Alexis Tsipras e la tragedia greca dell'euro

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-01-06

Le tensioni sui mercati per un obiettivo che il leader greco nega. Ma l’abbandono della moneta unica per ora è un’opzione esclusa da Syriza. Ma la sua vittoria potrebbe aprire davvero una breccia a Bruxelles

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Borse giù, euro ai minimi da nove anni, petrolio sulla quota dei 50 dollari a barile. Se non è una tragedia poco ci manca, quella che va in scena sui mercati con un protagonista che non compare mai, ma è indicato come il responsabile di tutto. Eppure Alexis Tsipras non solo non ha ancora vinto, ma anche nei giorni scorsi ha continuato a rilasciare dichiarazioni rassicuranti sulle sue intenzioni a proposito della moneta unica, Berlino ha smentito il piano per lasciar uscire la Grecia dall’euro e abbandonarla al proprio destino e l’Unione Europea ha continuato a ripetere la curiosa posizione dell’euro irreversibile che già aveva usato come argomento polemico con Marine Le Pen, rischiando così di solleticare lo sciovinismo nazionale di Atene dopo quello di Parigi.
 
ALEXIS TSIPRAS E LA TRAGEDIA GRECA DEI MERCATI
Ma se è una tragedia sceneggiata, gli attori si stanno impegnando tantissimo per renderla credibile. Anche lo spread ha risentito delle tensioni sui mercati dovute alle speculazioni sulle elezioni greche del 25 gennaio. Il differenziale tra Btp e Bund si è impennato sul finale di seduta con il peggioramento del clima sututte le Borse mondiali, e ha finito la giornata a 133 punti base(125 la chiusura di venerdì scorso)con un rendimento dei decennali italiani che è salito bruscamente all’1,85%(1,76% la chiusura al minimo storico fatta segnare venerdì). Le vendite sui titoli di Stato dei Paesi periferici dell’Eurozona non hanno risparmiato neanche la Spagna: i tassi sui Bonos sono saliti di 12 punti base(0,12%) all’1,63%, per uno spread rispetto al Bund pari a 112 punti. Più in generale, la caduta dell’euro è invece un segnale positivo per le economie del Vecchio Continente. In un anno l’euro ha perso sul dollaro il 12,5% del proprio valore. In altre parole, le esportazioni di prodotti europei negli Stati Uniti — costi in euro e prezzi in dollari — hanno guadagnato il 12,5% in competitività, fermandosi al semplice effetto sui listini. Ma non tutti i grandi costi sostenuti dalle aziende europee sono in euro. Uno fra tutti, il petrolio, quotato in dollari non solo negli Stati Uniti(indice West Texas Intermediate)ma anche sui mercati internazionali (Brent). Il risultato?Il rafforzamento del dollaro può tradursi per le imprese europee in uno sconto ridotto sul greggio, che ha sì perso il 50% in un anno, ma prima della conversione in euro. Il calo della moneta unica può avere un forte impatto su un importante incontro di politica monetaria: il 22 gennaio si riuniscono i vertici della Banca centrale europea, in una riunione da cui potrebbe uscire il via libera finale all’acquisto di titoli di Stato. Nel confronto tra «falchi»(contrari) e «colombe»(favorevoli) la discesa dell’euro degli ultimi mesi gioca a favore dei primi. La tesi: perché acquistare bond pubblici quando ci pensa già il cambio a combattere la crisi? Intanto i riflettori sono su Atene e sulla possibilità che la vittoria di Tsipras si estenda al resto del Continente.

alexis tsipras euro
Confronto tra Syriza e Podemos (Corriere della Sera, 6 gennaio 2015)

Il Corriere racconta in un articolo a firma di Andrea Nicastro i punti in comune tra Tsipras e Iglesias:

Pablo Iglesias è un professore di scienze politiche. Un teorico che sa affascinare con il gusto rétro della coda di cavallo e l’analisi di un malessere a cui mancava persino il coraggio di esprimersi. Podemos nasce dalmovimento degli Indignati, ma ha nel nome un richiamo, democraticamenteineccepibile,al «Yes, we can» del primo BarackObama.Alexis Tsipras ha la soliditàdella sua laurea in ingegneria ela forza magnetica di chi ha saputovincere tutte o quasi leelezioni a cui si è presentato sindalla prima, per il Comune diAtene, nel 2006. Guida quello che era un mosaico di relitti della storia (trotskisti, leninisti, eurocomunisti, maoisti),ma con lo sforzo di elaborare soluzioni originali alla crisi economica dal vocabolario delpartito certe parole sono scomparse. In fondo, il programma interno di Syriza ha un ardore socialdemocratico anni 70 genericamente keynesiano.

E dal suo racconto si evince che l’eventuale vittoria, secondo i due rappresentanti, non rappresenterebbe la fine di un cammino, ma semmai il suo inizio:

Iglesias e Tsipras sono due anticasta ancora coerenti e senza cravatta, uno viaggia in metrò, l’altro in Vespa. Sono figli della gratuità della Rete, ne sanno sfruttare le potenzialità, Pablo ha impostato una cibercrazia di partito riuscendo a costruire una struttura dal nulla in pochi mesi. Alexis che era già una stella della sinistra continentale quando Pablo era solo un assistente universitario, ha tentato di uscire via Internet dai confini greci per le elezioni europee di maggio. Lo sbarco in Italia non ha dato grandi risultati,ma è il metodo che conta. Pochi giorni fa, Pablo Iglesiasha scritto: «Alexis sa come noi che vincere le elezioni non è prendere il potere e che i margini di manovra nell’attuale,ineludibile quadro europeo sono piccoli». Vecchi rivoluzionari o nuovi riformisti?

L’USCITA DAL RETRO DELL’EURO
E infatti, argomenta Federico Fubini su Repubblica, nessuno, al momento, sta seriamente pensando ad una uscita della Grecia dall’euro:

Lo stesso Tsipras ha detto e ripetuto di non voler abbandonare la moneta unica, ma solo rinegoziare le dure condizioni imposte dalla troika per poter accedere ai finanziamenti europei. E qui sta il nocciolo del problema: fino a che punto l’Europa può fare concessioni al nuovo governo greco senza compromettere la credibilità della sua politica di bilancio che è alla base della coesione della moneta unica? Ufficialmente, la flessibilità europea è prossima allo zero. La Germania, la Francia, la stessa Commissione hanno ricordato che la Grecia dovrà comunque rispettare gli impegni assunti dai governi precedenti. E del resto,se la troika dovesse chiudere il rubinetto dei finanziamenti, il Paese sarebbe rapidamente condannato alla bancarotta. Ufficiosamente, tra le capitali, la Commissione e la Bce è in corso un affannoso consulto per capire quali siano i margini di flessibilità che si possono concedere senza mettere in discussione la tenuta della moneta unica. Ieri Hollande ha annunciato un prossimo vertice franco-tedesco con Angela Merkel «per parlare dell’avvenire dell’Europa».E si può star certi che la questione Grecia sarà sul tavolo della discussione.

La partita che si gioca tra Atene e Bruxelles, ad oggi soltanto teorica, potrebbe quindi portare nella pratica a poco, se non nulla. Domani, in caso di vittoria alle elezioni, invece le cose potrebbero cambiare sia per Tsipras che per Juncker e Draghi. Ma domani è molto più lontano di quanto si pensi.

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