gruppo, secondo i magistrati, «era come preda di una foga bulimica di appagamento sessuale» e nonostante fosse consapevole della sieropositività dal 2005, continuava ad intrecciare relazioni stabili e occasionali tacendo.
Non solo, Vale (come si faceva chiamare in chat) non si preoccupava «nemmeno di seguire le cure antiretroviral specificamente destinate a depotenziare la carica infettiva del virus e dunque ad assicurare una maggiore protezione agli eventuali partner». E’ per questo che il gip ha scelto la misura del carcere.«Una compulsività tale nella ricerca di relazioni fisiche – è stata la conclusione – non potrebbe essere minimamente arginata e tantomeno neutralizzata dall’imposizione degli arresti domiciliari».

Anche Ilaria Sacchettoni sul Corriere della Sera ha riportato alcune frasi di Valentino T. e del suo avvocato per spiegare ciò che è successo:

«Ho vissuto con la maggior parte di queste donne, eravamo innamorati, facevamo colazione in cucina al mattino: perché avrei dovuto fargli del male?» chiede con gli occhi sgranati, spaventato dal carcere ma senza capire, convinto che alla roulette russa si possa anche scampare. Perché rischiare però? Di fronte a questa domanda è sempre rimasto in silenzio. Nel suo caso la patologia, sostiene l’avvocato, era in fase regressiva «al punto da rendere il contagio improbabile». È la sua linea difensiva. Il legale produrrà una consulenza sul cosiddetto «effetto bandierina», cioè un periodo in cui il virus è più debole e la sua capacità di contagio si riduce. «Ecco perché il mio cliente ha ritenuto di poter gestire la malattia e gli effetti sulle partner». Ma il vero asso nella manica di Valentino è la sua attuale compagna. Trent’anni anche lei, uno stipendio, amici dello stesso giro delle vittime. Innamorata, leale ma soprattutto negativa al test. «E’ la dimostrazione — sostiene il difensore – che il mio cliente non è un mostro. Certo, è un ragazzo che non ha avuto un’educazione sentimentale o affettiva, ma altro non c’è»

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